Un mese fa, Pino Porcelli ha fatto vivere ai suoi amici un grande spavento.
La notizia della sua positività al virus ha immediatamente fatto il giro del nostro ambiente e numerosi addetti ai lavori hanno offerto sostegno e solidarietà, totale e sincera, al tecnico dell’Ottavia, uno dei volti più riconosciuti del calcio laziale.
Per fortuna, la brutta disavventura vissuta dall’esperto allenatore romano e dai suoi familiari è stata brillantemente archiviata.
“Credo di essermi contagiato dopo un pranzo con la squadra successivo al match con lo Sporting Ariccia – esordisce ai nostri microfoni Porcelli – In realtà, non so nemmeno io come sia accaduto perché siamo sempre stati attentissimi e dall’inizio del campionato abbiamo fatto quattro volte il tampone.
Dalla notizia della mia positività (datata il 12 ottobre, ndr), ho vissuto giorni terribili.
Ripensando a quelle immagini terribili che tutti vedevamo in televisione a marzo, temevo che prima o poi si manifestassero i sintomi.
Mi è sembrato come si mi crollasse il mondo addosso, credetemi.
In famiglia lo abbiamo contratto tutti, ma per fortuna rimanendo asintomatici.
Questo virus terribile ha sottratto un anno di vita a tutti, specie agli over 60. Chi ce lo restituirà?”.
Domande alle quali è impossibile dare una risposta e che si collocano in quel clima di malinconica incertezza che, di riflesso, permea anche il calcio laziale.
“Ho aderito alla lettera aperta dei miei colleghi allenatori perché ritengo che qualche errore si sia commesso – sottolinea il tecnico – Ade esempio, trovo ingiusto chiudere gli uffici del Comitato Regionale in questo momento di difficoltà, perché da lì deve partire una forma di vicinanza alle società.
Basterebbe una lettera ogni tanto, come accaduto ieri ad esempio, per non farle sentire abbandonate.
Qui parliamo di realtà che hanno investito somme non indifferenti per i kit e per la messa in sicurezza degli impianti sportivi.
Vogliamo parlare dei punti di ristoro, o magari dei campi di calcio a cinque o di calciotto?
Nel caso dell’Ottavia e di tanti altri club, da essi provengono introiti molto importanti per l’attività.
Ora è tutto chiuso, con le conseguenze che potete immaginare…”.
Come uscirne?
“Io il Presidente Zarelli in passato l’ho sempre lodato, per me è il numero uno e gliel’ho pure detto, sia in pubblico che in privato.
Voglio anche ringraziarlo perché nelle scorse settimane è stato gentile ad informarsi delle mie condizioni anche attraverso il direttore sportivo Bernardo Iannicelli – sottolinea Porcelli – Lui però è il capitano della nostra nave, da lui ci attendiamo comunicazioni circa l’eventuale proseguimento della stagione.
Le società hanno il diritto di fissare degli obiettivi, che siano riferiti al mese di gennaio, febbraio o direttamente a quello di settembre.
Chiediamo solo vicinanza e chiarezza.
L’ultima comunicazione ci impone di stare fermi fino al 4 dicembre, poi cosa accadrà?
Grazie al cielo non è il mio caso, ma qui c’è parecchia gente che con il rimborso del calcio riesce a pagarsi il mutuo”.
Il tecnico espone allora la sua idea.
“Da parte del Comitato Regionale sono state stabilite modalità di rimborso in base al numero di chilometri percorsi per disputare le gare.
Io destinerei invece quei soldi all’effettuazione di tamponi, che adesso hanno costi più accessibili, rendendoli obbligatori un paio di volte al mese.
In questo modo, probabilmente, sarebbe possibile riprendere a giocare.
Le statistiche, peraltro, ci dicono che una percentuale irrisoria di contagi avviene durante gli allenamenti o in partita.
I problemi derivano da fattori esterni alla pratica sportiva.
Se proprio non sarà possibile portare a termine questa stagione, allora si riparta con questi gironi direttamente a settembre 2021, ma ci facciano sapere qualcosa prima possibile.
Ribadisco: servono indicazioni precise”.
Dal presente al passato: Porcelli ripercorre gli step di una passione che lo porta a navigare i flutti del calcio laziale da oltre cinquant’anni.
“Ho svolto tutta la trafila nel settore giovanile della Pro Roma che, a quei tempi, era tra le società più importanti del nostro panorama regionale.
Di lì in poi, altre esperienze con la Zarlenga Portuense in cui il mister era Franco Mezzatesta, con il Monteverde, con il Ceprano, con il Pian Due Torri e con l’Ostiense.
Quando è nato il mio secondo figlio, ho detto basta e mi sono dedicato al lavoro, però la passione per il calcio è rimasta intatta ed ho cominciato a stare in panchina, facendo il secondo a Fernando Borrelli al Trullo”.
Una traiettoria di vita che, dopo il conseguimento del patentino e la gavetta nei settori giovanili di Nuova Spes, Fiumicino e Forte Aurelio, lo portò al quadriennio epico nella Romana Gas.
“Eravamo proprio un bel gruppo di lavoro con Baldassarre, Cinicia e Mezzatesta – ricorda l’allenatore – Riportammo tutte le nostre formazioni di settore giovanile nei campionati regionali e la prima squadra in Eccellenza.
La soddisfazione più grande fu quella di portare tutti i ragazzini in ritiro al Monte Amiata senza chiedere una lira ai genitori.
Oggi chi sarebbe disposto a farlo?”.
Conclusa l’esperienza in via delle Idrovore della Magliana, ecco quelle con Gallese, Torrimpietra, Anguillara, Pro Calcio Acilia, La Storta, ma soprattutto Corchiano.
“Lì ho trascorso tre anni meravigliosi – sorride Porcelli – Probabilmente i più belli ed emozionanti”.
Tra le centinaia di calciatori allenati nel corso degli anni, il tecnico romano ne indica due in particolare.
“Marco Mei è stato il mio capitano per sei stagioni, è un ragazzo splendido, uno che ancora cita nel suo spogliatoio le frasi che dicevo io tanti anni fa.
Per me lui può e deve fare il professionista, perché é uno che il calcio lo studia e si aggiorna costantemente – rimarca il mister – Tra coloro che invece mi hanno sorpreso maggiormente cito Andrea De Angelis.
Lo scorso anno, reduce da una stagione con gli Allievi della Lodigiani, si presentò a Genazzano insieme a suo padre, il quale ci disse che avrebbe firmato per noi solo se suo figlio avesse giocato in prima squadra e non nella Juniores.
Sulle prime non posso negare che provai un certo fastidio, ma poi sono rimasto molto colpito dalle qualità di questo ragazzo che faceva la fascia a cento all’ora.
Oggi milita nella Primavera del Genoa e questa, credetemi, è una soddisfazione che vale quanto la vittoria di un campionato”.
La fase più recente è strettamente connessa all’Ottavia, club dove è tornato al termine della breve esperienza di Genazzano.
“Qualcuno, in passato, ha fatto illazioni sul mio conto, dicendo che per allenare porto in dote gli sponsor, ma non è così – afferma categorico Porcelli – Anzi, sfido chi ha le prove di ciò a presentarle ed io gli presenterò un accredito di diecimila euro.
La verità è che in molti predicano bene e razzolano male, io con il calcio non ci campo, anzi spesso ci ho pure rimesso.
Il manager alla “Ferguson” ho cominciato a farlo solo qui in via delle Canossiane, dove mi occupo anche di questi aspetti, ma è stata una mia scelta e non è stata vincolante al mio ritorno”.
Quella con l’Ottavia sembrava una storia d’amore chiusa dopo l’addio, burrascoso, di dodici mesi prima.
“Il primo passo l’ho fatto io, perché ritengo che, se sei innamorato di qualcuno e capisci di aver sbagliato, devi essere pronto ad assumerti le tue responsabilità – ammette l’allenatore biancoblu – A Genazzano sono stato bene, ma il mio primo pensiero era sempre per l’Ottavia.
Mio nipote Federico, che ha dodici anni e gioca nel nostro settore giovanile, è un tifoso accanito.
La domenica, al termine delle partite, la prima telefonata la ricevevo da lui che mi sfotteva se avevo perso e l’Ottavia, invece, aveva vinto.
Per me questa società rappresenta qualcosa di molto importante a livello affettivo: quando si è presentata l’occasione di tornare qui, mi sono detto che, nel caso in cui la cosa non fosse andata in porto, avrei smesso.
In passato, ci sono state delle incomprensioni, ho provato rabbia come se mi avessero sottratto qualcosa di prezioso.
Qualche personaggio ha messo in testa strane idee alla dirigenza, proponendo questo o quell’allenatore, ma per fare calcio servono idee chiare e risorse che nessuno è stato in grado di convogliare.
Se in pochi anni questa società dalla Prima Categoria è arrivata in Eccellenza, una parte del merito è anche mia, così come non nego l’importanza che ha avuto l’ex direttore sportivo Emanuele De Lieto, al quale continuo comunque ad essere affezionato.
Quando il presidente Braconi ed il vicepresidente Maselli mi hanno convocato per parlare del mio eventuale ritorno, mi sono presentato con un’ora e mezzo di anticipo, tanta era la voglia di tornare qui”.
Altrettanto forte è il desiderio di organizzare la decima edizione del memorial dedicato al fratello Mauro, divenuto nel tempo un appuntamento sempre più significativo ed avvincente.
“Ogni volta che parlo di Mauro, mi viene da piangere – dice Porcelli – Lui è sempre nel cuore mio ed in quello di Luigi.
Quando ci riuniamo con gli amici di sempre, inevitabilmente finiamo col tirar fuori le sue storie, i suoi aneddoti.
Era una persona generosa, l’uomo più buono che abbia mai conosciuto ed il destino è stato profondamente ingiusto con lui che, dopo tante sofferenze, meritava di godersi i frutti del suo lavoro.
Quest’anno il torneo si svolgerà nel mese di giugno e sarà dedicato alla categoria Allievi Fascia B”.
In che modo si potrà ripartire continua ad essere la questione preponderante.
Porcelli ha pochi dubbi in merito.
“Serve un nuovo protocollo e serve soprattutto aiuto da parte del governo e degli organi di competenza.
Occorre che gli investimenti vadano in questa direzione, incentivando l’uso più frequente dei tamponi e di ogni accorgimento collegato alla sicurezza.
La prima parte della ripresa dovrebbe essere dedicata al recupero delle gare rinviate nelle settimane scorse e poi, a partire da gennaio e con un protocollo più aggiornato, si potrebbe riprendere a giocare.
Tutti noi vogliamo tornare a vivere pienamente, vogliamo tornare a respirare calcio”.