Il calcio, si sa, è fatto di attimi e di occasioni.
A volte, basta trovarsi nel posto giusto al momento giusto per costruirsi una carriera.
A volte, è questione del procuratore giusto.
Altre volte, invece, di giusta devi avere la testa, quando sai che le qualità per farcela le avresti.
Questione di spirito di sacrificio e di maturità che non sempre, legittimamente, si possono richiedere ad un ragazzino di quindici anni che ha appena aperto gli occhi di fronte al mondo.
Lorenzo Gialli sa che avrebbe potuto giocare al calcio in categorie diverse da quelle in cui recita stabilmente da otto anni a questa parte ed i rimpianti non li nega, ma ne parla quasi a petto in fuori.
Storie parallele.
La sua e quella di Antonio Candreva, talentini di una Lodigiani passata, di cui uno emigra a Terni e si chiude in un collegio per concentrarsi solo sulle sue speranze e l’altro decide di vivere la sua età con spensieratezza.
Uno adesso è colonna portante della Lazio in Serie A, l’altro è capitano della Boreale in Promozione.
Con la testa, quella ormai giusta, rivolta ad un derby con l’Atletico Vescovio che per la squadra di Franceschini può voler dire tanto.
Gialli, come si arriva a costruire una difesa in grado di incassare appena nove reti in ventuno partite?
“Il merito non va soltanto alla difesa, è tutta la squadra che contribuisce alla fase difensiva.
Per questo va reso il dovuto merito anche agli attaccanti che pressano i difensori avversari e ad un centrocampo molto solido.
La nostra difesa è composta per lo più da elementi di esperienza, compreso il portiere, e questo ci aiuta.
Stiamo andando molto bene”.
Un dato che aiuta a far capire come si diventa anche l’unica squadra ancora imbattuta dell’intera categoria.
“E’ una bellissima soddisfazione e non mi era mai accaduto, anche se parliamo “solo” di un campionato di Promozione”.
Lei ha esordito da under in quella magnifica Lupa Frascati di Apuzzo che vinse il Girone B di Eccellenza nel 2007.
Da allora quanto si sente maturato come giocatore e come persona?
“Come giocatore credo di aver raggiunto una grande maturità.
Quello per me fu il primo anno in una squadra di grandi, avevo tanta voglia e stimoli.
L’esperienza acquisita mi ha aiutato successivamente a correre di meno ed a ragionare di più con la testa.
Non credete a chi vi dice che il calcio si fa con i piedi.
E’ tutta una questione di testa”.
Anni fa lei sembrava in procinto di spiccare il volo verso categorie diverse.
Che cosa l’ha frenata?
“Il mio errore principale è stato quello di non saper sacrificare la mia vita quotidiana per il calcio come avrei dovuto.
Alla Lodigiani ero compagno di squadra di Antonio Candreva.
Ad un certo punto, lui ha deciso di inseguire il suo sogno a Terni, chiudendosi in un collegio.
Come dicevo prima, bisogna avere la testa e sacrificarsi, quando arriva il momento di farlo.
D’altronde, ci sarà un perchè se ce la fa solo uno su trentasettemila?”.
Torniamo alla sua prima stagione frascatana.
C’è un’immagine particolare che le è rimasta impressa?
“Mi viene in mente la vittoria a Colleferro, era una delle ultime giornate.
Storicamente quella era una partitaccia ed avevamo il Gaeta alle calcagna.
Vincemmo 1-0.
Ricordo i cori nello spogliatoio, sentivamo di avere ormai il campionato in pugno”.
Quella squadra era ricca di talento e non mancavano difensori di spessore.
“C’era gente come Fabrizio Arabia, che veniva da trascorsi importanti nel professionismo vero.
Legai principalmente con Paolo Tocchi, che poi ritrovai anche a Fiumicino anni dopo”.
Torniamo all’attualità.
Essere costretti a peregrinare da un campo (il Salaria Sport Village) per gli allenamenti ad un altro (l’Academy Sport Center) in cui giocate le gare interne rappresenta un limite o uno sprone a fare meglio?
“Senza dubbio, un limite.
Sono dell’opinione che allenarsi tutta la settimana e poi giocare su un campo di cui conosci ogni singolo filo d’erba costituisce sempre un vantaggio.
Quello del campo è un problema evidente e lo abbiamo scontato soprattutto nella prima parte del campionato”.
A dicembre, quando Groos ha deciso di andar via, in molti hanno preconizzato il crollo della Boreale.
E invece…
“Ero stato io a portare Davide alla Boreale e, quando ha deciso di accettare una proposta vantaggiosa dal punto di vista economico, non nego che sia stato un duro colpo per noi.
Sottolineo, però, che la sua è stata una scelta legittima”.
In compenso, Di Gennaro segna con grande puntualità.
“Angelo sta facendo benissimo.
Oltre ai gol, ci mette tanta grinta in campo.
Per noi è una specie di Tevez ed è prezioso anche in fase di non possesso”.
Domenica arriva un Atletico Vescovio, secondo in classifica, carico a mille e reduce da quattro vittorie consecutive.
Siete preoccupati?
“Da quando li conosco, si sono sempre presentati alla partita con noi lanciati, aggressivi e carichi.
Questa settimana hanno parlato e scritto tanto sui social.
Ai loro occhi noi siamo sempre stati i cugini del lato opposto della strada, però negli ultimi due anni da noi hanno perso regolarmente.
Non abbiamo paura, li aspettiamo…”.
A bocce ferme, firmerebbe per un pareggio?
“Sì, tutto sommato potrebbe anche andarci bene.
A me interessa soprattutto vincere le partite con le piccole.
Quelle, per intenderci, dove spesso il Vescovio ha perso punti…”.
Prima si parlava di sacrifici non compiuti.
Ora le chiedo: cosa sarebbe disposto a sacrificare, pur di chiudere gli occhi e poi riaprirli con la Boreale in Eccellenza?
“Di sicuro non sacrificherei il mio ingaggio (ride)…
Non so quale sacrificio potrei fare, però mi piacerebbe moltissimo riassaporare la gioia di vincere un altro campionato.
Vincere non è mai semplice e quello resta l’obiettivo mio e di tutta la squadra”.
Allora, le chiudo di comporre il podio finale del Girone A di Promozione.
Al terzo posto chiuderà…?
“L’Atletico Vescovio”.
Al secondo?
“La Guardia di Finanza attraverso una grande rimonta”.
Ed al primo?
“C’è da chiederlo?
La Boreale”.