Aprilia, Montella alza il tiro: “Adesso dobbiamo capire chi siamo”

Aprilia, Montella alza il tiro: “Adesso dobbiamo capire chi siamo”

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Di Alessandro Bastianelli.

Campione per gioco, ma calciatore fino al midollo.

In tanti si ricorderanno di lui per la stagione al Cervia, vissuta nell’ambito del reality “Campioni – Il sogno” nel 2006, e condita da tantissimi siparietti con protagonista proprio lui, spesso beccato da Ciccio Graziani per alcuni errori di esperienza.

Ma Francesco Montella, all’epoca diciottenne fresco di settore giovanile alla Roma, è stato ben più che un semplice figurante nel calcio dilettante.

Dopo aver vinto quel reality ed essere andato in ritiro con la Juventus, Montella ha giocato tanto sia in D che in C, vestendo le maglie dell’Aprilia, del Catanzaro e del Brindisi, fino a quando, a 25 anni, i figli in arrivo lo hanno costretto a ripartire dalla provincia pontina.

E’ lì però che si è formato uno dei terzini più apprezzati della nostra regione, sgroppando fra Nettuno e Velletri prima di tornare a casa, da papà Ciro.

Ad Aprilia Montella è diventato capitano e, tramite la sua grinta e abnegazione, simbolo di una squadra tosta che non molla mai.

Lo abbiamo raggiunto per un’intervista sul suo momento e sulla stagione delle Rondinelle, giunte quasi a un bivio.

Francesco, l’Aprilia è forse la sorpresa più bella del Girone G.

Dall’interno come mi spieghi il vostro piccolo miracolo?

«Aprilia è una realtà un po’ in controtendenza rispetto alle altre di Serie D, qui abbiamo un’ossatura di squadra composta da tanti ragazzi del luogo, appena usciti o in uscita dall’età di lega, che stanno dimostrando di poter fare benissimo questa categoria.

Negli scorsi anni, quando sono venuti meno i fondi, la società ha lavorato con intelligenza, puntando tantissimo sui migliori giovani cresciuti durante gli anni d’oro della C. Adesso raccogliamo semplicemente i frutti.

Qui ad Aprilia sui giovani la pensiamo diversamente»

Qual è la vostra filosofia?

«I giovani non devono giocare per forza come obbliga la regola, devono giocare perché sono bravi.

Al contempo, non è detto che una squadra composta da sette 30enni sia infallibile, i grandi sbagliano anche loro come i vecchi.

Tirando le file di questo discorso, ad Aprilia i dirigenti sono stati bravi a costruire una squadra di calciatori giovani, ma anche forti e soprattutto motivati, che non vivono di ricordi ma che pensano solo ed esclusivamente a lavorare sul campo.

Questa serietà da parte di tutti, dirigenti, staff e giocatori, ci sta portando ai risultati che stiamo ottenendo».

Veroche venite da undici risultati utili di fila (5 vittorie, 6 pareggi), ma nelle ultime gare sono arrivati alcune X di troppo.

Come valuti questo momento? Flessione o un po’ di stanchezza?

«Sicuramente la stanchezza dopo un po’ si fa sentire, aggiungo che non è neanche facile giocare su un campo pesante con il nostro, ma non vogliamo cercare alibi.

É comprensibile un po’ di stanchezza dopo 21 giornate di campionato, ma sono fiducioso perché abbiamo dimostrato una buona tenuta mentale non perdendo: è sintomo che si è creata una mentalità».

A questo punto della stagione, è lecito puntare ai play off? Giocherete gare decisive nelle prossime settimane.

«Nella vita gli obiettivi che ti poni sono fondamentali.

Adesso che la salvezza è quasi raggiunta dobbiamo cominciare a pensare in maniera diversa, dobbiamo capire se abbiamo le energie mentali e fisiche per puntare più in alto.

Vogliamo fare l’annata perfetta e puntare in alto o accontentarci? Sta solo a noi rispondere a questa domanda».

In molti riconoscono Mauro Venturi come il vero valore aggiunto dell’Aprilia.

Che rapporto hai con il mister?

«Il Mister ha il grande pregio di sapersi calare benissimo nelle situazioni, al di là dei valori che ha a disposizione riesce a far rendere benissimo le sue squadre.

Tatticamente è preparatissimo, gli allenamenti sono divertenti e non ti stanchi mai. La domenica badiamo al sodo e in campo sappiamo cosa fare, non è da tutti riuscire a trasmettere così bene le proprie idee.

Di Venturi ne sentiremo parlare. Lo stimo tantissimo sia come allenatore che come uomo, ma stimo tanto anche il Prof. Paris e tutto lo staff che ci segue, siamo un grande gruppo di lavoro».

A proposito di allenatori, su internet circolano ancora i video dei tuoi siparietti con Ciccio Graziani ai tempi del Cervia.

Che ricordo hai di quell’esperienza?

«È stata un’esperienza molto formativa, che ricordo con grande piacere. Avevo diciotto anni ed era la prima volta che mi allontanavo da casa, mi sono dovuto confrontare con un contesto difficile ma bello.

Anche i giocatori erano diversi, non è come ora, se meritavi uno schiaffo i più esperti te lo davano, a livello caratteriale sono cresciuto tantissimo.

Proprio per questo consiglio sempre ai ragazzi più giovani di andare a giocare lontano da casa: andare fuori ti apre la mente, ti toglie sicurezze ma ti dà tantissima esperienza e carattere».

Pensi di poter chiudere la carriera ad Aprilia? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

«Ad Aprilia sono quattro anni che gioco e ti posso dire che mai come oggi mi sento fisicamente bene e in grado di essere importante per la squadra, fortunatamente i tempi del Toradol a colazione sono finiti (ride ndr).

A 25 anni, con i figli in arrivo, decisi di lasciare il calcio professionistico e tornare vicino casa. Giocare ancora l’anno D a 30 anni mi rende orgoglioso e mi fa sentire importante, non penso a cosa ci sarà dopo la fine della carriera.

Non mi vedo però con una maglia diversa da quella dell’Aprilia, questo è poco ma sicuro».

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