Spesso tra addetti ai lavori sorge il solito contenzioso circa il livello tecnico dei campionati che settimanalmente valutiamo.
Non sono pochi coloro che ritengono che l’Eccellenza attuale sia un torneo che ha poco a che spartire con quella che il medesimo nome portava e che si disputava fino ad una decina d’anni fa.
In effetti, è un po’ come l’atavica questione circa il sesso degli angeli: se ne parla, a volte se ne discute animatamente, altre ci si scontra, ma poi non si approda mai ad una conclusione perentoria e definitiva.
Quando però si chiama in causa tale campionato, riemergono volti e storie che lo hanno caratterizzato.
Uomini che ne hanno contraddistinto un’epoca forse ormai trascorsa ma che continua comunque a vivere attraverso la loro passione e quasi maniacale dedizione.
Dante Volante può essere definito l’anello di congiunzione tra due momenti diversi del nostro calcio.
Silentemente è tornato nella nostra regione dopo due anni e mezzo di esilio dorato in Sardegna, dove ha trascinato l’Ilvamaddalena in Eccellenza a suon di gol.
Quando il 18 dicembre scorso è tornato ufficialmente nella nostra regione per abbracciare il progetto-salvezza dell’Itri di patron Ialongo, ci ha messo sette minuti per timbrare il cartellino.
Parliamo di un predestinato.
Da quella domenica in poi, la squadra di Palladino ha inanellato tre vittorie di fila in campionato e raccolto gli scalpi di Aprilia e Serpentara BellegraOlevano in coppa.
Merito di tutto il gruppo, per carità, ma il “Principe“, come lo chiamano dal romantico periodo formiano, ha apposto la propria firma in calce alla rinascita di una squadra che meno di due mesi fa era già inserita dai più nel novero delle partecipanti al prossimo Campionato di Promozione.
Ieri Volante ha dato il la alla storica qualificazione in finale degli aurunci e adesso si trova nelle condizioni di riassaporare il gusto di giocarne una a distanza di dieci anni esatti da quella che fece impazzire di gioia i biancazzurri del Golfo.
Lo abbiamo strappato al meritatissimo riposo del post-partita, andando alla ricerca dei lati nascosti di uno degli attaccanti più amati del dilettantismo laziale.
Dante, cominciamo dalla gara di ieri.
Chiudi gli occhi e descrivici il tuo gol.
“C’è stato questo lancio in verticale di Agostino (De Santis, ndr), una giocata che proviamo spesso.
Sono scattato verso la porta, ho scartato il portiere ed ho fatto gol.

Con Ago ne parlavamo prima della partita.
Ci dicevamo che per noi due vecchietti quella poteva essere probabilmente l’ultima occasione di andare a giocarci una finale di Coppa Italia.
E’ andata bene…”.
Quando sei tornato qui nel Lazio, qualcuno ha storto il naso.
Ti davano per finito.
“Mah, che devo dirti?
Ci può anche stare, se pensi che vengono criticati pure i giocatori di Serie A…
Agli altri lascio i bar, io faccio parlare il campo.
E poi, arrivati ad una certa età, capita pure che uno tragga stimoli da queste chiacchiere”.
Per un uomo dieci anni possono rappresentare un soffio o una tempesta.
In cosa ti senti cambiato rispetto al gennaio 2007?
“Eventi di natura strettamente personale mi hanno indotto a prendere le cose con molta più tranquillità rispetto a prima.
Adesso do importanza solo a ciò che è realmente importante, senza farmi condizionare la vita da piccoli problemi.
Vedo le cose in maniera più distaccata e serena di quanto facessi un tempo”.
Nella tua carriera, non solo hai fatto gioire tifosi ciociari e tifosi pontini, ma ti sei fatto apprezzare in maniera trasversale da tantissimi appassionati.
“Questa è probabilmente la cosa di cui in assoluto vado più fiero.
Prima o poi, il gioco finisce ed il calciatore smette, ma rimane l’uomo.
Aver raccolto il rispetto e la considerazione della gente mi rende orgoglioso di quanto fatto, al di là delle vittorie e delle sconfitte”.
Voglio fare un gioco con te: similitudini e differenze.
Ci stai?
“Vai”.
Aldo Zangrillo e Vincenzo Ialongo.
“Due caratteri molto diversi.
Zangrillo lo porto nel cuore.
Al suo primo anno da presidente del Formia raccolse un club storico ma che veniva da annate molto difficili.
Vincemmo una coppa stupenda e che risollevò l’ambiente.

Che gioia quel giorno al Flaminio.
Ho ancora negli occhi la felicità del popolo formiano.
L’anno successivo venne Pernarella, ma partimmo malissimo in campionato.
Zangrillo lo ricordo come una persona pacata, perbene e non interferiva mai nelle questioni tecniche.
La sua serenità d’animo ci aiutò a risollevarci fino a quello spareggio per il secondo posto contro la Boville Ernica a Rieti che purtroppo perdemmo.
Ialongo è un presidente vulcanico, passionale e che si fa coinvolgere.
Mi piace molto anche lui come persona”.
Piero Tersigni e Davide Palladino.
“Anche qui abbiamo due caratteri diversi, anche se in comune ravviso la meticolosità con cui preparano le partite.

Piero aveva questo approccio molto rilassato con noi giocatori, mentre Davide è un martello.
Ti fa stare sempre sul pezzo”.
Lasciamo per un attimo da parte il calcio.
So che ami particolarmente il rock.
“E’ vero, ho già in tasca i biglietti per andare a vedere i Guns N’ Roses ad Imola a giugno.
Di concerti da vedere in Italia quest’anno ce ne saranno parecchi.
Quello che manca sono i soldi (ride)…”.
Concordo.
Se ti chiedessi il titolo di una canzone in grado di definire la tua persona, quale sceglieresti?
“Amo molto Lou Reed.
Credo che andrei su “Walk on the wild side”.
Sì, scelgo quella”.
Da anni ormai sei per tutti il “Principe”.
Chi te lo ha abbibbiato questo soprannome?
“Il motivo non l’ho mai saputo, ma venni etichettato così a Formia ed alla fine me lo sono tenuto.
Forse dipende dal fatto che sembro avere un comportamento elegante, quasi distaccato, sul terreno di gioco”.
Dall’arrivo di gente come te, Villacaro e Gallo, la classifica dell’Itri è radicalmente cambiata.
A chi dobbiamo assegnare la porzione maggiore di merito?
“Io credo che questa sia proprio la classica situazione in cui i meriti debbono essere equamente divisi.
Ne ha il tecnico che è stato bravo a non far mai perdere la fiducia alla squadra, ne hanno i giocatori nuovi che hanno dato un contributo alla causa, ne hanno i vecchi del gruppo che hanno accolto benissimo gli ultimi arrivati e con loro si sono integrati alla perfezione e ne ha la società che ha sempre creduto in questa squadra.
Non sottovaluto neppure l’apporto dei nostri tifosi, caldi e sempre vicini a noi.
Qui ho ritrovato un ambiente familiare, per certi versi simile a quel Morolo.
Hai presente?”.
Mi pare di sì.
A proposito, colui che in quell’incredibile stagione era il tuo partner d’attacco adesso fa il direttore sportivo.
Che ricordi hai di Pistolesi?

“Con Francesco abbiamo giocato due anni insieme, prima a Cervaro e poi a Morolo.
Era un gran bel giocatore, si buttava su ogni pallone.
Io e lui ci completavamo alla grande: lui mancino e che amava defilarsi, io destro e che preferivo posizionarmi più al centro.
Bei ricordi”.
Grandi feste per l’approdo in finale, però domenica arriva la capolista.
Per te cassinate d.o.c. non potrà decisamente essere una sfida come le altre.
“Infatti, questa la potrei definire la mia settimana santa (ride)…
Con gli amici sono già cominciate le prese in giro e gli inviti a farmi da parte.
Si scherza naturalmente.
Che posso dire?
Da cassinate sono felicissimo per quanto sta facendo la squadra.
Nel recente passato si sono vissuti momenti difficili, ma questo sembra proprio l’anno buono per tornare in Serie D.
Il club ha fatto un ottimo lavoro, la squadra è completa e la tifoseria è appassionata come sempre.
Il Cassino merita la posizione di classifica che detiene.

Domenica per me sarà una gara molto particolare, per certi versi simile alla prima volta che affrontai il Formia al Perrone vestendo la maglia del Colleferro.
Certe cose non si cancellano, restano dentro”.
Dobbiamo attenderci un’Itri soddisfatta dal fresco approdo in finale?
“Assolutamente no.
E’ vero che nelle ultime settimane il balzo in avanti in classifica è stato notevole e che, se prima ci davano per spacciati, adesso siamo in corsa per salvarci, però bastano un paio di risultati negativi per piombare di nuovo nel baratro.
Dobbiamo proseguire su questa china.
Oltretutto, il Cassino è una squadra talmente rodata ed esperta da non avere bisogno che noi le spianiamo la strada”.
Dante, da calciatore hai vinto tanto.
Un rimpianto ti è rimasto?
“A livello di risultati, penso a quello spareggio contro il Boville.
Sono tutt’ora convinto che, se avessimo vinto quel giorno, dopo saremmo riusciti a salire in D.
Purtroppo è andata così.
Per il resto sono pago della carriera che ho avuto.
Ho indossato tante maglie importanti e per me è stato un grande piacere farlo”.
Chiudo domandandoti un tuo sogno o una tua ambizione per il futuro.
“Mah, non sono quel tipo di uomo che ama fare programmi a lunga scadenza.
Il desiderio è quello di farsi una famiglia con Paola Sofia.
Stiamo insieme da tre anni e so che è lei la persona giusta.
Credo che il momento giusto stia per arrivare”.
di Andrea Dirix – [email protected]
(Si ringrazia per le foto Michele Di Vozzo)




