a cura di Massimo Confortini
E’ stato uno dei protagonisti della vittoria del campionato Regionale dei Giovanissimi Elite della Nuova Tor Tre Teste, tassello essenziale nella storica tripletta del club di via Candiani. Un ragazzo capace di non nascondersi dietro a finta modestia, ma ben conscio che bisogna saper rimanere con i piedi per terra per non cadere in errore e per non perdere tutto il lavoro fatto in questi anni. Matteo Paglici ci racconta la sua esperienza in rossoblù, con focus particolare sull’ultima, esaltante, stagione:
Allora Matteo, quando inizia la tua avventura alla Nuova Tor Tre Teste?
Sono alla Nuova Tor Tre Teste da quando avevo 11 anni, quindi sto per iniziare la mia sesta stagione in via Candiani. Sono cresciuto e maturato in questa società, che ormai per me è una famiglia.
Chi altro fa parte del “gruppo storico”?
La trafila l’ho fatta insieme a Sganga, che ha sempre giocato alla Tor Tre Teste esclusa la scorsa stagione, passata al Bettini, ma soprattutto insieme a capitan Pochi, un fratello più che un compagno di squadra. Insieme a lui ho tantissimi ricordi…
Ci arriveremo… Ma prima ti chiedo di parlarmi dei tuoi allenatori nei cinque anni di Tor Tre Teste…
Ho avuto la fortuna di essere allenato da tre allenatori, uno più bravo dell’altro. I primi tre anni da Prece, poi da Alfonsi, lo scorso anno da D’Andrea, mentre il prossimo anno sarò allenato di nuovo da Alfonsi. Prece in tre anni mi ha dato tanto, mi ha fatto crescere dal punto di vista tecnico e della mentalità. Con Alfonsi sono maturato ulteriormente, capendo a fondo la cultura dell’allenamento. Mentre con D’Andrea nell’ultima annata ho vissuto la mia miglior stagione. Ma voglio migliorare ancora tanto…
La Tor Tre Teste quest’anno ha scritto una delle pagine più importanti del calcio giovanile laziale e nazionale. Tu, anche se sei così giovane, ti sei reso conto della portata dell’impresa?
Sicuramente quest’anno la nostra società è entrata nella storia. Non credo sia possibile ripetere la nostra stagione, e vincere in un solo colpo i campionati Giovanissimi, Allievi e Juniores. Abbiamo due Presidenti (Antonio e Alessio Di Bisceglia ndr) straordinari, un direttore sportivo (Paolo Cioeta ndr) eccezionale, che ci è sempre stato vicino e che anche nel momento dell’amarezza, quando abbiamo perso all’esordio nella Final Six di Chianciano, è riuscito a tirarci su di morale. Personalmente non posso non ringraziare anche i due preparatori dei portieri Luca Salatino e Gabriele Iachetti: con noi fanno un lavoro importantissimo, e soprattutto a livello motivazionale sono i numeri uno. Insieme ad Andrea (Reali ndr) abbiamo lavorato bene e siamo cresciuti tanto quest’anno.
Se dovessi descriverti da portiere, come lo faresti?
Penso di essere un portiere con un buon fisico, anche se devo perdere alcuni chili di troppo. Come caratteristiche mi reputo piuttosto esplosivo, e spero di cavarmela bene anche con i piedi e nelle uscite. Ma il mio fiore all’occhiello è proprio il gioco con i piedi. Il segreto però è tenere sempre i piedi per terra e non avere manie di protagonismo. So dove devo migliorare e so che posso farlo solo attraverso il sudore e la fatica.
Avete disputato una stagione esaltante. Ma se ti chiedessi il momento più difficile per te?
Te lo dico senza pensarci su: la partita con il Savio. All’andata, nella prima sconfitta stagionale, non ero titolare: il sabato, infatti, avevo giocato con i ’97. Al ritorno, però, ero in campo e ho commesso due errori che sono costati la sconfitta. Posso dire che in quella gara per la prima volta ho sentito parecchia pressione. Ma dagli errori bisogna imparare: mi sono messo sotto e mi sono ripreso bene nelle partite successive.
Poi, dopo una grande annata, è arrivato il momento della finalissima con l’Ostiamare…
Guarda, ho la pelle d’oca ogni volta che ci ripenso. L’ostacolo grosso lo abbiamo superato in semifinale, quando contro il Savio, che era la nostra bestia nera, abbiamo dominato vincendo per 2-0 e surclassandoli dal punto di vista del gioco, della mentalità e delle occasioni. Poi abbiamo preparato la finale quasi a livello delle professioniste. Arrivammo la mattina a Ciampino concentratissimi, con la grande ansia per l’imminente partita con l’Ostiamare. Poi la vittoria, l’abbraccio con il mister D’Andrea alla fine e le belle parate che ho fatto.
Qual è stata la più difficile?
Forse a livello tecnico quella sul tiro improvviso da dentro l’area di Paternoster: sono riuscito ad allungarmi sulla mia destra con un grande riflesso. Ma penso che in assoluto il momento più emozionante è stato all’ultimo minuto: calcio d’angolo per loro, ventuno giocatori nella mia area di rigore. Ho pensato: “Ora vado a prendermi questa palla e la partita è finita”. E così ho fatto, sono uscito con coraggio e ho catturato quel pallone, l’ultimo dell’incontro. Non è semplice trovare il tempo per uscire in mezzo a così tanto “traffico”, ma il grande lavoro che i nostri preparatori ci fanno fare sui dettagli ha fatto la differenza anche in quella circostanza. In una squadra come la Nuova Tor Tre Teste non sempre tocchi tanti palloni nell’arco di una gara, e allora sono proprio i particolari a permetterti di crescere come portiere.
Qual è il giocatore che più temi, quello che t’ha messo più in difficoltà?
Dopo la sconfitta interna col Savio ti dico senza dubbi Gianluca Rita, che mi ha segnato due gol da fermo. Possiede un tiro strepitoso, sia su azione che su calcio piazzato. L’ho conosciuto bene anche con la Rappresentativa. E’ un grandissimo giocatore.
Abbiamo parlato dell’esaltante finale con l’Ostiamare, ora arriviamo alle note dolenti. O meglio, all’unica nota dolente: Final Six di Chianciano, gara contro il Lucento Torino…
Quella penso che sia la sconfitta più devastante mai vissuta. Non avevo mai visto una gara in cui una squadra crea almento 15 palle gol senza riuscire in nessun modo a segnare. La beffa arrivò con un tiro da quaranta metri che purtroppo proprio il mio grande amico Emanuele Pochi deviò fortuitamente in porta. A fine gara era disperato, ma poi ha reagito alla grande. Lui è un fuoriclasse, io lo chiamo Robin Van Pochi (ride ndr)!
Hai qualche scaramanzia particolare?
Sono scaramantico ma non in modo eccessivo. Un aneddoto divertente riguarda la finale regionale: diciamo che un mio pallino è quello dello stile (ride ndr). Mi piace avere il calzettone ben sopra al ginocchio. E quindi prima della gara sono andato a chiedere un calzettone più lungo. Ha portato bene. Ho giocato con quegli stessi calzettoni anche le finali di Chianciano anche se li ha portato meno fortuna.
Il portiere a cui ti ispiri?
Io sono tifoso juventino, ma se dico Gianluigi Buffon non è per questioni di tifo. Penso che lui sia il miglior portiere mai esistito: a livello di personalità, di tecnica, di continuità rappresenta il numero uno dei numeri uno.
Chiudiamo l’intervista, ringraziandoti, e chiedendoti quali sono le tue ambizioni per il futuro…
Sicuramente mi reputo un ragazzo ambizioso. Tempo fa ho sostenuto un provino con l’As Roma, senza però ricevere nessuna risposta. Io proverò a migliorare giorno dopo giorno, e magari tra qualche tempo riuscirò ad arrivare a giocarmi le mie carte con una squadra professionistica ,per costruirmi un futuro importante.
Ed è quello che ti auguriamo anche noi di Sportinoro. Piedi sempre per terra e grande lavoro sul campo. In bocca al lupo Matteo!