Di Alessandro Bastianelli.
«Da quando mi stancai di cercare, io imparai a trovare».
Questa massima la leggiamo nella Gaia Scienza di Nietzsche, la troviamo inscritta nella carriera calcistica di Riccardo Mazzoleni, 19enne portiere del Monterosi, da domenica scorsa capolista del Girone G.
L’esordio a neanche 16 anni in Eccellenza, con il Grifone Monteverde, poi la chiamata del Latina che lo tessera direttamente con la prima squadra. Momenti tanto esaltanti quanto sfuggenti per un adolescente, che nella scorsa stagione ha toccato con la propria mano anche la parte meno bella di questo sport. I prestiti in Serie D, naufragati fra cambi di proprietà (Olbia) e panchina (Sambenedettese) non lo hanno scalfito, e quest’anno è di nuovo sceso in D, sponda Monterosi, preferendo giocare, mettersi in discussione, piuttosto che vivere in una panchina d’oro.
D’altronde, quando il vento ti avversa la rotta, occorre fare vela con tutti i venti per trovare spazio, minuti, continuità. Che per un calciatore rappresentano il proprio sé.
Buongiorno Riccardo, domenica avete strappato un risultato storico contro L’Aquila, non solo per gli annali.
Siete primi ora, non soffrite di vertigini?
«No no, niente affatto, siamo tranquilli e consapevoli delle nostre qualità.
Posso dire però che non ci aspettavamo una partita del genere contro L’Aquila: l’abbiamo chiusa subito, nel primo tempo, e nella ripresa non abbiamo praticamente mai sofferto. Non so se abbiamo fatto ‘troppo’ noi o troppo poco loro, però sono sicuro che se non l’avessimo preparata con la meticolosità che ci abbiamo messo dalla pausa natalizia non avremmo mai potuto vincere.
È stata la vittoria di tutti».
Condurre la classifica vi imporrà un approccio diverso alle partite? Adesso vi aspetteranno tutti.
«Vincere porta sicurezza emotiva, il lavoro e gli obiettivi rimangono sempre gli stessi.
Il Monterosi ha questa filosofia, qui si cerca di raggiungere i risultati non solo con i giocatori, ma soprattutto con il lavoro.
A livello mentale, restiamo quelli di prima».
Dal Lanusei in poi, D’Antoni ti ha sempre schierato titolare.
Quanto c’è di Riccardo Mazzoleni in questo primato?
«Sono sincero, né più né meno di quanto c’è di tutti gli altri.
Sono stato anche un po’ fortunato, perché ho ricevuto fiducia proprio quando abbiamo iniziato a incamerare risultati utili consecutivi. Per un portiere è fondamentale sentirsi parte di una squadra forte e che gira, ti dà tranquillità e riesci a darne anche tu ai compagni.
Il nostro è un lavoro collettivo, non mi prendo né particolari meriti né particolari colpe».
Un merito però ce l’hai: quello di essere ripartito dopo una stagione un po’ difficile come quella precedente.
«La scorsa stagione ho pagato lo scotto di vivere due realtà tanto differenti, quanto complicate.
Ad Olbia la società stava fallendo, Biagioni mi aveva fortemente voluto ma poi andò via, e la nuova proprietà prese in prestito due portieri dalle giovanili del Cagliari. Per me voleva dire sostanzialmente “arrivederci e grazie”, così provai a San Benedetto del Tronto dove mi trovai meravigliosamente a livello umano, nonostante giocassi poco.
La Samb è una grande squadra, tifosi incredibili e società seria, ma non avrei giocato se fossi rimasto lì».
Ed ecco l’opportunità Monterosi, una realtà che con i giovani raramente fallisce.
«Forse perché qui c’è una tranquillità difficile da trovare altrove, è una piazza speciale.
Qui c’è davvero una grande famiglia, composta di uomini e amici prima ancora che colleghi, e lo stesso riguarda lo staff ed i dirigenti.
Io credo che questo rapporto abbia favorito la grande unione che c’è fra tutti noi, fra giovani e vecchi. Credo sia una cosa rara.
Inoltre, non abbiamo pressioni dalla piazza, dalla dirigenza, e questo ti aiuta. Anche perché se sei qui è perché sei stato comunque scelto e hai ricevuto fiducia: quando hai tranquillità è più facile ripagarla esprimendosi al meglio».
Torniamo qualche anno più indietro.
Quando hai cominciato a parare? E’ stato amore a prima vista con i guanti?
«Diciamo che ho una storia un po’ anomala, sicuramente non comune a tutti.
Ho iniziato a giocare come portiere già da piccolissimo nel mio paese di nascita, Manziana.
Io non ho mai fatto la scuola calcio, a Latina se ne sono accorti subito (ride ndr) e ho dovuto faticare un po’ per colmare alcune lacune e difetti sui “fondamentali”.
Infatti, dopo alcuni anni, mi sono dovuto trasferire a Roma con la mia famiglia e ho mollato il calcio.».
Fu un arrivederci, però.
«Già. Ripresi a giocare a 13 anni, all’oratorio. Riuscì però a farmi notare dall’Almas, che mi tesserò e con cui feci due buone stagioni negli Allievi.
Infine arrivò Christian Silvestri, che per me è stato molto importante, che mi chiese di andare al Grifone Monteverde dove c’era un mostro sacro come Daniele Assogna. L’esordio avvenne a metà Settembre, in campionato, contro il Fonte Nuova.
Divenni titolare fisso, fu tutto molto veloce e sorprendente.
Sono stato anche fortunato, nel calcio è fondamentale trovare chi crede in te, per questo il Grifone resterà un passaggio fondamentale per la mia carriera».
Chi schiereresti fra i pali nel tuo Dream Team ideale?
Quale delle caratteristiche di questo portiere senti di avere?
«Il portiere che ammiro di più è Neuer, è impressionante, un atleta eccezionale ed un portiere completo.
Per ispirarmi a lui avrei dovuto fare la scuola calcio (ride ndr), quindi il mio riferimento è Casillas, ma non perché sia più scarso.
Casillas è stato ed è tutt’ora un portiere unico. Reattivo, agile, istintivo e con grandi riflessi, con lui posso condividere al massimo la bassa statura però (sorride ndr). Però se c’è qualcuno a cui ispirarmi è proprio Casillas».
In questo momento parlare del tuo futuro forse è fuori luogo.
Cosa ti aspetti dai prossimi anni?
«Sono sincero, non lo so, io penso soltanto ad allenarmi e a migliorare dato che ho la grandissima possibilità di giocare in Serie D in prestito dal Latina.
Una possibilità che molti miei coetanei, che sono nel professionismo, forse non capiscono. Sento tanti ragazzi che preferiscono rimanere a marcire in panchina o nelle Berretti piuttosto che andare a giocare in D: la riterrebbero un’umiliazione.
Io ho sempre pensato che non bisogna mai voltare le spalle alle opportunità che ti consegna la vita e non ho avuti dubbi ad accettare la proposta del Monterosi, dove avevo la possibilità di giocarmela con un altro portiere.
Sono stato consigliato anche dal “Gruppo Samb”, ossia da Salvatori e Montesi, sono stati anche loro a convincermi della bontà del progetto-Monterosi.
Credo che questo mi stia ripagando delle difficoltà che ho patito nella scorsa stagione: ad un giovane fa bene anche soffrire».




