Nel corso degli anni il calcio è cambiato e, di riflesso, anche il ruolo del portiere ha subito un evoluzione costante.
Lo sanno bene al Grifone Monteverde dove, da ormai cinque anni, Ugo Trotto allena e cresce gli estremi difensori rossoblu. Un lavoro quasi maniacale che si sviluppa nel corso di tutta la settimana, e basato su allenamenti specifici, schede personali per ogni ragazzo e un monitoraggio costante negli anni. “Il portiere si allena il doppio rispetto ad un giocatore di movimento – dichiara Trotto – un tiro può arrivare al primo minuto come al 90′; ma lui deve farsi trovare sempre pronto, non solo nelle parate ma anche nella gestione della difesa e nello stare in campo perchè è sempre più un giocatore a tutti gli effetti visto che spesso e volentieri gli si chiede di far partire direttamente il contropiede lanciando la punta verso la porta avversaria”.
Non più quindi il numero 1 come estremo difensore, o almeno non solo: “Io sono in campo tutta la settimana e due giorni sono dedicati proprio alla capacità di giocare il pallone con i piedi. In generale, è un lavoro continuo e che iniziamo sin dalla scuola calcio, basti pensare che il nostro portiere più piccolo è addirittura un classe 2011. Ovviamente il lavoro è strutturato a seconda delle caratteristiche di ogni ragazzo e dell’età. Negli anni partiamo con la porta da calcetto, poi passiamo a quella da calciotto per finire con quella regolamentare a 11. Tre fasi di lavoro che sfruttiamo in maniera perfetta grazie alle strutture che abbiamo a disposizione, contiamo una scuola portieri che
annovera 45 ragazzi a dimostrazione di quanto il Grifone Monteverde abbia puntato sulla propria scuola portieri e di come abbia capito l’importanza che questo ruolo ricopre all’interno di un settore giovanile”.
Soprattutto nel settore giovanile, il ruolo del portiere è però esposto a critiche ben più di qualsiasi altro evidenziando come il rapporto con l’errore, fisiologico, sia però un problema non sempre di facile soluzione: “I ragazzi non sono computer e quindi l’errore ci può stare. Ovviamente lavoriamo affinché non avvengano abituandolo ad avere intensità, sopportazione della fatica e soprattutto tenuta mentale. L’intensità d’allenamento è importante perchè è proprio così che lo si allena a gestire situazioni in cui l’errore è più facile che si presenti. Mettendolo sotto pressione lo si costringe in un certo senso all’errore, che però impara così a gestire e a recuperare”
(Ufficio Stampa Grifone Monteverde)