La nostra terra ci scorre nelle vene e ci parla.
Fa parte del nostro stesso corredo genetico e noi di certo non possiamo far nulla per opporci.
Stefano Cardazzi è nato venticinque anni fa in una terra che ha dato i natali a gente di braccia e di pensiero.
Gente che ha sempre considerato nella maniera corretta l’importanza del sacrificio per raggiungere un obiettivo, ma anche uomini che hanno portato l’ingegno ed il pensiero a vette altissime.
Arpino, terra d’arte e di lavoro: lui non poteva che avvertire nelle vene il flusso di elementi, solo apparentemente disarmonici tra loro.
Stefano è ancora giovane calcisticamente, ma ha la giusta maturità per interfacciarsi con il proprio passato e guardare con ottimismo al suo futuro.
Il presente si chiama Arce e lo ha accolto con trasporto fin da subito, venendo ricambiato con altrettanta soddisfazione.
Questo e molto altro ancora nella chiacchierata con il nostro Top Player di Eccellenza della scorsa settimana.
Cominciamo dalle origini: sei nato ad Arpino come una delle maggiori celebrità del mondo antico, Marco Tullio Cicerone.
Lui da giovane studiò l’epicureismo, poi divenne stoico con la maturità.
Applicando il concetto al calcio, tu nello sport sei uno di quelli che apprezzano di più l’elemento estetico o ammiri piuttosto l’impegno che serve per raggiungere un traguardo?
“Senza dubbio, mi rivedo di più nella seconda corrente di pensiero.
Io ritengo che il calcio sia un gioco molto più semplice di quanto spesso non ci vogliano raccontare, ma senza il dovuto sacrificio non si può davvero perseguire nessun obiettivo”.
Torna con la memoria a quando eri piccolo.
Perchè hai scelto proprio il calcio?
“Perchè questo sport mi ha fatto innamorare fin da subito.
Vedevo in televisione la gioia che provavano grandi campioni quando segnavano un gol e restavo a bocca aperta davanti allo schermo.
Quella è stata la molla.
Da piccolo il mio idolo era Alessandro Del Piero, un campione in campo e fuori”.
Se ti chiedo dove ti trovavi il 22 maggio del 2011, cosa rispondi?
“Lo spareggio tra Sora e Lupa Frascati allo Stadio Flaminio.
Fu una grandissima emozione giocare su un campo che in precedenza era stato calcato da grandissimi calciatori.
E’ il ricordo di una giornata bellissima che porterò sempre con me, così non potrò mai cancellare i volti di quei tremila tifosi che vennero a Roma quel giorno e che noi riuscimmo a far esultare, riportando il club in Serie D dopo gli anni bui ed il fallimento.
Fu una partita molto sofferta, ma ne scaturì una gioia enorme”.
Cosa ha significato per te indossare la maglia del Sora?
“A Sora ho trascorso quattro anni stupendi, intensi.
Insieme ai miei compagni sono stato tra gli artefici della rinascita della squadra.
Lì ho capito per la prima volta cosa voglia dire essere seguito e sostenuto da centinaia di persone.
Sora è stata una seconda casa per me”.
Cassino: una bella avventura che però si è conclusa con un pizzico di amarezza.
Perchè questo epilogo?
“Innanzitutto, voglio premettere che lasciare Cassino non è stata una mia decisione, ma del club.
A tre giorni dalla chiusura del mercato, mi è stato comunicato che non facevo più parte del progetto.
Purtroppo nel calcio le strade possono dividersi, si sa.
Restano comunque il ricordo della conquista della Coppa Italia al Francioni ed anche qui l’emozione di aver contribuito a render felice tanta gente.
Sono stato e resto orgoglioso di aver indossato la maglia del Cassino”.
Chi o che cosa ti ha spinto a scegliere Arce?
“Quando ho lasciato Cassino, ho ricevuto più di una proposta, ma il progetto dell’Arce è stato quello che mi è piaciuto di più.
A convincermi sono stati il presidente Marrocco, che reputo la persona più competente di calcio che abbia mai incontrato, e mister Mizzoni, un allenatore molto serio e preparato”.
Il connubio tra te e la tua nuova società si sta rivelando particolarmente fortunato.
“Da quando sono arrivato, abbiamo incamerato una vittoria ed un pareggio proprio contro il Cassino.
In più ho avuto la fortuna di trovare la via del gol all’esordio.
Di certo, non posso lamentarmi (ride)…
Scherzi a parte, nelle prime due partite la squadra è stata molto sfortunata, altrimenti avrebbe avuto qualche punto in più adesso”.
Dove collochi l’Arce da qui alla fine del torneo?
“Noi non ci poniamo limiti, proveremo ad arrivare più in alto possibile.
Siamo consapevoli di far parte di un gruppo sano, anzi di un grande gruppo”.
Chi vince il Girone B di Eccellenza?
“E’ difficile dirlo.
Anche lo scorso anno in molti davano noi del Cassino come favorita d’obbligo, ma poi tutti sapete come andò a finire.
Penso che sarà un campionato teso, equilibrato e che a giocarselo saranno in tre: Vis Artena, UniPomezia e Cassino”.
Qual è il sogno nel cassetto di Stefano Cardazzi?
“Sogno e spero di poter approdare un giorno tra i professionisti.
Sono convinto che attraverso il sacrificio si possa ambire a qualunque meta e la mia rimane quella”.
La prossima settimana tu ed altri tre tuoi colleghi concorrerete all’elezione di Top Player del mese di settembre sul nostro sito.
Suggerisci ai nostri lettori un valido motivo per cui dovrebbero dare a te la loro preferenza.
“Mi ritengo un ragazzo umile e che prova a dare sempre il 100% di se stesso.
In ogni esperienza calcistica sono sempre riuscito a calarmi pienamente nella realtà che vivevo e ad integrarmi nello spogliatoio.
La mia caratteristica principale rimane però la serietà: quella in campo non deve mai mancare”.