A cura di Giovanni Crocé
Emanuele Morelli è attaccante giramondo d’Italia per antonomasia, basta leggere le sue maglie (Lugo, Cervia, Brescello, Vittoria, San Donà, solo per citare alcuni dei colori da lui difesi al di fuori della nostra regione) e le regioni d’Italia toccate dal suo percorso calcistico e i tanti amici che ha sparsi per la Penisola, per capire che dove va, o vince o ci va vicinissimo, ma soprattutto non si risparmia mai sotto tutti i punti di vista. 33 anni, forlivese, punta di stazza ed esperienza, tifoso milanista e soprattutto “sceso” da pochissimo in Promozione, categoria che lui stesso definisce “interessante e soprattutto praticamente nuova per me, dato che l’ho disputata soltanto una volta”.
Morelli, di certo tra Cassino e Colleferro qua all’Unipomezia cambia la categoria, ma l’organico, l’organizzazione, le ambizioni, le potrebbero permettere subito un inserimento in squadra rapidissimo ed efficace...
Di sicuro ogni maglia indossata in carriera l’ho sempre scelta con cura per dare qualcosa di nuovo a me stesso e alla società che mi sceglieva, quindi è sia un onore che una scelta ponderata quella di scendere di livello qua con l’Unipomezia in promozione ma facendo in modo tale da inserirmi in un contesto societario che, si vede a occhio nudo, è molto molto superiore alla Promozione. Ho tutto e abbiamo tutto per fare sempre bene senza alcun dubbio, anche il mio acquisto è derivante dal fatto che il presidente Valle e lo staff intero non hanno altri obiettivi che vincere il campionato. Ci sono davvero troppi giocatori forti ed esperti per pensare a qualcosa di diverso, al di là di me già chi c’è è straordinario per questi livelli e anche solo a pensare a calciatori appena arrivati come Laghigna, si capisce che non si lavora per altro se non per il successo finale. Ma mi è capitato praticamente sempre in carriera.
Romagnolo e milanista ma ormai romano d’adozione e di residenza, Roma e il calcio laziale ti hanno conquistato?
Ovviamente, sono a giocare nel lazio tra i dilettanti ormai da 5 anni e qua ho potuto frenare la mia indole “nomade”, lo leggete dalla scheda tecnica della mia carriera, dalla romagna al veneto, alla sicilia, non ho mai amato fermarmi troppo nello stesso posto e mai mi sono risparmiato, il mio è sempre stato un calcio vissuto in modo totale, denso di stimoli. Per questo anche le delusioni sportive, penso a quando non abbiamo vinto a Colleferro il campionato o a quanto ho sofferto per il mio infortunio a Cassino, mi hanno insegnato qualcosa di grande. Anzi, forse è sempre più importante fallire e rialzarsi per imparare davvero qualcosa di nuovo. A 33 anni credo molto nel destino, quindi il fatto di non aver vinto un campionato in cui eravamo in testa per 29 giornate col Colleferro e farmi male dopo che mai mi era successo così gravemente, per me sono stati segni della provvidenza, dovevo cambiare rotta e forse non lo avevo capito. Bene, ci ha pensato la realtà a farmi arrivare qua, in questo ambizioso Unipomezia. Probabilmente se non mi fossi infortunato sarei ancora a Cassino.
Colleferro e Cassino sono esperienze sportive ancora fresche nella tua memoria, rimpianti?
Se non vinci come a Colleferro dopo, ripeto 29 partite da primi in classifica tu calciatore, chiunque tu sia, non sei esente da colpe, ma sono stati molto bravi anche gli altri a superarci sul filo di lana. Non faccio nomi, ma comunque il nostro è innegabile che sia stato un campionato positivo, con un finale che ovviamente è meglio non commentare, perchè non abbiamo vinto e vanno fatti i complimenti a chi è stato più pronto di noi, ma io tendo a guardare tutta la stagione e pur soffrendo per vedere altri in serie D, faccio i complimenti al gruppo di uomini del Colleferro. Col Cassino le colpe di come è andata a me, con questo grave infortunio da cui mi sono ripreso con grande sofferenza, secondo me siamo 50 e 50: io potevo fermarmi prima e non aggravare la muscolatura, altri potevano dirmi di non esagerare e con 10-15 giorni di stop non mi sarei mai fatto male. Ma ripeto, ora conosco ancora meglio il mio corpo e i miei limiti, e so che la cura del mio fisico e della mia tenuta dipende da me. Sono sempre stato un generoso e non me la sentivo di risparmiarmi in un momento delicato di classifica per il Cassino, la piazza fremeva, e sono andato oltre la soglia di quello che potevo dare fisicamente, ma ora è un capitolo chiuso. Conta solo essere sano e dell’Uni pomezia
Il presidente Valle e mister Mancini, anche se sei qua da poco, che idee ispirano?
Persone ambiziose, volenterose e che sanno tenere in piedi grandi progetti. Poi non sono ipocrita, puoi avere tutte le idee del mondo ma Patron Valle ed i suoi possono permettersi di pensare in grande e fare certe campagne acquisti perchè economicamente questa squadra ha risorse economiche e logistiche fuori dal comune. Pensate solo a quante volte ci alleniamo in settimana, la stessa frequenza di una squadra professionista, si va sempre il sabato in ritiro, per fare gruppo, e praticamente nessuna società di promozione può permettersi di pagare un ritiro a tutti i ragazzi ogni settimana. La cura dei particolari è enorme, totale, e questo è quello che mi ha attirato qua.
E’ pur vero che Morelli a 33 anni come vede la Promozione laziale, avendo ricordi lontani di questa categoria?
C’è voglia di inserirmi subito e in punta di piedi, voglio che la mia esperienza e le mie qualità tecnica possano dare una mano, tutto qua. Quel che mi preoccupa un po’ è che ancor più che in eccellenza, oltre ad avversari di gran qualità come il Real Colosseum ed altri che torneranno a darci filo da torcere, nessun campionato è semplice e i momenti di difficoltà arrivano sempre, per tutti, anche per noi ci saranno. Quindi la cosa più bella che ho notato è che qua all’Uni Pomezia tutti i calciatori sono prima uomini con valori forti e positivi e poi calciatori. Perchè se sei solo un ottimo atleta e calciatore non sempre vinci, bisogna saper restare uniti per avere successo fino alla fine, saper soffrire.
Se potessi tornare indietro da chi vorresti essere allenato e quale è la tua versione migliore di sempre, da attaccante?
Il Morelli di Terracina secondo me è stata la mia versione migliore, perchè potevo esprimermi in un contesto forte, dove era bello giocare, lottare, segnare ed allenarsi, e se potessi, tra i tanti mister avuti, Fabrizio Centra che ho avuto ad Artena e Alessandro Cucciari che mi ha allenato proprio al Terracina, li vorrei sempre come mister, mi hanno fatto esprimere il mio miglior calcio, soprattutto da quando gioco nel Lazio. E allargando il discorso alla Serie A, sono del Milan, quindi Ancelotti per me è il massimo .
Ma ripeto, di mister amici e persone che mi cercano e mi vogliono bene ne ho ancora tanti, e questo conta più dei soldi che ancora vedo dominare nei ragionamenti dei miei colleghi giovani e meno giovani. La bellezza di un rapporto che resta oltre il calcio partendo dal calcio ed attraversa tutta Italia secondo me ha invece un valore incalcolabile. E poi non si può vincere e vivere di calcio e basta al giorno d’oggi se sei un dilettante devi anche saperti aprire un dopo-calcio lavorativo altrettanto soddisfacente e se hai più nemici che amici perchè hai seminato male nella vita non puoi farlo.
E dopo il calcio cosa si aspetta quindi, lavorativamente, Emanuele Morelli?
Mi aspetto di riuscire, migliorando le mie competenze calcistiche acquisite ed acquisendone di ulteriori, di fare il direttore sportivo, anche là poi dipenderà dalle opportunità che mi verranno date ma vorrei restare in ambito calcistico come lavoro principale perchè sono appassionato di questo gioco e come allenatore però proprio non mi ci vedo. Poi però già ora che sto ancora giocando, da qualche tempo ho intrapreso una ulteriore carriera parallela presso un grande studio legale di roma dove mi occupo di infortunistica stradale. Diciamo che cerco anche di far fruttare nel mio piccolo anche il mio diploma di maturità classica. Per me la cultura arriva dappertutto, non mi è mai interessato solo il calcio ed è bello approfondire e approfondirsi, come vedi non sono neanche monosillabico nelle interviste, credo di essere un buon calciatore da intervistare perchè dò forse anche troppo materiale su cui lavorare ai giornalisti, ma sono sempre stato così (dice ridendo fragorosamente)