Nel pomeriggio di ieri il Certosa ha staccato il pass per gli Ottavi di Finale di Coppa Italia, superando tra le mura amiche un buon Vicovaro grazie ai calci di rigore dopo l’1-1 dei novanta minuti regolamentari.
Per la squadra di mister Marco Russo il passaggio del turno rappresenta un’ulteriore soddisfazione all’interno di un avvio di stagione molto positivo e nel quale poco ha spostato il rocambolesco passo falso di domenica scorsa al Riciniello.
Gabriele Marini, che nella sfida con gli uomini di Lillo è stato protagonista di una prestazione maestosa con ben tre penalties respinti, è da anni uno degli estremi difensori più affidabili del nostro calcio regionale.
Classe 1990, nato e cresciuto nel popoloso quartiere romano dell’Alessandrino, Gabriele è alla seconda stagione in neroverde.
In precedenza aveva vestito le maglie di Palestrina, Viterbese, Città di Ciampino, Montecelio e Villalba Ocres Moca.
Mattia, suo fratello maggiore, fa il difensore centrale ed è un altro splendido protagonista del nostro calcio.
Quest’anno milita nel Girone D di Promozione con la maglia del Valmontone.
Il calcio, insomma, è una questione di famiglia in casa-Marini ed il portierone del Certosa ci scherza su.
“Lui il professionista lo ha fatto, quindi è senza dubbio più forte di me – ammette, con gli occhi che gli si illuminano, il numero uno del Certosa – Tra l’altro, se faccio il portiere, la colpa è sua.
Già prima che io nascessi, ha messo in croce nostra madre per avere un fratellino che avesse il compito di parare i suoi tiri.
Dai racconti dei miei genitori, dovevo ancora cominciare a camminare e lui già mi sistemava tra due zampe del tavolo in salotto e poi cercava di far gol…”.
I guanti li ha indossati qualche anno dopo, sempre su input di Mattia.
“Lui giocava nell’Alessandrino e, senza neppure farmi parlare, nel presentarmi a mister Benito Manzi quando cominciai a praticare sport a cinque anni disse che io ero un portiere – ricorda Marini – Rimpianti?
Forse da ragazzo.
Una volta si era parlato di un interessamento della Juventus, poi mi prese il Siena, ma lì durai solo un giorno, poi supplicai papà di venire a riprendermi perché non volevo più stare lì.
Lui non fece un fiato e mi riportò immediatamente a casa.
Forse se avesse provato a convincermi a tenere duro, chissà…
Ormai è acqua passata”.
Sono peraltro lontani i tempi in cui quel ragazzino che sfoggiava con orgoglio la tuta di Peter Schmeichel.
“Lui era il mio modello insieme ad Oliver Kahn”, rivendica con un pizzico di nostalgia.
Nel corso degli anni, Marini si è fatto apprezzare da tutti per le sue doti tecniche e caratteriali, conquistando allori ed imparando a scrollarsi di dosso gli inevitabili momenti-no che caratterizzano la vita di qualsiasi atleta.
“Quello del portiere è un ruolo complesso – sintetizza l’estremo difensore neroverde – Devi metterti il cuore in pace e capire che sei destinato a restare da solo, sei quasi un corpo a parte rispetto alla squadra.
Ecco perché io penso che l’aspetto mentale sia determinante.
Per prendere possesso dei pali devi avere personalità, forza d’animo e spiccata autostima.
Se non hai coscienza dei tuoi mezzi, è finita.
Spesso lo ricordo anche ai ragazzi che alleno a Ponte di Nona: “Se incassate gol al primo minuto di gioco, non dovete scoraggiarvi, ma reagire immediatamente”.
Se un portiere subisce la partita, per lui è finita”.
Il calcio, si sa, va di corsa e spesso c’è la tendenza a non dare tempo ai ragazzi.
“Lo considero un errore grossolano – scuote la testa Marini – I portieri devono maturare, ecco perché raggiungono il top intorno ai ventisette, ventotto anni.
Io stesso mi sento molto più forte ora rispetto a qualche anno fa.
Nel mio ruolo le doti si sviluppano lentamente”.
Doti che si acquisiscono attraverso parate prodigiose, come quella volta al Pio XII sul colpo di testa da brevissima distanza di Luca Ferri in un’Albalonga-Palestrina di una dozzina d’anni fa, ma anche attraverso quegli errori in cui, prima o poi è fatalmente incorso chiunque abbia scelto di vestire i panni dell’ultimo baluardo.
“Lo ricordo come fosse accaduto ieri – sottolinea, come se scorresse nella mente la galleria delle foto della sua vita – Giocavo a Priverno ed era il mio primo anno da under.
Uscii dall’area di rigore e mi venne in mente di liberarmi con un colpo di tacco di Danilo Angelucci, che giocava nell’Albalonga.
Lui ovviamente mi rubò la palla e segnò a porta vuota.
Quella fu la prima e, spero, ultima volta che subii sei reti in una partita”.
Da poche settimane è cominciata la sua seconda stagione in via di Centocelle.
“Fin qui il bilancio è positivo – riflette Marini – I dieci punti conquistati rispecchiano in maniera corretta il nostro cammino e le nostre potenzialità.
Magari non saremo al livello di avversari come Sora, Colleferro e Città di Anagni, però secondo me dopo queste squadre ci siamo noi.
Il girone è difficile, non a caso le partite sono tutte equilibrate.
L’ambiente è splendido, forse a cercare il pelo nell’uovo si può dire che è fin troppo sereno.
Abituato a contesti come Viterbo e Palestrina, dove le pressioni te le facevano avvertire anche in allenamento, dal mio punto di vista qui c’è il rischio che si ecceda nel senso opposto.
In certi casi, sentire le pressioni può essere anche stimolante”.
L’ottimo sesto posto nell’anno di esordio in Eccellenza ha rappresentato il punto di partenza per un club che sta apertamente manifestando la sua voglia di crescere.
“Nello spogliatoio non parliamo di obiettivi – puntualizza l’estremo difensore – Ci siamo imposti di non guardare la classifica, ma di rimanere concentrati su noi stessi, ragionando partita dopo partita.
Se faremo così, sono convinto che sapremo toglierci delle belle soddisfazioni anche quest’anno”.
La sofferta qualificazione agli Ottavi di Finale di Coppa Italia costituisce un altro step.
“Lo sappiamo bene, la coppa è una manifestazione strana – dice Marini – Nei primi turni fai fatica a gestire l’impegno infrasettimanale, poi sapere che vincerla non comporta un immediato salto di categoria non aiuta sotto il profilo mentale e questo può portarti inconsciamente a metterla da parte.
Ieri abbiamo disputato un primo tempo sottotono ed onestamente dopo l’espulsione non credevo che saremmo riusciti a riprendere il match.
Invece siamo stati bravi, abbiamo avuto una reazione che onestamente non mi aspettavo ed alla fine siamo riusciti a spuntarla ai rigori”.
Dove il numero uno del Certosa ha confermato la sua attitudine nel neutralizzare le soluzioni degli avversari.
“Peccato non esserci riuscito in Rappresentativa – prosegue con malcelato rimpianto Marini – Lì non ne ho parato neppure uno ed è un peccato, perché con gli altri ragazzi si era formato un gruppo stupendo e sarebbe stato splendido accedere al turno successivo della Uefa Regions Cup.
È stata comunque un’esperienza fantastica e per me, che solo cinque anni fa volevo smettere, è stato davvero un onore vestire quei colori e trascorrere delle giornate insieme ai miei compagni di squadra e con mister Giuliano Giannichedda che, nonostante la sua prestigiosissima carriera, si è dimostrato un uomo di un’umiltà rara.
Tenevamo molto alla qualificazione, non essere riusciti a conquistarla continua a costituire un grande dispiacere”.
Domenica in via di Centocelle arriva una squadra molto insidiosa.
Finora la Pro Calcio Tor Sapienza non ha mai perso in campionato.
“Il club tiene tantissimo a questo match e noi sappiamo che ci attende una partita tosta – chiosa Marini – Loro verranno qui da imbattuti.
Ora dobbiamo ricaricare in fretta le pile dopo l’impegno di coppa ed affrontare la gara con la testa giusta, senza sbagliare l’approccio.
Per noi è una partita molto importante.
Se vogliamo rimanere agganciati al treno delle prime, non dobbiamo sbagliare”.