A cura di Giovanni Crocé
Fabio Ceccarelli, prima punta classe 1983, sei una sorpresa solo per chi non ti conosce, ma arrivare a quota 16 ti rende uno dei re del gol del girone G…
Hai detto bene, ma se adesso ho più gol che presenze col Palestrina, dove sono arrivato nel mercato invernale di riparazione, per fortuna significa che sono quello di sempre, ovvero uno che alla media realizzativa, da vero attaccante, tiene tantissimo. Il mio vero cruccio personale è non aver mai raggiunto o superato quota 20 gol perchè per uno che si sente “9” dentro, nel calcio, è il simbolo della vittoria, un numero vitale a livello di realizzazioni che spero magari di oltrepassare ora che, passato dal San Cesareo al Palestrina, sono a 16 complessivi, visto che non è mai troppo tardi per porsi un sogno più grande nella vita e nel calcio….
Come mai questo fatidico numero “20” nella tua casella da goleador di razza, non è ancora arrivato?
Se guardi le presenze, nella mia carriera o per problemi fisici, o per il disfacimento strutturale delle società in cui mi trovavo, a un certo punto non ho potuto quasi mai iniziare e finire un singolo campionato. Sono fatti realmente accaduti, spesso ho più gol che presenze e certe volte la fortuna fa fare quel qualcosa in più che nel calcio porta più in alto. Ho iniziato nel settore giovanile della Lazio come mio papà Giancarlo, campione d’Italia Primavera oltre 30 anni fa, da centrocampista che esordì anche nella Lazio di mister Maestrelli. Feci tutta la trafila fino alla formazione Primavera guidata già nei primi anni del 2000 da Alberto Bollini e diventai capocannoniere del Torneo di Viareggio con 6 gol in 4 partite l’anno che nell’Inter c’erano attaccanti davvero fenomeni quali Pandev e Martins, fece scalpore che il macedone ne fece 6 come me ma in 7 partite. Purtroppo finii la mia vita nella Lazio l’anno prima dell’arrivo in società di Lotito, quando già il settore giovanile laziale versava in difficili condizioni e alla fine di quella stagione noi “Primavera” venimmo lasciati liberi, tutti. E se guardi a quella formazione su una ventina, oggi 10 almeno hanno giocato il vero calcio professionistico tra C, B ed A, basti pensare a “Nando” Sforzini e ad altri che tutt’ora poi sono stati bravi a ritagliarsi i loro spazi.
Poi il tuo giro del Lazio e d’Italia appare davvero vorticoso a leggere le tue squadre, con gol comunque sempre presenti a fare da segnale distintivo, quasi sempre in doppia cifra…
Vedi, la realtà è che come molti stanno dicendo anche adesso nel nostro girone G è che anche fuori dal Lazio ci sono squadre allestite davvero bene dal punto di vista tecnico, con grandi giocatori, che partono bene ma poi non venendo pagati, i giocatori, naturalmente e giustamente dico io, pian piano calano il proprio rendimento e poi a dicembre appena possono se ne vanno. A me è successo più di una volta, l’ultima a Sulmona un campionato fa: l’8 dicembre andai via dal sodalizio abruzzese che avevo fatto già 10 gol in 15 gare a dicembre, poi però venimmo invitati in blocco ad andare via perchè soldi non se ne vedevano, e ancora prima a Brindisi, ero appena arrivato ma poi si venne a scoprire in seguito che le società non avevano più la solidità di un tempo nè in ambito economico nè organizzativo e quindi mi sono visto costretto ad andare via anche a metà stagione e non sempre nel cambio è stato possibile adeguarsi rapidamente. Il sogno di noi calciatori è la società organizzata che paga puntualmente per pensare solo al campo e allora là viene fuori la vera serietà e professionalità del calciatore, se c’è. Anche io mi sono trovato dentro squadre in cui non potevo dire che soffrivamo tutti il fatto che la società non pagava da mesi, poi però inconsciamente la gamba non la mettevo, nei contrasti e appena potevo, cercavo un contesto dove poter davvero fare il calciatore come si deve e garantisco che di piazze importanti ne ho girate, ma è sempre più difficile nell’Italia di oggi.
E questo contesto di “serenità” l’hai trovato a palestrina dopo essere arrivato da San Cesareo?
Certo, anche perchè ho apprezzato che il direttore Proietti, che mi conosceva da giovanissimo, da 10 anni fa quando giocavo nella Sanpolese, avendo visto che a San Cesareo non trovavo continuità d’utilizzo a dicembre mi ha contattato subito ed eccomi qua. Non mi pesa non lottare per vincere il campionato perchè quest’anno mi interessava ritrovare l’abitudine al gol e al campo, essere in forma al cento per cento e stare vicino casa, dato che essendo io di Frascati, Palestrina l’ho a 20 minuti da casa. Quindi devo dire che con me in doppia cifra e il Palestrina salvo magari anche senza playout, per questa stagione il massimo sarà stato raggiunto. Spero soprattutto di stare in salute fino alla fine visto che spesso gli ultimi campionati come detto non li ho giocati per intero, perciò prima di tutto la salute.
Possibile che uno come te, che ha fatto doppia cifra anche in C2 con l’Aprilia ed ancora prima col Monopoli, non abbia mai potuto andare a giocare almeno in serie B?
Ne ho viste tante, ti ripeto, e nei momenti giusti, o è crollata la società per crisi economica, o non avevo un vero e proprio procuratore “forte” che potesse sponsorizzare quanto di buono facevo in campo, o mi facevo male sul più bello. Ho avuto 3-4 volte la chance di andare in B, ma al minimo salariale, non più di 2.000 euro mensili e allora mi dicevo: “ma se pure sono in B, punteranno mai davvero su un giovane preso al minimo salariale oppure sui big già in rosa?”. Non volevo e mai ho voluto essere in B o in C solo per fare numero e servire da pedina di scambio, scaldando le tribune e magari dopo sei mesi di B tornare in C. Allora ho scelto sempre di andare dove davvero mi volevano di più e mi trattavano, anche economicamente, come un giocatore che i gol li ha sempre fatti con continuità. L’unica volta in cui fui davvero a contatto col grande calcio fu quando mi prese il Chievo e mi girò subito in prestito ad una società però destinata di lì a poco a fallire, il Cosenza. Per completare il raggiungimento di certi traguardi ci vuole anche destino, la vedo così.
Effettivamente il Palestrina dai pochissimi punti del girone di andata ora è ben altra squadra, merito dei nuovi?
Non solo, merito di chi è arrivato e di una dirigenza e di un allenatore che hanno fatto scelte coraggiose e razionali: siamo arrivati in 3-4 inclusi io, Mucciarelli, Lepore ed il portiere Palombo e questo soltanto non può bastare a spiegare il cambio di passo, ma se prima avevamo 7 punti e tutto era finito, ora è merito di tante cose che sono andate al posto giusto. In particolare però da calciatore che qualcuna ne ha vista, devo dire che è stato intelligente fare 3-4 innesti di peso, pochi calciatori ma nei ruoli chiave e tentando investimenti sicuri, che poi pagano sul campo i dividendi. Mentre magari dappertutto si sarebbe puntato a un via vai tra partenze e arrivi con 10-15 cambi in rosa che avrebbero solo tolto certezze ai bravi giocatori che già c’erano: penso ad esempio a Pralini e Bosi, calciatori che altrimenti avrebbero perso di valore e ora invece in una squadra rodata mostrano, come tutti, il loro vero, ottimo valore.
A San Cesareo cosa non è andato?
Io innanzitutto, perchè rientrato dalla doppia esperienza fuori Roma tra Sulmona e Bisceglie, avevo scelto di attendere troppo prima di firmare perchè non volevo svendermi al primo che mi dava un rimborso, mi ritengo un attaccante che qualcosa in più poteva meritare, visto il recentissimo passato e tutta la carriera e allora firmai col San Cesareo a settembre inoltrato. Anche se non si tratta del solito San Cesareo, quello che finora aveva sempre lottato apertamente per vincere, sono onesto, mi avevano dato quanto chiesto, ma io chiesi alla dirigenza più tempo per entrare in forma, perchè anche se non ero infortunato, all’inizio di questo campionato ho fatto fatica a trovare la forma. Ma capendo le necessità di squadra, sono andato in campo pur lontano da una condizione fisica decente, dando poco, non al 100 per cento e non ho fatto il “solito” campionato alla Ceccarelli. Da lì, la decisione di andare via per poter giocare con continuità e iniziare a giocare come ho sempre saputo fare.
Secondo te questo Palestrina può salvarsi direttamente senza playout a partire dalla prossima partita proprio contro il San Cesareo?
Non so dire come, ma so che continuando a giocare così, nonostante qualche sconfitta, possiamo salvarci anche senza playoff perchè è tutta un’altra squadra, sappiamo cambiare modulo dal 4-4-2 al 3-5-2 e ora siamo ancora più solidi con questa seconda soluzione. Vista la fatica fatta, c’è solo da continuare su questa strada, ma giocatori e cuore ci sono.
E per quanto riguarda te? Da che basi ripartirai?
Io sogno di finire bene questa carriera e giocare e far gol ancora per tanto e poi vedremo il da farsi, di sicuro so che se ottengo il massimo con questo Palestrina, gol e salvezza, potrò guardare tutto con maggiore serenità e soddisfazione che è quello che cerco.
E tu, che da tempo sei nella nostra formazione Top 11 di calcio d’angolo e sul sito sportinoro.com, a chi daresti un posto fisso nella tua squadra ideale?
Sono sincero? A nessuno. Perchè di grandissimi giocatori di categoria, al di là di me, in questa serie D, anche solo nel nostro girone G sardo-laziale, ce ne sono tanti, non tantissimi, ma ogni squadra ha almeno un paio di pedine di medio-alto livello. Ma oggi in D da noi la differenza la fa fare il gruppo al singolo, più che in passato, perchè fenomeni veri quest’anno tra i colleghi non ne vedo, altrimenti starebbero in A. Certo che anche io ho le mie preferenze, e quelli di Lupa Castelli e Viterbese sono i collettivi migliori, belli da vedere e che hanno fatto giustamente il vuoto presto con il resto della compagnia. Però l’attaccante chiude scherzosamente anche parlando in chiave top player per il mese di marzo:” Ho seguito – dice ridendo fragorosamente – il premio che avete dato ad altri grandi giocatori del mio girone e anche a me, continuando così farebbe piacere riceverlo perchè vi seguo e in fondo ho pur sempre fatto 12 partite e 16 gol e non voglio certo fermarmi ora, non siamo ancora salvi”.