Anzio, un capolavoro che parte da lontano. Il ds Zenga: “La squadra è super, ora attendiamo la riapertura del Bruschini. Franco Rizzaro? Meriterebbe una statua”

Anzio, un capolavoro che parte da lontano. Il ds Zenga: “La squadra è super, ora attendiamo la riapertura del Bruschini. Franco Rizzaro? Meriterebbe una statua”

Superando l’ostico Campus Eur, l’Anzio di mister Mario Guida ha centrato un duplice obiettivo.

Il calcio di rigore realizzato con freddezza da Marco Giordani ha permesso alla capolista del Girone A di Eccellenza non solo di festeggiare la quindicesima vittoria in campionato ma, elemento di sicuro più importante, di ampliare la forbice dalle inseguitrici.

La scarsa rendita dei due scontri diretti delle giornate precedenti non ha causato problemi ai biancazzurri, che hanno tenuto a debita distanza concorrenti che, ad oggi, non sembrano in grado di mantenere con costanza il passo della prima forza del torneo.

L’orizzonte sembra dunque luminoso, anche se in casi come questi è sempre opportuno adottare una pragmatica cautela e misurare i passi.

La strada che conduce alla categoria superiore è ancora lunga e non esente di ostacoli, come quello che proverà ad opporre l’UniPomezia di Raffaele Scudieri tra qualche giorno.

Il direttore sportivo Guido Zenga sa bene come vanno le cose nel calcio e sceglie la strada del sano realismo in merito alle dinamiche del girone.

Il rendimento di Gamboni e compagni è stato fin qui esemplare ed avrebbe certo meritato il giusto tributo da parte della gente di Anzio.

Questo è l’unico aspetto che adombra il volto dei neroniani.

Purtroppo lo stadio Massimo Bruschini non può ancora spalancare i suoi cancelli al pubblico su disposizione delle autorità competenti e su questo versante si concentrano le doglianze di dirigenza e tifosi.

L’auspicio di tutti è che si possa arrivare presto ad una riapertura almeno parziale dell’impianto, anche per riconoscere i giusti meriti ad una squadra che sta incantando per coesione e mentalità.

Queste le tematiche sviscerate con il consueto equilibrio dal dirigente anziate.

 

Direttore, a dodici giornate dalla fine avete un vantaggio di otto punti sulla seconda e di dieci sulle terze.

Cominciate ad intravedere la fisionomia della Serie D?

“Sarò sincero, non sono mai stato tipo da andare a nozze con la scaramanzia, quindi non mi nascondo.

Siamo a buon punto e, direi, in linea con un percorso iniziato tre anni fa e che si poneva chiaramente l’obiettivo di tornare nella categoria superiore.

Detto questo, ad inizio stagione neppure io mi aspettavo un rendimento simile da parte della squadra e voglio render merito al grado di consapevolezza che ogni singolo giocatore ha raggiunto nel corso dei mesi”.

Il campionato cannibale dell’Anzio sembra avere radici lontane.

È errato supporre che almeno in parte sia nato da quella sconfitta casalinga ai play-off con la W3 Maccarese del giugno scorso?

“Credo che la nostra bravura sia stata quella di continuare a credere con convinzione nel lavoro che stavamo portando avanti ed a rafforzare ancor di più il nostro progetto.

Quel giorno uscimmo sconfitti dopo aver disputato una grande partita, ma probabilmente capimmo che il gap che ci divideva dalle migliori era diventato veramente minimo…”.

Siete partiti con la dichiarata idea di disputare una stagione importante, ma in pochi si aspettavano un rendimento simile da parte vostra.

Quando avete capito che eravate vicini a creare qualcosa d’importante?

“Lo confesso, sono un po’ malato di statistica e spesso mi metto lì a ricordare al mister i nostri numeri.

Prendendo in esame il girone di ritorno dello scorso campionato e la stagione attuale, l’Anzio ha perso soltanto cinque partite, tra cui quella ai play-off che ricordavamo in precedenza.

Questo contribuisce a spiegare la nostra crescita.

Noi abbiamo la fortuna di avere un club solidissimo alle spalle e ciò che stanno evidenziando in campo i ragazzi ogni domenica serve ad alimentare autostima in noi.

Nel calcio si sottolinea sempre che le tre componenti (società, staff tecnico e calciatori) devono camminare allo stesso modo per raggiungere traguardi significativi e direi che da noi sta accadendo proprio questo.

Permettetemi però di porre l’accento su quanto stanno facendo i ragazzi.

Al di là di qualche importantissimo senatore, noi abbiamo un gruppo piuttosto giovane, che giornata dopo giornata ha acquisito grande consapevolezza nei propri mezzi.

Nella nostra squadra ci sono sette, otto giocatori giovani che ancora non sono accompagnati da grande pubblicità tra gli addetti ai lavori, ma vedrete che ben presto le luci della ribalta si accenderanno su ognuno di loro.

Saranno loro i calciatori ritenuti importanti ed ambiti da tutti nel prossimo futuro, ne sono certo”.

 

Coloro che vestono o hanno vestito la maglia dell’Anzio concordano convintamente su un punto: la forza di questa società coincide con la sua dimensione familiare e poggia sulla serenità che adotta nei confronti dei suoi tesserati e dell’ambiente esterno.

È davvero questo il vostro segreto o c’è dell’altro?

“Standoci dentro, la mia potrebbe essere giudicata una visione parziale, però posso confermarlo.

Per me questo è il decimo anno da direttore sportivo e da tre sono tornato ad Anzio.

Beh, chi frequenta il nostro mondo sa che da trentaquattro stagioni la società è sempre la stessa.

Merito innanzitutto di Franco Rizzaro, che a mio avviso meriterebbe una statua al centro della città per tutto ciò che ha saputo realizzare.

Al fianco del nostro patron gravitano da sempre gli stessi collaboratori e di questa continuità se ne accorge chiunque venga in contatto con il nostro ambiente.

Che resti a lungo oppure per una sola stagione, qualsiasi calciatore comprende presto di essere all’interno di una struttura che trascina con sé un grande trasporto emotivo da parte di chi la vive da sempre.

Naturalmente mi riferisco in primis alla famiglia del Presidente, dalla signora Antonella alle figlie, a Simone ed allo stesso Mario Guida”.

La scorsa settimana avete giustamente celebrato il grande traguardo raggiunto da Tommaso Gamboni.

Quanto sposta avere in squadra gente che, oltre al suo riconosciuto talento, sia anche in grado di trasmettere ai compagni più giovani un sentimento profondo per la maglia?

“Per noi tutti è davvero una fortuna avere in rosa uno come Tommaso.

Delle sue qualità tecniche neppure parlo, perché cadrei nella retorica, ma nelle ultime stagioni il peso che ha avuto per noi gente come lui e, fino a pochi mesi fa, Emanuele Martinelli è stato davvero determinante.

Loro due hanno letteralmente preso per mano i compagni più giovani e li hanno trascinati a capire cosa voglia dire vestire la maglia dell’Anzio.

Quando i ragazzi vedono uno come Tommaso, che tra i dilettanti ha vinto tutto, arrivare per primo al campo ed andarsene per ultimo dopo gli allenamenti sono portati con naturalezza a seguire il suo esempio.

Questo per me vuol dire attaccamento.

Merito suo, di Simone Rizzaro, di Giuliano Regolanti, ma anche di gente come Fusaroli.

Di lui si parla sempre poco ed allora lo faccio io: Fabio sta disputando una stagione spettacolare, merita applausi a scena aperta.

Tutti loro sono dei leader all’interno dello spogliatoio.

A volte, possono sembrare leader silenziosi ma, si sa, l’esempio si dà con i fatti e non con le parole.

Tutti i nostri giocatori, peraltro, sono di una professionalità estrema e questo mi piace sottolinearlo a chiare note”.

Tra gli innumerevoli aspetti positivi ce n’è soltanto uno che fa soffrire voi tutti ed in particolar modo patron Franco Rizzaro: la perdurante chiusura del Bruschini.

Ci sono aggiornamenti da questo punto di vista?

“Fin dal primo momento in cui è stata dichiarata l’inagibilità del nostro impianto abbiamo mosso i passi che ci sono stati richiesti per risolvere la situazione.

Siamo stati rapidissimi nel presentare l’apposita documentazione, fornendo quanto dovevamo nel giro di una decina di giorni.

Purtroppo, come sapete, il Comune è commissariato da alcuni mesi e paghiamo lo scotto di questo stallo, perché spetterebbe a tale ente fornire alla Prefettura gli elementi mancanti.

La nostra speranza è poter usufruire almeno di una riapertura parziale del Bruschini, anche per garantire il giusto riconoscimento ai ragazzi che stanno facendo un campionato straordinario.

Molti di loro non sanno cosa voglia dire giocare di fronte a centinaia di persone e speriamo che presto possano vivere una simile emozione.

Negli ultimi giorni qualche timido segnale positivo c’è stato, ci auguriamo di avere notizie incoraggianti nel giro di poche settimane, perché vogliamo tornare ad avere la nostra gente sugli spalti”.

Nel frattempo, domenica pomeriggio andrete ad Ardea per affrontare l’UniPomezia.

Per loro probabilmente sarà un match da dentro o fuori, mentre per voi potrebbe rappresentare l’occasione giusta per allontanare definitivamente una concorrente pericolosa e dare un ulteriore segnale alle altre rivali.

Firmeresti per un pareggio?

“No, e non lo dico per presunzione.

Per sua natura la nostra non è una squadra in grado di speculare fin dal primo minuto di una partita.

È vero che potrebbe essere un vantaggio conoscere già l’esito delle gare mattutine, specialmente quelle che si disputeranno al Tobia ed al Don Orione, ma eventuali calcoli li faremo solo a gara in corso e non dall’inizio del match.

La squadra sta bene ed andrà lì per giocare come sa, esattamente come certifica la mentalità di mister Guida”.

Da anni dimostri di avere le caratteristiche giuste per il ruolo che ricopri.

Sotto quali aspetti senti di essere cresciuto rispetto agli anni di Lido dei Pini e di Nettuno?

“Nel mio piccolo percorso le prime tappe sono state fondamentali.

Mi tengo tutto, sia gli aspetti belli che le bastonate, perché anche quelle servono a farti capire come funziona questo mondo.

Lido dei Pini è stata un’esperienza forte sotto il profilo emotivo: in due stagioni abbiamo centrato prima un sesto e poi un quinto posto in Eccellenza, pur disponendo di un budget irrisorio per la categoria.

Con la Virtus Nettuno ero partito con grande voglia di fare, poi purtroppo c’è stata qualche frizione e le cose non sono andate come avrei voluto.

Conservo comunque bei ricordi, sono state entrambe esperienze molto formative per il mio ruolo.

Ora sono ad Anzio da tre anni e per me tornare qui da direttore sportivo dopo che avevo indossato questa maglia da calciatore è stato un po’ come coronare un sogno.

Nel nostro comprensorio questa è sempre stata considerata la società modello ed esser chiamato dal Presidente ed aver potuto così riallacciare i rapporti di amicizia con i dirigenti e con lo stesso Mario che era stato mio compagno di squadra ha rappresentato motivo di vero orgoglio.

Nella grande crescita che sta vivendo il club da tre stagioni a questa parte dopo le problematiche vissute nelle annate precedenti una porzione di merito me la prendo anch’io e ne vado fiero.

Se mi volto indietro e torno con la memoria a quel ragazzo che indossava questa maglia e correva lungo la fascia, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma allo specchio vedo lo stesso entusiasmo di allora e la felicità di aver realizzato il sogno che avevo nel cuore”.