C’è stato un tempo, piuttosto lungo, durante il quale ad Albano Laziale la domenica mattina avevi dubbi su dieci undicesimi della formazione che sarebbe stata schierata quel giorno.
Sì, perché sulla maglia numero 8, beh, su quella di dubbi non ne avevi.
Quella era istituzionalmente assegnata al Capitano, o meglio, all’uomo che era stato designato a raccogliere la pesante eredità di quella fascia dopo l’addio del grande Alessandro Bucri.
La numero 8 è stata per quindici anni patrimonio personale e nessuno, salvo squalifiche o infortuni, si sarebbe mai neppure lontanamente sognato di chiedergliela in prestito.
Semplicemente perché al Pio XII quella è stata, e sotto certi versi rimarrà per sempre, la maglia di Filiberto Trinca.
E’ stata, perché da poche ore il Capitano e l’Albalonga hanno deciso di salutarsi.
E non è stato un addio facile, perché quel ragazzo, che per tre lustri ha dominato la mediana azzurra, ha rappresentato, e continua a rappresentare, il prototipo, l’ideale supremo di calciatore dell’Albalonga nella concezione, morale e sportiva, di chi l’Albalonga l’ha creata , ossia Bruno Camerini.
Tuttavia, le storie d’amore, perché in un calcio contraddistinto da rapporti spesso duraturi quanto il battito d’ali di una farfalla di questo stiamo parlando, possono finire.
E non sempre c’è una ragione vera, concreta.
Finiscono e basta.
Magari perché è semplicemente giunto il momento di separarsi.
Senza strappi, né drammi.
Con la voce rotta dall’emozione, quello sì, ma anche con la consapevolezza di aver vissuto comunque un sentimento puro ed onesto.
Ed onesta nei confronti del Capitano lo è stata anche la società, perché questa storia qui non ha avuto un epilogo segnato da ripicche e meschinità di sorta.
A Trinca hanno fatto semplicemente intendere che forse era il caso di guardarsi intorno, perché si stavano valutando sentieri diversi.
Un modo rispettoso per non farlo sentire di troppo, perché lui questo non lo avrebbe certo meritato.
E lui, da ragazzo intelligente quale ha sempre dimostrato d’essere in campo e fuori, ha capito.
Ed ha risposto che “Sì, in effetti, la Serie D sarebbe forse un impegno difficile da far coincidere con il lavoro…”.
Un modo elegante per dire che comprendeva le esigenze della società.
Poche parole di commiato, specie nei confronti del patron che “Ho ringraziato e ringrazierò sempre per quello che ha fatto per me in questi anni”.
Per la prima volta nella sua carriera, dopo quindici anni di una vita agonistica che lo ha condotto dagli Allievi fino al Double dell’ultima, gloriosa, stagione, Filiberto Trinca finirà nella vorace centrifuga del calciomercato.
Non ha neppure trent’anni, Trinca, e fisico e testa lo sorreggono ampiamente per rimettersi in gioco da qualche altra parte.
Dove lo scopriremo presto, perché è difficile ipotizzare che rimanga a lungo senza squadra.
Farà comunque effetto vedergli altri colori addosso.
Oggi è davvero finita un’epoca, perché il binomio Albalonga-Trinca rappresentava davvero una delle poche certezze da cui partire.
Da oggi quella maglia azzurra sarà certamente un po’ più sola.
E noi con lei.