Cocco, il calcio per rinascere: “Sono tornato per divertirmi e vivere un calcio più vero”

Cocco, il calcio per rinascere: “Sono tornato per divertirmi e vivere un calcio più vero”

Di Alessandro Bastianelli.

Ci sono storie belle da raccontare anche se finite male. Le troviamo in ogni disciplina sportiva, nella società civile, pronunciate da bocche cariche di malinconia, ma anche di orgoglioso realismo.

Da alcuni anni autori, giornalisti e scrittori hanno scoperto che anche nel mondo del calcio ci sono sentieri che, benché non finiscano nell’Eldorado del professionismo, portano in luoghi che vale pur sempre la pena visitare. Se la porta nel cielo di Baggio sa incantare e struggere, la Democrazia Corinthiana coinvolgere e mobilitare, esistono una moltitudine di storie sepolte dietro il luogo comune “uno su mille ce la fa”.

Ivano Cocco poteva essere uno di quelli, invece – molto probabilmente – resterà fra gli altri 999 (titolo, d’altronde, di un bel libro a tema uscito recentemente). Colpa di una sfortuna tanto atroce, quanto comune al destino di molti altri.

Nato nel ’98, protagonista di una grandissimo girone d’andata nell’anno del Triplete (2013) della Tor Tre Teste, categoria Giovanissimi, Ivano si è rotto il legamento crociato del ginocchio il 6 Gennaio contro il Tor Sapienza, quando le sue gambe gli stavano per far compiere un altro tipo di salto. Era seguito dalla Roma e da altre squadre professionistiche, che gli avrebbero offerto quella chance che tutti i ragazzi della sua età aspettano.

Detiene un curioso record: è l’unico giocatore in attività in Europa con alle spalle due infortuni del genere vissuti prima del compimento dei 18 anni.

«Quando mi sono infortunato per la prima volta – ricorda Ivanonon era chiaro neanche ai medici cosa mi fossi fatto. Restai fermo un mese e mezzo, poi al primo allenamento crollai letteralmente. Era soltanto l’inizio, e nei successivi tre anni mi operai altre due volte – in artroscopia ed al ginocchio.

Ma di smettere non ne volevo sapere anche se il treno era ormai passato. I miei compagni vinsero un titolo del quale io, comunque, mi sentivo parte.».

Adesso non si tratta più di aspettare treni, ma di vivere passioni. Emozioni una volta drogate dalle ambizioni che ti mettono in testa, oggi più genuine. Assaporare l’odore del campo con le orecchie al riparo da parole e discorsi fastidiosi, fittiziamente esaltanti; sentire l’acqua e il fango addosso, o il sole che ti toglie il respiro, mentre corri su e giù per la fascia.

«Non l’avrei mai voluta fare la fascia, ma al mio ritorno mi sono dovuto adattare – scherza Ivano.

Giocare in un altro ruolo, scoprirti ‘altro’, è solo un sintomo di quanto può cambiarti un evento del genere, ma il cambiamento più profondo è dentro di te.

Non vivi più il calcio come un’ansia, con la pressione di dover sfondare per forza altrimenti non sei nessuno. Avrò perso un ginocchio, ma potrò tenere i piedi per terra lontano da un mondo che, dietro al successo, nasconde tante brutte persone e tante situazioni impossibili».

E non chiamatelo soltanto gioco. Dietro il divertimento, dietro la gioia per un gol o per una bella parata, c’è sempre il lavoro, quello che dal 2013 ad oggi non ha mai lasciato Ivano.

«Sicuramente la passione ti aiuta, ma a volte non basta. Se sei un’atleta, tornare a vivere significa lavorare, ed io non ho mai smesso di farlo da 4 anni a questa parte.

Ivano durante la riabilitazione dopo il secondo infortunio
Ivano durante la riabilitazione dopo il secondo infortunio

Mentre gli altri si godevano gli ultimi giorni di vacanze ad Agosto, io facevo preparazioni e riabilitazioni personalizzate. Questo perché, più che sentirmi calciatore, io non volevo sentirmi ‘rotto’, incapace di muovermi come facevo prima.

Per me ‘vincere’ è stato questo: tornare a sentirmi un giocatore, un atleta, me stesso.

Forse come calciatore avrò anche fallito, ma sento di aver superato una prova importante per la mia vita».

Difficile dare un’accezione negativa, in questo ed in altri casi, alla parola ‘fallimento’. Dai diamanti non nasce nulla, da un infortunio è nato un altro Ivano, più riflessivo e determinato, forse meno reattivo, meno ‘forte’ rispetto a prima, senza la numero nove ma con la 7 (o la 18) sulle spalle.

Il colore della maglia neanche a dirlo.cocco1

«La Tor Tre Teste, Alessio Di Bisceglia in testa, mi sono sempre stati vicini, e non sarei mai potuto tornare a giocare altrove se non qui. Ci hanno sostenuto anche economicamente quando mi ha operato lo staff del dottor Mariani, il numero uno in Europa per questo genere di infortuni».

Ed ora che il peggio è passato, ci si può permettere il vezzo di sognare.

«Quest’anno stiamo disputando, sostanzialmente, un buon campionato, sia a livello personale che collettivo. La scorsa stagione avevo un allenatore che non mi vedeva, giocai poco, segnai solo tre gol, poi quest’anno mister Guida mi ha chiesto di fare l’esterno e la cosa mi piace molto.

Siamo un po’ distanti dalla zona play off, ma nel girone A ogni partita è una storia a sé ed è difficile fare il vuoto dietro. C’è molto equilibrio, avremo sicuramente altre occasioni per accorciare sulle prime tre.

Noi ci crediamo e speriamo di ritrovarci a fare quelle finali che non abbiamo fatto per un soffio la scorsa stagione».

Se anche non fosse, comunquevada sarà sicuramente un successo. Se non per la Tor Tre Teste, almeno per Ivano.