Quattro reti per mettere il punto esclamativo sull’epilogo del 2015.
Quattro reti che hanno contribuito pesantemente ad ottenere quei sei punti che adesso rendono la salvezza un obiettivo plausibile e non più quel miraggio dai contorni impalpabili che sembrava in quel faticoso inizio di stagione in cui le gambe sembravano girare a vuoto e la testa vagava chissà dove.
Matteo Federici si sistema il codino, sorride e ci ripensa.
Gli anni dei mille ed altri mille chilometri lontano da casa sono ormai finite.
Da tre stagioni il suo girovagare per la penisola ha trovato nell’amata Monterotondo l’approdo desiderato.
Leader, Capitano e miglior realizzatore gialloblu, oltre che voce autorevolissima all’interno di uno spogliatoio dove non mancano le personalità spiccate.
“Top Player di Eccellenza” dell’ultima settimana, Federici si offre ai lettori di sportinoro.com e lo fa con la riconosciuta onestà intellettuale.
Matteo, innanzitutto i complimenti.
I nostri lettori ti hanno tributato quasi il 60% delle preferenze la scorsa settimana.
“Sono venuto a sapere del sondaggio un paio di giorni dopo che era iniziato attraverso telefonate di amici.
Che dire, sono davvero contento”.
Il 2015 si è chiuso bene, ma l’attuale stagione era partita malissimo.
Che spiegazione ti sei data circa il vostro avvio di campionato?
“Venivamo da un’ultima fase della passata stagione molto positiva e nessuno di noi si aspettava un inizio così problematico.
Quelle prima settimane non sono state facili, poi però abbiamo rotto il ghiaccio e centrato tre vittorie consecutive che ci hanno restituito morale e convinzione.
La mia opinione è che questa sia una squadra che ha delle qualità tecniche importanti, ma che per esibirle deve essere sempre al top della concentrazione”.
Da cosa dipensono questi cali di concentrazione?
“Neanche noi sappiamo spiegarceli.
A volte, sembra che la squadra voli sulle ali dell’entusiasmo quando le cose vanno per il verso giusto e poi tenda a deprimersi quando vanno male.
In questi tre anni abbiamo fatto delle prestazioni incredibili.
Quando lavoriamo bene durante la settimana e non abbiamo infortuni, riusciamo sempre a fare delle grandi partite.
Altre volte, invece, non riusciamo ad esprimerci come potremmo…”.
In tre anni avete cambiato un numero spropositato di allenatori.
Quanto vi infastidisce esser definiti uno spogliatoio di mangia-allenatori?
“Mah, io credo che tutto dipenda dai risultati.
Nel calcio è più semplice cambiare un tecnico piuttosto che ventidue giocatori e quindi a pagare in queste stagioni sono stati sempre gli allenatori.
Ciò che posso dire è che io grazie al calcio di esperienze ne ho fatte parecchie e che qui a Monterotondo ho trovato uno spogliatoio con qualità umane incredibili”.
Avete chiuso il 2015 con i successi su Almas e Fonte Nuova.
Pensi sia finalmente scoccata la scintilla dentro di voi?
“Lo spero.
L’arrivo in questi mesi di gente come Mancini, Muzzachi e Ferazzoli ha portato molto a questo gruppo.
Adesso sta a noi credere nei nostri mezzi.
La parola chiave per il 2016 deve essere questa: fiducia”.
Hai segnato praticamente la metà delle reti complessive della squadra.
In che misura ti senti leader di questo Monterotondo?
“Il lavoro dell’intera squadra è indispensabile per qualsiasi attaccante.
Se segno è perchè la squadra gira.
Senza l’aiuto dei miei compagni di squadra, non combinerei molto”.
Siete una squadra senza mezze misure.
Si potrebbe pure dire che chi tifa Monterotondo non pareggia mai.
“E’ vero, o vinciamo o perdiamo ma a me piace vedere l’aspetto positivo in ogni situazione e dunque proverò a trovarlo anche in questo caso.
Potrebbe dipendere dal fatto che ogni domenica cerchiamo di fare risultato pieno e dunque, fatalmente, ci esponiamo al pericolo di incassare qualche sconfitta…”.
Breve divagazione: il sei gennaio si gioca la finale di Coppa Italia.
Per te chi vince?
“Vista la presenza di David Masciantonio, che è un mio carissimo amico, dico Cassino.
Spero che David provi la soddisfazione di sollevare questo trofeo.
Ovviamente, massimo rispetto per il Colleferro.
E’ un pronostico basato sull’amicizia il mio (ride)…”.
Per il secondo anno consecutivo entrambe le finaliste appartengono al Girone B.
Significa che l’altro raggruppamento è più competitivo?
“Non la vedo così.
A mio avviso, sotto il profilo qualitativo il Girone A è superiore, mentre sotto quello caratteriale si lascia preferire il B.
Mettiamola così: nel nostro torneo prevale la voglia di imporre il gioco, mentre nell’altro devi starci con la testa”.
Qual è il tuo auspicio per il 2016?
“Alla maglia del Monterotondo sono profondamente legato.
L’augurio che personalmente mi rivolgo è di contribuire alla crescita di questa squadra”.