La lettera di Giordano Moroncelli: “Ho capito che questo sistema non è più il mio posto”

La lettera di Giordano Moroncelli: “Ho capito che questo sistema non è più il mio posto”

Tramite il suo profilo social il DS Giordano Moroncelli, da settimane lontano dal Roma City, ha voluto fare una riflessione che riportiamo facendo intendere che questo calcio non gli regala più emozioni:

Stagione 2007-2008.

Tutto è iniziato così, quasi per gioco. Una squadra di amici, un campo di periferia, la voglia semplice e pura di divertirsi. Nella divisione dei compiti mi ritrovai a fare il dirigente, quasi senza accorgermene. Non sapevo ancora che quell’amore per quei colori mi avrebbe cambiato la vita.

Mai avrei immaginato che stesse per cominciare un viaggio incredibile, durato 18 anni: circa 450 partite vissute sulla pelle, nel cuore, nelle ossa.

Ho attraversato società diverse — Futbolclub, di nuovo Atletico Vescovio, Città di Ciampino, Frascati, Romana, Cynthialbalonga e infine il Roma City — portando sempre con me lo stesso entusiasmo e la stessa fame. Ho vissuto emozioni in ogni categoria dilettantistica, affrontando trasferte in città e stadi che profumano di storia, di calcio vero, di vita.

Dieci anni fa ho seguito il mio primo corso da dirigente, che mi ha dato la qualifica di collaboratore della gestione sportiva. Poi, nel 2024, è arrivata Coverciano, ed è lì che sono diventato direttore sportivo.

Se guardo indietro, se torno a quel punto di partenza, non riesco a credere a quanto lontano mi abbia portato una semplice passione. L’amore per una squadra mi ha reso un dirigente sportivo.

È una frase che ancora oggi mi emoziona.

Ho condiviso tutto questo con tanti dirigenti, allenatori, calciatori. Grazie al calcio ho costruito legami che il tempo non potrà mai scalfire. Ho sentito sulla pelle l’adrenalina prima del fischio d’inizio, la gioia immensa di vincere un campionato, ma anche la delusione dura, amara, di vedere la tua squadra retrocedere.

Ogni passo, ogni ferita, ogni sorriso: tutto è diventato un bagaglio prezioso da portare con orgoglio, sempre a testa alta.

Oggi, però, ho deciso di far fermare la giostra. E di scendere.

Da un po’ di tempo ho riposto nel cassetto quei sogni che avevano accompagnato il mio cammino. Qualcuno mi definiva un visionario; forse lo sono stato davvero. Ora mi rendo conto di essere diventato troppo realista, e dentro di me ho capito che questo sistema non è più il mio posto.

Porto con me i ricordi più belli, le emozioni più pure, i traguardi raggiunti con sudore e con orgoglio. Ma soprattutto porto dentro il cuore le persone: quelle che il calcio mi ha regalato e che oggi fanno parte della mia vita.

E non smetterò mai di ringraziare questo sport per avermi fatto incontrare due persone straordinarie, Fabio e Pino. Se ne sono andati troppo presto, è vero, ma resteranno per sempre parte di me. Indelebili. Eterni.