VALERIA ARMENI, UN DS IN FAMIGLIA: “IL CALCIO? PER NOI È QUESTIONE DI CUORE”

VALERIA ARMENI, UN DS IN FAMIGLIA: “IL CALCIO? PER NOI È QUESTIONE DI CUORE”

La società moderna ha imposto in tutti i contesti della società civile, dalla politica alle libere professioni, un’attenzione sempre maggiore alle potenzialità del gentil sesso.

Questo non per un convenzionale sistema di “compensazione” o “risarcimento”, ma per un merito che le donne si conquistano giorno dopo giorno nei propri contesti lavorativi.

In realtà il sistema calcio è in ritardo sotto questo punto di vista: se i numeri del calcio femminile sono in crescita, benché ancora bassi in rapporto alle altre nazioni europee, ben poco spazio è stato lasciato a livello decisionale alle personalità femminili.

Una piccola eccezione arriva proprio da Roma, precisamente a via Felice De Andreis dove Valeria Armeni, figlia del presidente Massimo Armeni, ha ottenuto recentemente il patentino di DS e di collaboratore sportivo, iniziando così ad operare ufficialmente nei ranghi del P.C. Tor Sapienza.

Vuoi per la fiducia concessagli dal padre, sia comunque per un coraggio non comune, fra le donne, di buttarsi in un campo difficile e irto, denso di contraddizioni e pericoli, Valeria Armeni è una delle poche rappresentanti del genere femminile in un mondo, come il calcio dilettante, ancora troppo maschilista.

L’abbiamo raggiunta per scambiare quattro chiacchere con lei sull’incarico e le mansioni che svolgerà.

Valeria, si può dire che il mondo del calcio ha sempre rappresentato una parte importante della tua vita, adesso ti troviamo anche nelle vesti di dirigente della squadra del presidente Massimo Armeni.

Come ti è venuta l’idea di lanciarti?

Mi affascinava l’idea di lavorare “dietro le quinte” perché ben si confà al ruolo che svolgo nella mia vita ordinaria, ossia il manager nell’azienda di famiglia; mi sono detta: perché non provarci anche con il calcio?

Ieri a Villanova, oggi al Tor Sapienza, ho sempre ricoperto mansioni inerenti più al campo che all’attività di gestione. Ho colto l’attimo iscrivendomi al corso organizzato dal Comitato Regionale del Lazio con curiosità e passione, sapendo che poi avrei avuto l’occasione a portata di mano.

Sei una delle poche donne con poteri decisionali del dilettantismo nostrano. Secondo te a cosa è dovuta la mancanza di “quote-rosa” nell’ambiente laziale?

È chiaro che, per storia e tradizione, le persone si accostano al calcio pensando ad un ambiente “maschio”, sia sotto il profilo dell’agonismo che sotto quello decisionale. Questo è innegabile, ma credo che la presenza di una figura femminile possa anche ingentilire questo sport: d’altronde, siamo maestre nell’arte della diplomazia.

Oltretutto non è detto che una donna non possa essere talvolta autoritaria, ne sanno qualcosa i dipendenti dell’azienda di famiglia (ride ndr).

C’è qualche persona dal quale hai voluto apprendere metodi e prassi del ruolo di dirigente?

Sicuramente il presidente. Massimo ha una passione incredibile per la componente gestionale del calcio, nasce veramente tutto dal suo sentimento.

Oltreché passionale, però, è stato anche furbo, perché ha trasmesso ai figli ed ai parenti il suo entusiasmo e la sua voglia di partecipare puntando ai risultati.

Mi ha insegnato tante cose, ma non vorrei assomigliarli in tutto e per tutto (ride ndr); per me la sua presenza è importante perché mi permette in primis di alleggerire lo stress, sapendo che c’è lui dietro a seguire i mie passi, ed inoltre perché davvero per noi Armeni il calcio è una questione di cuore.

Noi questa attività la facciamo veramente per passione, l’aspetto economico e la volontà di lucro per noi sono aspetti secondari, anzi spesso occorre metterci qualcosa di tasca nostra per mantenere alta la qualità della nostra struttura.

Anche questo però è un aspetto che, da una parte, mi toglie pressione: per noi è importante la soddisfazione di costruire una nostra creatura calcistica.

Passiamo all’atto pratico: che tipo di lavoro ti proponi di fare al Tor Sapienza?

Continuerete la linea verde proposta a Villanova o cercherete di proporvi come squadra di elite nei prossimi anni?

Il mio ruolo, ora come ora, è quello di rappresentare il trait d’union nei rapporti fra il presidente Massimo Armeni, Fabrizio Armeni, il DG Volpe – a cui faccio davvero i complimenti per il suo primo anno da dirigente – e lo staff tecnico, a partire da Di Loreto, ed i giocatori . Adesso volo basso e cerco di rendermi utile svolgendo in maniera ufficiale il ruolo che già avevo da inizio anno.

I giocatori li lascio prendere a chi ci capisce di più di me, io vorrei portare le mie competenze sul versante amministrativo, del marketing e della comunicazione.

Noi sposiamo la causa dei giovani e della crescita, ma non per questo vogliamo rinunciare ad essere competitivi e a provare a toglierci qualche soddisfazione, come sta accadendo con la prima squadra.

Lavorerò soprattutto per far capire il nostro approccio con il calcio, che a mio avviso è in grado di coinvolgere un quartiere, come Tor Sapienza, popoloso e affamato di calcio.

Chiudiamo con uno sguardo alla tua esperienza al corso organizzato dal C.R. Lazio.

Cosa ti ha lasciato a livello tecnico ed umano?

Ho appreso, in primis, delle competenze che prima non possedevo, e solo per questo ne è valsa la pena di partecipare, ma il fattore umano si è rivelato come la componente speciale di tutto il percorso.

Nel corso ero l’unica donna su ventisette corsisti, inizialmente si chiedevano “ma lei che ci fa qua in mezzo?”, poi strada facendo la diffidenza nei miei confronti si è tramutata in stima, reciproca con tutti i colleghi.

Anche dal C.R. Lazio ho ricevuto un’accoglienza speciale, in particolare dal segretario Galieti che si è dimostrato squisito nei miei confronti.

È stato anche un momento di conoscenza e stima reciproca con tanti colleghi giovani e desiderosi di imparare come me.

Proprio per questo colgo l’occasione per salutare il DS Luigi Porcelli e due amici come Giordano Moroncelli, DS del Ciampino, e Jacopo Caldarozzi, due ‘primule’ in un ambiente che ha bisogno di essere svecchiato, magari proprio a cominciare dalla valorizzazione di persone come loro.

(al.ba)