Pochi giorni dopo il suo addio al Trastevere dopo un percorso lungo tre anni, Stefano Mattiuzzo ha abbracciato il progetto di Roberto Di Paolo che lo ha fortemente voluto con sé ad Ostia.
Il calcio, si sa, è strano e spesso segue traiettorie imperscrutabili.
A volte, accade che al destino piaccia che i cerchi prima o poi si chiudano e così, a distanza di diciotto anni da quella meravigliosa primavera del 2003 in cui Ostia seppe regalarsi di nuovo la Serie D, in via Amenduni tornino alcuni dei protagonisti di quell’annata intensa e vincente in cui i biancoviola tagliarono per primi il traguardo davanti al Civitacastellana ed al San Filippo Neri.
Storie di un passato che sembra lontano, ma che pure torna a bussare alla porta e così, dopo la lunga e florida presidenza di Luigi Lardone, ecco tornare all’Anco Marzio eroi di un tempo che chi ha a cuore i vessilli biancoviola non ha mai dimenticato.
Tra questi c’è Mattiuzzo, che da calciatore è stato un centrocampista di grande livello del nostro calcio, leader in campo e nello spogliatoio in tutte le esperienze che ne hanno segnato la carriera agonistica, e che da direttore sportivo ha già ampiamente dimostrato, ovunque sia transitato, di possedere qualità dello stesso tenore.
Direttore, cominciamo dal recentissimo passato.
Tirando le somme, il bicchiere del Trastevere al termine dell’ultima stagione si può considerare mezzo pieno o mezzo vuoto?
“Non è semplice dare una risposta a questa domanda.
Alla fine penso comunque che si possa considerare mezzo pieno.
Se analizziamo quanto fatto nell’ultima stagione in base ai programmi stilati ad inizio anno, ritengo ci sia da fare i complimenti al Trastevere.
Abbiamo vinto i play-off e ci siamo lasciati alle spalle realtà importanti come il Siena.
La nostra non è stata un’annata facile, abbiamo avuto numerosi problemi legati agli infortuni ed attraversato un mese e mezzo molto complicato in una fase delicata del torneo.
Resta chiaramente anche un po’ di amarezza per quanto potevamo fare e non siamo riusciti a concretizzare.
Mai avrei pensato che saremmo stati ripresi così rapidamente quando avevamo una dote di dieci punti di vantaggio.
Personalmente non mi era mai accaduto e non nascondo che è stata una botta forte…”.
Ogni esperienza ci aiuta a maturare ed a crescere.
Quella in via Vitellia in che modo ha migliorato Stefano Mattiuzzo?
“E’ stata un’esperienza importante e formativa.
Nel corso di queste stagioni il Trastevere ha avuto una crescita costante e significativa.
Grazie al lavoro del Presidente e di tutto lo staff ormai è un club di primissima fascia.
Per quanto mi riguarda, posso senz’altro affermare che il Trastevere ha dato tutto a Stefano Mattiuzzo e Stefano Mattiuzzo ha dato tutto se stesso al Trastevere”.
Il legame da te instaurato con Pier Luigi e Flavio Betturri è sotto gli occhi di tutti.
È un’esagerazione affermare che solo Roberto Di Paolo avrebbe potuto convincerti a concludere il tuo periodo al Trastevere?
“La decisione di lasciare il Trastevere nasce principalmente dalle motivazioni.
Per esprimermi al massimo io devo essere motivato al massimo e dopo una lunga riflessione ho ritenuto giusto interrompere il mio percorso con il club.
In tal senso, è evidente che la chiamata di Roberto Di Paolo sia stata un fattore decisivo, dal momento che abbiamo già lavorato e vinto insieme e conosco perfettamente la sua persona, il suo modus operandi e le sue ambizioni.
Tutto questo è stato importante nella valutazione che ho fatto, ma voglio anche sottolineare che fino a neppure dieci giorni fa per me esisteva soltanto il Trastevere e fino all’ultimo momento mi sono chiesto se avesse senso o meno continuare il mio rapporto con il club o provare una strada diversa, cercando sempre di essere onesto con me stesso e con chiunque altro”.
Per quei pochi che non lo conoscessero puoi raccontarci l’uomo Roberto Di Paolo?
“Io Di Paolo l’ho conosciuto sia da calciatore che da dirigente e conosco perfettamente le sue qualità, pur avendo caratteri piuttosto diversi.
Roberto è una persona schietta, sanguigna, è uno che, quando si mette in gioco, lo fa solo per vincere.
Non è un caso che chiunque abbia lavorato con lui ne abbia mantenuto un ricordo positivo ed abbia sempre cercato di ritrovarlo.
In aggiunta a tutto ciò, sono anche molto contento di tornare a lavorare con una persona che stimo molto come Marcello Nicolucci”.
L’Ostiamare viene da una presidenza virtuosa e lunga diciotto stagioni come quella di Luigi Lardone.
A suo giudizio, da quali valori deve ripartire il nuovo corso?
“In questi anni l’Ostiamare ha avuto un grande Presidente, sul conto del quale mai nessuno ha sentito una parola fuori posto.
La società si è sempre contraddistinta per la sua serietà e per la sua affidabilità e questi valori andranno sicuramente salvaguardati e mantenuti, fermo restando che ogni struttura ha le sue modalità operative.
Di certo, però, non ci discosteremo dai principi che hanno caratterizzato l’Ostiamare nel corso di queste stagioni”.
L’insediamento della famiglia Di Paolo e l’arrivo di personalità forti come la tua, quella di Nicolucci e di mister Gardini hanno creato fermento tra i tifosi.
È un tabù pensare fin da subito ad un salto di categoria, oppure la prima stagione sarà transitoria in vista del futuro?
“Conoscendo Di Paolo, uno come lui non ama affatto giocare per partecipare, ma lo fa per essere protagonista.
Noi lavoreremo per questo, però ricordo che per vincere i campionati non è sufficiente prendere ottimi giocatori.
L’esperienza mi insegna che serve comporre un’alchimia che parta da una struttura societaria importante.
E’ necessario creare un sistema oliato e che duri nel tempo.
La Serie D non è uno scherzo, ma rappresenta un campionato ormai molto vicino al professionismo.
Anche a Trastevere è stato svolto un lavoro di questo tipo e la crescita esponenziale del club ne è la riprova”.
Roberto Di Paolo ha definito l’Ostiamare il suo primo grande amore.
Stefano Mattiuzzo, che pure conosce benissimo il peso della maglia biancoviola per averla indossata, a cosa ha ripensato quando si è aperta la possibilità di tornare in via Amenduni?
“Ho conosciuto Roberto Di Paolo proprio nell’anno in cui vincemmo il torneo ad Ostia.
Io venivo da Frosinone e lui mi volle con forza nonostante fossi infortunato.
Da calciatore ho vissuto stagioni emozionanti, come ad esempio a Rieti, ma forse quella in biancoviola per me è stata la più bella in assoluto, vuoi perché coincise con il mio matrimonio e con la nascita di mia figlia, vuoi perché vincemmo il campionato grazie alla compattezza di un gruppo che a distanza di tanti anni ancora adesso si sente e spesso organizza cene per stare insieme, a testimonianza del fatto che in quello spogliatoio c’erano valori importanti”.
Se potessi restituire il fiore della giovinezza ad uno dei tuoi compagni di allora, chi sceglieresti?
“Forse punterei su De Luca.
Giampaolo è stato un attaccante straordinario, ma al di là dei gol il suo era un profilo davvero importante in campo e fuori”.
Tra i giocatori attuali in chi ti rivedi?
“Difficile dirlo.
Io ero un giocatore particolare, magari non straordinario sotto il profilo tecnico ma dotato di carisma.
Non l’ho mai avuto alle mie dipendenze, ma da osservatore esterno uno che credo mi assomigli molto sotto il profilo caratteriale sia Marco Paolacci”.
Così, con uno sguardo rivolto al presente ed uno puntato verso i prossimi mesi, può dirsi cominciata la seconda avventura di Stefano Mattiuzzo ad Ostia in coppia con quel Roberto Di Paolo che lo ha fortemente voluto con sé per il suo progetto.
Con la speranza che i fasti del passato siano semplicemente preludio ad una nuova fase di successi nel prossimo futuro.