Stanno provando a farlo smettere, ma ben difficilmente ci riusciranno.
Poco importa che sulla carta d’identità sia stampato il numero 1980 perché, se è vero che ormai da anni i giovani in età di lega rivestono un ruolo fondamentale nel nostro calcio, la vecchia guardia sa ancora riempire gli occhi con un entusiasmo che costituisce un esempio per i ragazzi alle prime armi ed allo stesso tempo un piacere per gli occhi per gli attempati frequentatori (e cronisti, sic) di questo ambiente.
Parli con Maurizio Alfonsi e gli aneddoti di anni di dilettantismo laziale vengono giù a cascata, uno dopo l’altro.
Pagine che magari il tempo ha oramai ingiallito ma che richiamano storie superbe di campionati vinti e festeggiati con la gente che invoca il tuo nome, tipo quell’anno a Gaeta, quando una squadra formidabile trionfò, precedendo avversarie tutt’altro che tenere.
“L’ultima partita al Riciniello c’erano ottomila persone, uno spettacolo – ricorda ancora emozionato – Gaeta è una piazza speciale, che si nutre di calcio.
Se riacquisisce entusiasmo, sono convinto che già quest’anno potrà togliersi soddisfazioni”.
I tifosi biancorossi lo chiamavano “Magic Box” e lui ricambiava con numeri che hanno letteralmente fatto la storia qui nel Lazio, dove tornò stabilmente nel 2004, vincendo subito l’Eccellenza con il Pisoniano di Francesco Montarani e dei vari Turazza, Di Donato e Iannotti.
Gol realizzati in ogni modo, su palla inattiva o in acrobazia, assist dispensati a colleghi di reparto che, ancora oggi a distanza di anni, dovrebbero ringraziarlo ogni volta che lo incrociano.
A quei tempi, ogni partita di Alfonsi era uno spettacolo, anche se pare che in allenamento fosse in grado di produrre numeri ancor più incredibili.
Un talento che avrebbe meritato di più e che è rimasto circoscritto tra i dilettanti, anche per colpa di un carattere che non sempre gli ha fatto prendere la decisione giusta.
“Il rammarico principale resta l’Ostiamare – sintetizza di getto Alfonsi – In biancoviola sono stato benissimo, non me ne sarei mai dovuto andare.
Purtroppo ho sbagliato…”.
Pugni che stringono una rabbia mai lenita, ma che poi immediatamente si sciolgono al pensiero di uno di quei gesti che hanno un peso nella vita di un essere umano.
“Due domeniche fa ero all’Anco Marzio per la partita con il Muravera ed alla fine del primo tempo il presidente Lardone mi ha chiamato a sé e mi ha abbracciato in tribuna davanti a tutti – racconta visibilmente commosso Alfonsi – Non me lo aspettavo, non ci parlavamo da anni.
Lui non mi aveva mai perdonato di essere andato via”.
Un gesto nobile, degno della persona garbata ed universalmente stimata che è il numero uno di via Amenduni.
“Dopo avermi abbracciato, mi ha detto che, da quando non gioco più qui, non ha più visto un calciatore con le mie qualità nè con la maglia dell’Ostiamare, nè con quelle delle formazioni rivali – prosegue l’ex numero 10 di Fidene, Palestrina ed Anzio – Al presidente Lardone ho voluto, voglio e vorrò sempre bene.
Spero con tutto il cuore che, un giorno, le nostre strade tornino ad incrociarsi”.
Rimanendo in tema, la squadra di Raffaele Scudieri gli piace.
“Tra le laziali è una di quelle che mi piacciono di più, mi sembra molto quadrata ed insieme a Monterosi, Flaminia ed Albalonga può regalarci soddisfazioni – dice il giocatore – La suddivisione delle nostre squadre in tre raggruppamenti diversi è un fatto positivo.
Il girone che comprende anche formazioni toscane ed umbre lo conosco molto bene ed è affascinante: al suo interno ci sono piazze molto importanti e si gioca su campi bellissimi.
Mi fa piacere che ci si torni a confrontare con club campani dopo qualche anno.
Un tempo, dovevamo vedercela con almeno quattro, ora nel Girone G ce ne sono due, ma di grande qualità.
In Eccellenza mi ispirano Gaeta, Insieme Ausonia e naturalmente la Tivoli del mio amico Piro.
Daniele è un giocatore che nel corso degli anni è molto migliorato sotto il profilo tecnico, forte fisicamente e molto veloce.
In qualche modo io e lui siamo simili: potevamo e forse dovevamo raggiungere categorie diverse”.
Il rammarico, condiviso dai più, risiede soprattutto nel livello complessivo del nostro calcio.
“E’ inutile negarlo, si è abbassato molto – concorda Alfonsi – Ho già visto partite di Serie D ed Eccellenza ed ormai faccio fatica a riconoscere i giocatori.
Per fortuna, ci sono ancora dei “vecchietti” che non tradiscono mai, prendete gente come Romondini, Piccheri o Carnevali.
Lo stesso Fazi non è più un ragazzino e domenica ha esordito segnando una tripletta.
La morale è presto detta: quelli vecchio stampo come noi possono ancora farla la differenza”.
Cercasi nuova sfida, dunque, con tanti saluti a quel numero di quattro cifre impresso sul documento d’identità.
“Lo scorso anno avevo cominciato bene a Palombara, segnando sei reti in dieci gare, poi la società si è dissolta.
La stagione l’ho così proseguita vicino casa, con il Pian Due Torri in Promozione, ed abbiamo centrato la salvezza diretta alla terzultima di campionato.
Fisicamente sto bene, dunque perché dovrei smettere?”.
Ad un eventuale presidente interessato al suo contributo in campo, lui presenterebbe le proprie ragioni con la consueta schiettezza.
“Gli direi di puntare su di me perché ho ancora voglia di mettermi in gioco e di praticare questo sport meraviglioso, il più bello del mondo.
Non ho mai saltato un allenamento e sono integro.
Sono certo che saprei dimostrare con i fatti che sono ancora animato da stimoli importantissimi”.
E se lo dice quel geniaccio di Maurizio Alfonsi, potete metterci la mano sul fuoco.