A cura di Andrea Dirix – dirix.andrea@libero.it
A neppure ventun anni, Dragos Iacob dimostra già di avere la maturità di un veterano.
Figlio di Viorel, ex calciatore professionista in patria, e di Elena, una bellissima coppia romena trasferitasi nel nostro Paese quando lui aveva quattro anni, ben presto ha mostrato un evidente passione per lo sport più amato del mondo.
Attaccante centrale, poi punta esterna: nel settore giovanile del Frosinone il ragazzo ricopriva con profitto quei due ruoli e di soddisfazioni se n’è tolte parecchie, vedi stagione 2011/12 quando il gruppo allenato da Marsella si laureò Campione d’Italia nella categoria Allievi Lega Pro e poi alzò al cielo anche la Supercoppa, liquidando in finale la quotata Sampdoria di Beruatto.
Quel giorno al “Tempora” di Bettolle lui c’era e si tolse pure lo sfizio di aprire le marcature.
Anni felici, culminati anche con l’esordio in prima squadra ed illuminati dalla speranza di un cammino che sembrava radioso in casaccia giallazzurra.
Poi però qualcosa non è andato per il verso giusto con i canarini.
Si sa come funzionano queste cose: si fanno valutazioni, si operano scelte non necessariamente corrette.
Vuoi o non vuoi, comunque il protagonista di questa storia è dovuto ripartire dai dilettanti, accettando la chiamata dell’Arce.
Il club di Alessandro Marrocco, salito per la prima volta nella sua lunga storia nell’elite del nostro calcio regionale, ha puntato con piacere su questo ragazzo pieno di qualità calcistiche ma anche umane.
Perchè in effetti è inutile girarci intorno: quando il calciatore esce di scena, resta la persona.
Un insegnamento che Iacob ha recepito immediatamente e che lo induce ad offrire sempre il suo profilo migliore agli altri.
Dragos, l’attualità dice che state attraversando un momento positivo in campionato.
“Sì, dall’inizio del 2017 abbiamo perso una sola volta, ed a mio giudizio anche in maniera immeritata, contro il Gaeta.
Abbiamo fatto noi la partita, sciupando più di un’occasione, poi loro in contropiede ci hanno fatto gol nei minuti finali.
E’ il calcio…”.
Resta il fatto che, dopo qualche risultato altalenante nei primi mesi, adesso sembrate aver trovato la giusta continuità.
“Dipende in primis dal lavoro del mister e dall’atteggiamento che dimostriamo in partita.
Se abbiamo quello giusto, possiamo giocarcela tranquillamente con chiunque in questo campionato.
In caso contrario, perdiamo…”.
Che tipo è Alessio Mizzoni?
“E’ un allenatore bravissimo e molto preparato.
Il suo merito maggiore sta nell’aver costruito un gruppo vero, composto da gente che si vuole bene e che si aiuta in campo e fuori.
Un merito che va riferito anche ai compagni più esperti, i vari Lillo, Veloccia e Lembo”.
C’è un compagno con cui ti trovi meglio all’interno dello spogliatoio?
“Per carattere vado d’accordo con tutti.
Il mio punto di riferimento è però Christian Lillo, il nostro capitano.
Lui è un esempio per tutti noi”.
Un paio di mesi fa abbiamo avuto il piacere di ospitarlo nella nostra trasmissione.
Mi è sembrato un ragazzo dalle idee ben chiare ed estremamente serio.
“E’ così, ma non è un musone.
Christian è anche capace di ridere e scherzare quando è il momento di farlo.
Nei momenti in cui si deve lavorare, invece, pretende giustamente serietà da tutti noi”.
Due domeniche fa la rete-capolavoro contro il Cassino.
Ti va di raccontarci l’azione?
“Tutto è partito da un grande lavoro in pressiong di Lembo, che poi ha servito Cardazzi.
Quando Stefano ha ricevuto il pallone, io mi sono predisposto per ricevere aprendomi con il corpo.
Una volta ricevuto il pallone, ho fintato sull’avversario, sono rientrato sul sinistro ed ho fatto gol”.
Niente male per uno che è un destro naturale.
Immagino che anche i compagni ti abbiano detto qualcosa…
“Sì, mi hanno preso in giro, dicendomi che in realtà volevo crossare (ride)…”.
Ti ha comunque permesso di entrare in nomination per il titolo di Top Player settimanale che successivamente ti sei aggiudicato.
“Una bella soddisfazione per la quale ringrazio la mia famiglia, il mister, il presidente, i miei compagni di squadra e tutte le persone che ho stressato in quei giorni per farmi votare (sorride)…”
A chi hai dedicato il gol?
“Ai miei genitori.
Non mi hanno mai fatto mancare nulla”.
Tuo padre è stato calciatore ad alti livelli in Romania.
Vi confrontate spesso?
“Sì, papà viene sempre a vedermi giocare e con lui analizzo sempre la partita.
Le sue osservazioni mi aiutano perchè io sono sempre molto critico nei miei confronti.
Lui mi spinge a lavorare sempre più intensamente, perchè più lavori e più raccogli.
Ed io la vedo esattamente come lui”.
Torni mai in Romania?
“Sì, l’ultima volta è accaduto un paio d’anni fa.
Ci vado con piacere, anche se io mi sento italiano al 100%”.
E’ mai accaduto che in partita qualcuno ti abbia insultato per via delle tue origini?
“E’ accaduto più di una volta, ma a me non interessa nulla.
In campo io ascolto solo il mio allenatore ed i miei compagni di squadra.
Altre cose non mi toccano…”.
E’ vero che in estate sei stato vicino agli azzurri?
“Lo confermo, però alla fine la cosa non è andata in porto per motivi familiari.
Loro sono una grande squadra ed hanno un allenatore eccezionale.
E’ vero, ultimamente stanno frenando un po’, ma saranno sicuramente loro a vincere questo campionato”.
Frosinone: una pagina importante della tua vita.
“Conservo bellissimi ricordi: il rapporto con la gente, quello con mister Coppitelli.
E poi ancora il Torneo Nike, lo scudetto e la supercoppa vinti con gli Allievi Nazionali e l’esordio in C”.
In quel periodo però giocavi in un ruolo diverso.
“E’ vero.
Giocavo prevalentemente da prima punta o al massimo da attaccante esterno.
Ora faccio l’interno di centrocampo o, a volte, l’esterno nel 3-5-2.
Un ruolo faticoso perchè devi coprire l’intera fascia, però mi adatto…”.
Resta anche qualche rimpianto per come si è conclusa l’esperienza in giallazzurro?
“Ne rimangono moltissimi, però cerco di trarre forza anche dalle situazioni negative.
Lì qualcuno non ha creduto in me e ha deciso di accantonarmi.
Spero di far ricredere quel qualcuno un giorno, perchè la mia ambizione resta quella di risalire tra i professionisti”.
Con il direttore generale Ernesto Salvini è rimasto un rapporto splendido.
“Sì, il direttore è una grande persona ed oltretutto lo ringrazio ancora perchè l’anno scorso mi ha dato modo di conoscere il mio idolo, Javier Zanetti.
Sono diventato interista grazie a lui.
Quel giorno al Matusa c’era anche il tuo direttore Raffaele Minichino che approfitto per salutare (sorride)…”.
Secondo te, qual è l’insegnamento maggiore che Zanetti ha lasciato in dote al calcio?
“Il modo di comportarsi.
Non gli ho mai sentito dire una parola di troppo, ha sempre anteposto gli altri a se stesso.
In campo se c’era da fare una corsa in più per un compagno non si è mai tirato indietro.
Devo continuare? (sorride)”.
A proposito di insegnamento, so che tu sei istruttore di educazione fisica.
“Ho cominciato quasi per scherzo quattro anni fa attraverso un’associazione collegata con l’AICS di Frosinone del presidente Filippo Tiberia ed ora insegno in alcune scuole materne ed elementari, anche se non sono ancora di ruolo.
Con i bambini ho un rapporto stupendo.
L’Arce mi dà anche la possibilità di allenare un gruppo di Piccoli Amici.
Gli aspetti a cui tengo in modo particolare sono l’educazione ed il rispetto nei confronti dei compagni e degli avversari.
Ai genitori invece chiedo di incitare i loro figli senza dire cose negative agli altri.
Il bello del calcio sta nel fatto che ti dà modo di imparare regole che possono essere tranquillamente applicate alla vita di tutti i giorni”.
Domenica prossima il calendario vi indirizza ad Aprilia, altra gara da prendere con le molle.
“Sarà una partita impegnativa, ma possiamo centrare i tre punti se scenderemo in campo con l’atteggiamento corretto.
Eddie Fasani, il nostro allenatore in seconda, ci ripete costantemente che ognuno di noi è arbitro del proprio destino ed io sono d’accordo con il suo pensiero.
Aggiungo poi che, se scendessimo in campo con l’idea di strappare un pareggio, faremmo arrabbiare mister Mizzoni.
Lui preferisce perdere piuttosto che essere remissivi”.
Qual è il sogno nel cassetto di Dragos Iacob?
“La speranza è quella di far bene con il calcio e possibilmente salire di nuovo di categoria.
So benissimo però che potrei non farcela e per questo cerco di teneremi aperte altre strade, soluzioni diverse.
Il mio sogno sarebbe tuttavia quello di tornare un giorno a casa e dire ai miei genitori: “Da oggi smettete di lavorare, provvedo io alle vostre necessità”.
Sarebbe il massimo per me”.