Sono gli uomini che cadono quelli che più di tutti meritano di essere amati, se non altro perché sono proprio loro che tentano di attraversare.
Ad enunciare quella che, a giudizio del modesto estensore, dovrebbe essere un assioma scolpito nel marmo e non solamente una frase ad effetto riportata, come nel caso specifico, per adornare un pezzo giornalistico fu niente meno che Friedrich Nietzsche.
Così, inchinandoci all’assunto del celebre filosofo tedesco e facendo leva sulla sua consistenza, proviamo a descrivere e ad esplorare l’invidiabile vitalità di un Montespaccato che si è prontamente lasciato alle spalle la dolorosa retrocessione in Eccellenza di un paio di mesi fa per vergare nuove pagine di una storia fatta di orgoglio e di riscatto e che, giorno dopo giorno, viene arricchita da nuovi ed affascinanti capitoli.
Ad imbrigliarne con cura e precisione i contorni non può che essere Massimiliano Monnanni, che oltre un lustro fa dopo l’esperienza genazzanese avviò il progetto, caricandosene sulle spalle buona parte del peso, alla stregua del virgiliano Enea con l’anziano padre.
Gli eventi recenti, segnatamente un azionariato popolare impreziosito da un rimarchevole numero di adesioni ed il ripristino dell’antica e preziosissima denominazione di Gruppo Sportivo Montespaccato, aprono una nuova fase per il club.
Gli obiettivi sono compiutamente descritti nel robusto planning di centoventi pagine stilato dall’autorevole advisory board individuato dal club e capitanato dal Presidente della Covisoc, Paolo Boccardelli.
Le finalità sono ambiziose, ma strettamente connesse ai principi che hanno pervicacemente ispirato la gestione della società nell’ultimo quinquennio.
In qualità di Presidente di Asilo Savoia, Monnanni continuerà ad essere membro fondamentale del club, ma la sua figura sarà assai meno sovraesposta mediaticamente rispetto al passato, proprio perché il nuovo statuto darà presto vita ad una struttura in cui non ci sarà più un singolo predominante, ma una serie di figure che ne garantiranno la vita e lo sviluppo.
Presidente, la stagione che si è appena conclusa per il Montespaccato si è rivelata bifronte.
Ad un doloroso ritorno nel Campionato di Eccellenza hanno fatto da contraltare gli strepitosi successi della formazione femminile ed i grandi traguardi extracalcistici ottenuti con la definitiva assegnazione dell’impianto di via Stefano Vaj ed il portentoso numero di adesioni raccolte grazie alla campagna di azionariato popolare.
Da cosa cominciamo?
“Credo sia doveroso cominciare dalla campagna di azionariato popolare, che ci ha visto superare la quota di milleduecento unità.
Ormai possiamo dire che il Montespaccato si è realmente trasformato in qualcosa di diverso anche grazie al ritorno alla denominazione originaria di Gruppo Sportivo.
Saremo una realtà che avrà al suo interno persone fisiche e giuridiche e per questo ringrazio tutti i soggetti che hanno aderito, con una particolare menzione al Comune di Roma, al Telefono Azzurro, al Telefono Rosa ed al Moige.
Presto dovrebbe arrivare anche il sostegno della regione Lazio”.
In quale direzione verranno mossi i prossimi passi?
“Senza dubbio, la public company.
Il Gruppo Sportivo Montespaccato sarà una società priva di un dominus, ma con una serie di soggetti che garantiranno linee guida ed orientamento attraverso la condivisione di valori specifici.
Questa nuova configurazione comporterà una serie di cambiamenti: tra settembre ed ottobre daremo vita alla prima assemblea dei soci che dovrà generare il nuovo Consiglio Direttivo.
Dovremo trovare la giusta modalità per consentire a tutti di esprimere in maniera democratica le proprie idee, ma siamo fiduciosi di riuscirci.
Nel frattempo, Asilo Savoia ha designato Antonello Tanteri come Amministratore Unico.
Questo porterà anche ad un cambio di marcia nelle relazioni con i media, perché il Montespaccato sta diventando una società che esprime e connota una collettività.
Se prima avevamo lo scopo di mettere in sicurezza il club dopo i tristi eventi del passato, ora vogliamo dare voce alle varie sensibilità del territorio e garantire la crescita professionale di figure interne.
Mi riferisco ovviamente a quei ragazzi che da anni stanno vivendo un percorso con noi.
Io stesso farò un passo indietro ed apparirò meno rispetto alle scorse stagioni.
Trovo giusto che il modello-Montespaccato venga reso visibile attraverso i suoi nuovi attori”.
Quali saranno i criteri ispiratori?
“Con il grande rammarico di una retrocessione si è appena concluso un ciclo di Talento & Tenacia che andava avanti dal 2017.
Dopo quasi 6 anni si apre una fase biennale o triennale in cui si costruirà attraverso la maturazione dei ragazzi delle nostre giovanili.
In linea generale, l’obiettivo è riportare in questo lasso di tempo la squadra ad una categoria superiore.
Andrea Bussone ha ampiamente dimostrato in passato di saper lavorare benissimo con i ragazzi e noi struttureremo una rosa che poggi su un mix di elementi esperti, ma in cui gli under, beninteso quelli meritevoli di essere schierati e non semplicemente impiegabili per un formale adempimento alle normative, avranno un ruolo centrale”.
Con il senno di poi, quali aspetti non sono funzionati quest’anno in Serie D?
“Probabilmente l’errore principale è scaturito dalla tempistica legata al cambio di allenatore.
Bussone è subentrato dopo la chiusura della finestra invernale di calciomercato e ciò gli ha impedito di indicare elementi più funzionali alla sua idea di gioco.
In aggiunta a questo, ma non vuole certo essere letto come un alibi, dico pure che dal 29 settembre fino al mese di marzo noi tutti abbiamo vissuto una situazione di profonda incertezza legata al destino della società.
I dubbi e le voci legate ad un’eventuale revoca della confisca hanno finito con l’impattare molto negativamente su tutti, facendo germogliare un elemento esogeno e negativo che non ci ha agevolato”.
Un triennio in Serie D il Montespaccato non lo aveva mai vissuto nel corso della sua storia…
“È vero e ne siamo fieri, perché in precedenza quella categoria qui si era vista solo per un singolo campionato.
Qualcuno sottolinea che siamo stati promossi in seguito all’interruzione dei campionati dettata dall’insorgere della pandemia, ma al momento dello stop eravamo primi e la controprova di come sarebbe terminata la stagione 2019/20 non l’avremo mai.
Arrivare in Serie D faceva comunque parte dei nostri obiettivi, anche se forse ci siamo arrivati prima del previsto e sobbarcandoci una serie di impegni molto onerosi.
Da semplice cittadino, piuttosto, io mi interrogo su un aspetto, se mi è consentito”.
Prego.
“Io mi chiedo se poi valga così la pena salire in Serie D e restarci per anni senza avere la concreta speranza di accedere alla categoria superiore.
Che senso ha restare a lungo in una categoria che non prevede alcun tipo di supporto e che non veicola certamente sponsorizzazioni significative come accade tra i professionisti?
Dal mio punto di vista, arrivare in D dovrebbe essere propedeutico ad una successiva promozione, altrimenti non ha alcuna logica.
Purtroppo noi eravamo in una fase di gestione transitoria e legata al procedimento giudiziario, elemento che di fatto ci ha precluso la possibilità di stilare una programmazione più ambiziosa a medio-lungo termine.
Aggiungo poi che quello dell’impianto è un falso problema, perché a Roma, escluse le due società principali che militano in Serie A, nessun club può vivere di bigliettazione e non può rappresentare un problema andare a giocare due volte al mese al di fuori della città.
Piuttosto il punto centrale è costruire una società forte, solida e strutturata, cosa che, mi permetto di sottolineare, il Montespaccato sta facendo in una maniera probabilmente unica nel panorama nazionale
Noi la rafforzeremo attraverso una serie di figure determinanti che saranno garantite, com’è giusto che sia, da contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Questo è un assunto fondamentale per radicare la struttura, anzi lo ritengo un elemento di resilienza della società stessa.
Se non ci si muove secondo criteri corretti, si finisce con il costruire sulla sabbia.
L’advisory board ha fissato un piano quinquennale attraverso un rafforzamento societario che passerà attraverso l’inserimento di ragazze e ragazzi che stanno crescendo con noi fino a renderli pienamente autosufficienti.
Uno degli esempi più calzanti è Bruno Sismondi, che da anni è con noi e che nella prossima stagione sarà al timone di una nostra formazione di settore giovanile.
Vogliamo consolidare tutte le figure professionali presenti in seno alla società, dal responsabile della logistica ai fisioterapisti.
Quello della salute e del benessere dei nostri tesserati rappresenta un punto di capitale importanza per noi.
Io credo che gli investimenti vadano direzionati in modo intelligente, altrimenti si cade in una concezione errata e datata.
Per intenderci, noi vogliamo provare a fare calcio, non pallone”.
Non posso davvero esimermi dall’interrogarla sulla meravigliosa stagione vissuta dalle ragazze della vostra squadra femminile.
“Essere stati promossi in Serie C dopo appena due anni di esperienza in Eccellenza e grazie ad una rosa che, nei fatti, è stata costruita partendo da zero rappresenta un motivo di enorme orgoglio.
Il successo in campionato ed in Coppa Lazio delle nostre atlete è pienamente in linea con la policy del Montespaccato che si propone di investire sui segmenti a forte impatto sociale.
Avere una formazione vincente vuol dire essere un polo di attrazione per tante bambine del quartiere che desiderano giocare a calcio, innescando in questo modo fenomeni di riequilibrio alla voce “parità di genere”.
Il cambio di denominazione da Polisportiva a Gruppo Sportivo è importante perché faremo anche altre attività al di fuori del calcio, così come sarà fondamentale la riqualificazione del campo Fogaccia, contiguo al Don Pino Puglisi.
Vogliamo costruire uno spazio polifunzionale ed aperto anche ad altre attività e regalare a Montespaccato un centro aggregante e pienamente inclusivo”.
L’azionariato popolare è stato un successo.
Quali saranno i prossimi passi e le prossime iniziative del Montespaccato?
“Nello statuto è scritto con grande chiarezza che i soci sono tenuti all’accettazione ed alla rigida osservanza di un codice etico, pena la decadenza immediata.
L’obiettivo, torno a ripetere, è arrivare in un paio d’anni ad una public company.
Per quanto mi riguarda, io sono stato una sorta di accompagnatore all’interno di questo processo di crescita.
Un po’ come fece Enea caricandosi sulle spalle suo padre Anchise.
Al nostro arrivo questa società era stata ricoperta da infamia, oggi l’abbiamo riconsegnata più bella.
Io non avrò ruoli direttivi, ma esisterà una collegialità scaturita da un consiglio che avrà piena e totale autonomia nell’ambito dei dettami previsti dal piano dell’advisory board e nel rispetto del budget”.
Cosa sogna per l’avvenire il Presidente Massimiliano Monnanni?
“Sono dell’opinione che ciò che realmente conta nella vita non sia un particolare momento, ma il processo che ti porta a viverlo.
Una società sportiva diventa forte, se si migliorano le strutture e si curano le professionalità.
Questa è la strada da percorrere, altrimenti non si va lontano.
Le riforme imporranno ai club maggiori sacrifici ed un incremento di oneri e questo potrebbe portare alcuni ad avere la tentazione di battere strade alternative e non oneste.
Venerdì prossimo incontrerò il Ministro Andrea Abodi e gli sottoporrò l’idea di creare un protocollo d’intesa con la Guardia di Finanza per rendere difficile la vita di chi elude le regole a discapito dei tantissimi dirigenti sportivi che invece si fanno in quattro per mandare avanti nella legalità i propri club di appartenenza.
Questi ultimi devono essere tutelati.
Il calcio deve instillare speranza in tutti coloro che lavorano in questo settore in maniera corretta e virtuosa”.