Cinquemilasettecentonovantatre abitanti.
Se scrivi Arce sui motori di ricerca, questo è il dato riferito alla piccola ma graziosa comunità ciociara.
Ciò che non trovi scritta da nessuna parte, ma devi viverla necessariamente sulla pelle, è la passione vibrante con cui una cospicua fetta dei suddetti cinquemilasettecentonovantatre segue le vicende della squadra locale.
Fondata ottantatre anni fa, l’Unione Sportiva Arce rappresenta allo stesso tempo un patrimonio custodito gelosamente ed una memoria d’amore tramandata di generazione in generazione.
Un po’ come è accaduto ad Alessandro Marrocco, che è nato a Roma ma è pur sempre arcese purosangue per via dei natali di papà Eleuterio, che da questa terra generosa ha ereditato non solo i valori ma anche il nome del santo protettore di Arce.
Alessandro, in realtà, legato alla società lo era sempre stato, ad un certo punto però, con la società alle prese con qualche problema di troppo, gli hanno chiesto di fare qualcosina in più.
E lui non si è sottratto.
La nostra intervista con il giovane presidente gialloblu nasce proprio da quel primo gennaio 2011, giorno del suo insediamento.
Presidente, da dove trae origine la sua passione per l’Arce?
“Beh, quella per il calcio c’è sempre stata.
E’ nata fin dai tempi in cui tiravo i primi calci ad un pallone, con scarso profitto, nell’Alessandrino sotto lo sguardo vigile del presidente Franco Coscarelli e di mister Benito Manzi, due persone eccezionali.
L’amore per l’Arce, invece, me lo ha tramandato papà.
Lui in questo paese c’è nato e poi si è trasferito a Roma per lavoro.
Io sono nato a Roma, ma mi sento più ciociaro che romano.
Comunque tifo per il Frosinone e per la Roma (sorride)…”.
Trentasette anni, di cui gli ultimi cinque spesi da presidente.
“Lo sono dal primo gennaio del 2011.
Una bella sfida, la società era in difficoltà e mi venne chiesto un aiuto.
Di lì a diventare presidente il passo fu breve”.
Che ricordi ha di quel campionato?
“A gennaio eravamo ultimi e sembravamo spacciati.
Abbiamo lavorato duro ed alla fine ci siamo salvati ai play-out contro il Pontinia.
E’ stato emozionante”.
A proposito di emozioni, se le dico “Campionato di Eccellenza”, lei cosa risponde?
“Un’emozione fantastica, indescrivibile, non avevo mai provato nulla di simile.
Ripenso a quella gara con il Sermoneta valida per il primo turno dei play-off ed ho ancora i brividi, anche se poi contro Atletico Vescovio e Boreale abbiamo perso.
La garanzia di disputare per la prima volta nella nostra storia questo campionato l’abbiamo ricevuta il 18 luglio scorso grazie alla rinuncia del Terracina.
E’ stata una conquista importante per noi”.
Dopo nove giornate di campionato possiamo già tracciare un primo bilancio?
“Siamo partiti male, anche se qualche attenuante l’abbiamo.
Alla prima con il Città di Ciampino avevamo fuori sette giocatori, alla seconda a Monte San Giovanni Campano a questi si sono aggiunti anche Corsetti, Lembo e Veloccia.
Nonostante questo, ce la siamo giocata ed abbiamo perso di misura ed anche con un pizzico di sfortuna.
Mi sono però reso conto che tra la Promozione e l’Eccellenza c’è un abisso: in questa categoria regnano la qualità e l’organizzazione”.
Tasto delicato: la separazione con Mirco Carlini.
“Dopo quattro partite il mister si è reso conto che le cose non andavano e, da gran signore qual è, ha deciso di fare un passo indietro, rassegnando le dimissioni.
Un gesto di grande dignità ed assai raro in un mondo come quello del calcio, ricordando pure che, per motivi che non sta a me giudicare, gli allenatori sono l’unica categoria tutelata sotto il profilo contrattuale”.
Com’è nata la decisione di affidare la squadra ad un tecnico esordiente in questa categoria come Mizzoni?
“Ad Arce andiamo avanti con questo gruppo da quattro anni.
Mi fido dei ragazzi e con loro abbiamo fatto un’analisi della situazione.
Alcuni di loro conoscevano Alessio Mizzoni e mi hanno parlato bene di lui.
Il fatto che abbia lavorato molto con i giovani anche nella Pro Calcio l’ho giudicato un elemento importante.
A darmi la spinta decisiva è stato però il colloquio che abbiamo avuto”.
“Quando devo valutare una persona, molto dipende dal colloquio.
Con il mister ho scoperto di parlare la stessa lingua e, visto che io sono molto istintivo e mi baso sulle sensazioni, ho deciso di affidare a lui la squadra con la collaborazione del nostro Eddie Fasani.
Chiaramente con questa decisione ho chiesto alla squadra di responsabilizzarsi ulteriormente”.
Insistendo sulle sensazioni, quali sono quelle di Alessandro Marrocco circa questo campionato?
“In questo torneo non puoi lasciare nulla al caso, altrimenti rischi davvero di farti male.
Qui la qualità si distingue molto dalla quantità”.
L’Arce è seguita da un pubblico nutrito e caloroso.
Che rapporto ha con i tifosi?
“Il nostro è un rapporto sincero.
I ragazzi sono fantastici e seguono la squadra sia nel bene che nel male.
Chiramente, quando le cose non vanno per il verso giusto, qualche critica può arrivare.
Però fa parte del gioco ed è giusto così”.
Altra nota dolente: il Lino De Santis.
“In passato sono stato Agente FIFA e dunque di campi ne ho visti molti.
A tal riguardo, ho una mia idea, magari un po’ nostalgica avendo giocato buona parte delle mie partite sul campo dell’Alessandrino che è in pozzolana: io sono dell’opinione che un terreno di gioco come il nostro può penalizzare, ma non deve costituire un alibi.
Mi spiego meglio, se a recriminare è gente che si chiama Flavio Marzullo, Gennaro Vitale o Francesco Prati io posso anche starci.
Se però a farlo è gente che magari ha due piedi sinistri, mi viene da sorridere.
Al di là di questo, abbiamo in animo di migliorare il nostro terreno di gioco ed esiste un progetto che non graverebbe di un centesimo sulle casse del Comune.
Ci stiamo lavorando e ci auguriamo di realizzarlo”.
Oltre a voi, ci sono anche altre realtà della provincia di Frosinone nel Girone B di Eccellenza.
Che rapporti avete con loro?
“Arce, Monte San Giovanni Campano e Roccasecca sono centri piccoli, ma dove le rivalità sono sentite.
Appena sono diventato presidente ho provato ad allacciare rapporti con gli altri club, ma al di là degli aspetti superficiali le questioni di campanile sono troppo radicate”.
Posso chiederle un pronostico su chi vincerà il campionato?
“Il Città di Ciampino ci ha battuto, ma era solo la prima giornata ed essendo in rodaggio non mi ha colpito più di tanto, cosa che non ha fatto neppure il Gaeta.
La Vis Artena non l’ho ancora vista all’opera e dunque non posso esprimere un giudizio.
Lo faccio invece sul Cedial Lido dei Pini che mi ha impressionato.
In quella squadra si vede benissimo la mano dell’allenatore, a cui faccio davvero i complimenti”.
Che cosa sarebbe disposto a sacrificare, pur di festeggiare la salvezza a maggio?
“Sarò estremamente onesto, rispondendo che non rinuncerei a nulla.
Dico questo perchè ho provato sulla mia pelle negli ultimi quattro anni cosa voglia dire sacrificare tempo e risorse al proprio lavoro ed ai propri affetti per questa grande passione.
Sacrifici che però hanno portato questa società a diventare un piccolo orologio svizzero.
La società sta già facendo il massimo e non lesinerà alcuno sforzo per salvare questa categoria.
Se ci riusciremo, sarà il giusto premio per quello che tutti insieme abbiamo fatto.
Se invece le cose non dovessero andar bene, non faremo drammi e ripartiremo con identica passione”.