SERIE D, LUPA CASTELLI ROMANI: MISTER GALLUZZO E I SUOI VERSO L’APRILIA: “CONCENTRATI VERSO L’OBIETTIVO”

SERIE D, LUPA CASTELLI ROMANI: MISTER GALLUZZO E I SUOI VERSO L’APRILIA: “CONCENTRATI VERSO L’OBIETTIVO”

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Mister Giorgio Galluzzo, domenica contro l’Aprilia, l’ennesima sfida verso il traguardo Lega Pro…

Si tratta di un match delicato come i precedenti, perché ogni fase del campionato presenta delle sfide e delle insidie. Prima di tutto l’avversario, un collettivo giovane ed organizzato che ha due attaccanti di valore e tanta voglia di fare punti. Inoltre io ad Aprilia da giocatore ho vinto un campionato e ho anche bei ricordi personali, conosco la piazza e sarà uno stimolo ulteriore per guidare i miei ragazzi verso una prestazione positiva. In questa fase proprio il vantaggio importante che abbiamo sulla seconda in classifica fa si che vada curato ulteriormente, oltre all’aspetto tattico e fisico, anche quello mentale, più del solito, per far arrivare tutto il gruppo pronto a queste decisive sfide. Ora è l’aspetto psicologico quello che può farci arrivare al traguardo e la mia intenzione è di dare le giuste sicurezze a ogni giocatore.

In tutta onestà, anche in considerazione della vostra vittoria nella gara di andata, avete tanti motivi per pensare positivo e il silenzio scelto dalla società nel non far parlare i giocatori, ci lascia stupiti…

Io non contesto mai le decisioni societarie perché tutto alla Lupa Castelli Romani è sempre stato fatto con estremo raziocinio in ogni situazione, valutando caso per caso e questa è la volontà societaria per isolare i ragazzi e farli concentrare sul campo, niente di più. Più avanti si vedrà, ma non vi sono intenti polemici verso nessuno, anche perché io sono sempre a disposizione per parlare ai media.

Un allenatore come lei, che gestisce una corazzata prima in classifica, di cosa può essere scontento al momento?

Di nulla in particolare, ci sono alcune cose da sistemare sempre, perché tutti, io, i giocatori, lo staff, sappiamo che c’è sempre da migliorare, senza sentirsi mai arrivati. In particolare per me, la strada per diventare un buon tecnico è lunga e non penso mai troppo alla partita appena trascorsa, qualunque sia il risultato, ma solo a lavorare bene, perché la squadra perfetta non esiste e tutti devono impegnarsi. Il mio compito è vigilare sempre sul fatto che la guardia resti alta così come l’umore sia positivo, per allenarci bene e fare gruppo nel modo corretto. E se siamo in vetta è merito di tutti, il punto è che la nostra forza più grande è sempre stata quella di essere uniti, compatti, contenti di far parte della stessa società e ci vogliamo bene, ci aiutiamo l’un l’altro: ricetta semplice, ma che con ragazzi intelligenti come i miei paga tantissimo. Sono anche io a dover ringraziare loro, perché nel mio piccolo ho accettato subito l’incarico ma mi sono preso un bellissimo rischio, affascinante, ma pur sempre un rischio, ero al contempo orgoglioso ma conscio del fatto che gestire questa squadra era ed è una grande responsabilità.

Era nei suoi piani allenare in ogni caso?

Certo, ma non da quest’anno è stata una sorpresa bella e grandiosa, inattesa. Mi sento benissimo tutt’ora atleticamente e fisicamente a 37 anni avevo iniziato come sempre la stagione allenandomi come e più di un under e mi piaceva tantissimo la vita da giocatore. Fosse dipeso da me sarei ancora un difensore centrale, non avrei mai allenato ora. Fra qualche anno molto probabilmente si, ma è stato un passaggio brusco e che tutt’ora mi lascia stupefatto perché fare il tecnico è tutt’altra storia rispetto a fare il giocatore, è l’essenza del ruolo che è completamente diversa. Da atleta vai a casa dopo la gara o l’allenamento e puoi pensare solo a te, ritemprarti, quest’anno passando in poco tempo da una parte all’altra, stando in panchina, capisco che le responsabilità, i pensieri, lo stress, sono decuplicati. Devo stare attento a tutto anche per ripagare la stima concessami tanto dai ragazzi quanto dal patron e da tutto lo staff e controllare lo stato psicofisico di una rosa tanto importante, di uomini tanto importanti e professionali, non è semplice, ma è molto stimolante. La strada è lunga, e se mi chiedi chi sono i modelli di tecnico che attualmente ammiro di più, dico due mostri sacri, Ancelotti e Simeone, per la loro forte personalità, il carisma, ma non voglio peccare di presunzione, è solo una pura ispirazione, per la bravura eccelsa nel gestire spogliatoi di star.

E parlando di modelli avuti da lei personalmente, quali allenatori l’anno formata di più? Si dice che già ai tempi del settore giovanile della Lazio lei fosse un giovane calciatore con la testa da ultratrentenne…

Le esperienze preziose non si dimenticano mai, e il mio passato da calciatore è iniziato come dici tu in un settore giovanile importantissimo, formativo, dove se sei capace a recepire diventi presto uomo e più avanti allenatori come Castellucci e Ferazzoli mi hanno sempre affascinato, anche se Ferazzoli l’ho conosciuto da giocatore verso fine carriera entrambi mi hanno completato permettendomi di migliorare ulteriormente. La mia filosofia anche ora, è che con giocatori saggi non esiste età, ci può essere confronto e anche se alla fine decido sempre io, amo avere scambi di opinione sia con i più giovani che con i più esperti dello spogliatoio e questo accade settimanalmente alla Lupa Castelli, perché ripeto, siamo un grande gruppo sotto ogni punto di vista.

Essendo anche padre, cosa le è risultato più complesso, l’essere giocatore, allenatore o papà?

Senza ombra di dubbio il papà, anche perché con un figlio vorresti avere un margine di errore pressoché nullo, è la cosa più bella è più delicata al tempo stesso essere d’aiuto e d’esempio nella crescita di un figlio, e a scalare allenare è senza dubbio più totale, complesso e difficile del giocare a calcio dove puoi anche farti soccorrere dal compagno in campo nei momenti di difficoltà.