Questione di codice genetico, non c’è ombra di dubbio.
Quando il calcio ti scorre letteralmente nelle vene fin dal tuo primo vagito, realizzare un gol decisivo ad una manciata di minuti dal termine di una finale-scudetto non può rappresentare una casualità.
Se è vero, come scriveva un tempo Schopenhauer, che “il destino mescola le carte e noi giochiamo”, Flavio Bucri le proprie carte se le sta giocando alla grande.
Pare già passato un secolo da quando “talentino” in erba già faceva sfracelli con la maglia di quell’Ostiamare indossata fino al trionfo nella XXXIII Edizione del “Torneo Beppe Viola”.
Pare passato un secolo, ma in realtà sono trascorsi solo due anni da quando la squadra allenata da Alessandro Mussoni alzava al cielo il prestigioso trofeo.
Maniera migliore per concludere una parentesi fondamentale per la sua crescita Flavio non poteva davvero trovarla.
Di lì a poche settimane avrebbe infatti salutato il club di Luigi Lardone per varcare i cancelli del Fulvio Bernardini.
A distanza di soli due anni lo ritroviamo eroe in una calda giornata di fine giugno con quella zuccata vincente su cross di Calafiori che ha piegato l’Atalanta e consegnato lo scudetto Under 17 alla Roma di Francesco Baldini.
Questione di sangue, perchè nelle vene di Flavio scorre quello di papà Alessandro, immenso ed indimenticabile centravanti del nostro calcio che, per circostanze assai poco spiegabili, nella sua carriera ha dovuto “accontentarsi” di vetrine assai poco aderenti al suo bagaglio tecnico e temperamentale.
Il centravanti che ha legato le sue fortune all’Albalonga di Bruno Camerini, divenendone negli anni una sorta di testimonial eterno, ieri sera non era presente per motivi di lavoro al Bruno Benelli di Ravenna, ma attraverso la tv è comunque riuscito a condividere un traguardo indimenticabile con il suo figliolo.
“Nella mia vita non ho mai provato un’emozione del genere – racconta ancora visibilmente toccato Bucri senior – L’azione del gol l’ho vissuta attimo per attimo, come se avessi in mano il joypad di una playstation.
Mi dicevo mentalmente: “Forza, adesso mettila così che Flavio segna…”.
E Flavio ha davvero segnato, realizzando ancora una volta una rete decisiva al termine di una stagione che fino a pochi giorni fa si era rivelata complessivamente meno fortunata di quella precedente.
“Per una serie di ragioni, nel corso di questo campionato mio figlio non era riuscito ad ingranare e, ad un certo punto, eravamo anche entrati nell’ordine delle idee di lasciare la Roma ed andare a Torino, dove lo avrebbero accolto a braccia aperte.
A convincerlo a restare è stato mister Baldini che ha sempre creduto in lui nonostante le difficoltà e gli ha dato sempre spazio.
Flavio poi è stato bravo a ripagarlo, andando in gol sia in semifinale contro il Torino che in finale contro quell’Atalanta con cui stava per firmare ai tempi dell’Ostiamare”.
La chiamata del neo-Campione d’Italia è arrivata all’una di notte, non appena le grida di giubilo hanno lasciato spazio al meritato riposo dei protagonisti.
“Quando ho sentito la sua voce, mi sono commosso”, racconta con un sorriso accennato su quel volto scavato da mille battaglie.
Il calcio toglie, ma sa anche rendere.
Alessandro, talento maestoso del nostro calcio, sa bene quanto sia complesso arrivare.
“Le qualità non bastano – riflette l’ex centravanti castellano – Io e Flavio siamo molto diversi.
Lui è un ragazzo d’oro, forse troppo buono e questo può essere un limite in questo sport dove certe volte devi saper essere anche scaltro, cattivo sotto il profilo agonistico.
Il prossimo step è la Primavera, la giocherà sotto età il primo anno.
Speriamo che aumenti massa muscolare, perchè adesso si comincia a far sul serio…”.
Quanto agli scontati paragoni, papà Bucri non ha dubbi: “Io ero più forte.
Se non sono arrivato a certi livelli è perchè sono stato troppo superficiale e non ho condotto una vita regolare come avrei dovuto.
Speriamo che adesso il calcio renda a Flavio quanto non ha saputo prendersi suo padre…”.
Parola di bomber, anzi parola di Bucri.
Nel nome del padre, ma anche del figlio.