a cura di Massimo Confortini
Un’edizione emozionante, esaltante, quella del 2012 del Beppe Viola. Forse una delle più incerte nel pronostico e con squadre di grande, in alcuni casi grandissima, qualità. Quel Beppe Viola, però, lo vinse il Futbolclub di Marco Mei, squadra alla quale è dedicata la nostra settimana di “amarcord”: abbiamo intervistato il mister, attualmente all’Urbetevere con la categoria dei ’98.
“Eravamo reduci da un grande campionato, ma non pensavamo di poter vincere il Beppe Viola” – esordisce Mei – “Certamente ci speravamo, e a supporto di questo nostro sogno c’era la consapevolezza che a fine anno sarei andato via: i ragazzi hanno messo quel qualcosa in più per rendere indimenticabile quell’annata”.
Il tecnico ricorda poi il percorso all’interno della manifestazione: “Superammo i gironi agevolmente: l’ostacolo più grosso fu l’Ostiamare all’esordio, quando vincemmo nel finale di gara grazie al gol di Ceccaroli. Il punto di svolta è stato probabilmente nella gara con la Tor Tre Teste, nel girone a tre, quando proprio Ceccaroli ha pareggiato a poco dalla fine, e vincendo ai rigori abbiamo avuto l’opportunità di affrontare più serenamente la gara che ci ha portato in semifinale”.
Poi la gara con la Viterbese: “Con loro perdemmo in casa l’ultima di campionato, ma in quella gara non ci fu storia: giocammo un primo tempo eccezionale, e dopo 25’ vincevamo 2-0 con doppietta di Soleri: ci qualificammo per la Finalissima in modo meritato”.
Proprio Edoardo Soleri fu protagonista dell’ultimo atto, ma prima di arrivarci Mei ricorda alcuni flash di quel 21 Giugno 2012: “Ci sono delle istantanee, dei momenti che ricordo con grande emozione, altri con un sorriso: il primo aneddoto riguarda la mattina di quel 21 Giugno, quando Mario Menasci, un mio grande amico, mi chiamò dicendomi che in radio aveva ascoltato Careless Whisper di George Michael, che era nella colonna sonora di quel torneo. Mi disse “Stasera vinci tu”. E aveva ragione”.
Quella mattina, però, arrivò anche una notizia difficile da digerire: “Mi chiamò Edoardo Soleri esordendo con un “Mister, ho la febbre”. Ma voleva esserci a tutti i costi, e così lo portai in panchina. Entrò in campo nella ripresa e nei supplementari regalò un assist sontuoso a Magnifico per la vittoria finale. Ci tengo a fare i complimenti a Edoardo per quello che sta facendo alla Roma. Ha messo la testa a posto, ora si allena con maggiore convinzione e con più impegno: diciamo che è diventato un’ometto (ride)”.
Ed è il momento, per Mei, di ricordare la finale: “Quella Lodigiani era fortissima. Poche volte ho visto una squadra giocare così bene: merito di Diego Bartoli, che ha strameritato la chiamata della Roma. Noi, però, quella sera avevamo qualcosa in più. Mi accorsi che c’era qualcosa di magico nell’aria nell’intervallo, quando i miei ragazzi erano talmente concentrati che non ho dovuto dire nulla: in tribuna c’era frastuono, in campo premiavano Simone Farina col premio di Cultura Sportiva, ma loro avevano la testa solo sul secondo tempo”.
Poi nei supplementari, il gol che ha deciso la Finalissima: “Rimasi immobile, vedevo la fine ancora lontanissima. Ed in mezzo ci fu anche il famoso black-out dell’impianto, durante il quale ho dovuto tranquillizzare i ragazzi, che avevano paura di non poter continuare. Ma rimasero concentrati: un’altra immagine che ricordo con emozione è Lumicisi che termina la gara con la caviglia fasciata, da vero capitano, per condurre i suoi compagni al successo”.
L’allenatore conclude il suo ricordo con un giudizio sulla kermesse: “Vincere la Champions League non è da tutti. Una manifestazione organizzata perfettamente, con degli strepitosi “uomini in blu”. E pensare che quel gruppo di ragazzi sarà per sempre scritto nell’Albo d’Oro di questo torneo mi riempie di orgoglio. Mi hanno regalato un’avventura indimenticabile, e l’istantenea con cui si è chiusa la serata è la prima che mi passa nella mente appena ricordo quei giorni: l’abbraccio con Riccardo, mio figlio, al termine del match. Un’ emozione fortissima“.
Un pensiero viene dedicato, infine, anche all’attuale avventura con l’Urbetevere: “E’ stata una stagione in chiaroscuro, i ragazzi però stanno continuando a dare il massimo, e sono sicuro lo faranno fino alla fine della stagione. Il primo anno all’Urbetevere mi ha fatto capire, comunque, tante cose, e mi ha dato la possibilità di lavorare in una delle società più prestigiose di Roma. Peccato per il black out accusato nel periodo intorno a Natale”.