CERONE, VELENO SU CAMILLI: “TRATTA I GIOCATORI COME GLI ANIMALI DELLA SUA AZIENDA”

CERONE, VELENO SU CAMILLI: “TRATTA I GIOCATORI COME GLI ANIMALI DELLA SUA AZIENDA”

Sceso nella scorsa stagione tra i dilettanti con la Viterbese, dopo aver accumulato negli anni precedenti una cospicua esperienza tra i professionisti con le maglie di Virtus Lanciano, Pisa, Barletta e Mantova, Federico Cerone da alcuni mesi è tornato in Lega Pro.

A Savona il calciatore romano ha ritrovato alcune vecchie conoscenze del calcio laziale, come il tecnico Arturo Di Napoli che un paio d’anni fa visse un’esperienza non particolarmente fortunata a Rieti, l’attaccante Manuel Spadafora, altro ex amarantoceleste, ed il centrocampista Matteo Loreti, visto a Marino nell’anno in cui i castellani sfiorarono la Seconda Divisione.

Con i liguri Cerone ha già realizzato due reti in campionato, tornando peraltro alle origini.

L’ex bomber del Messina lo impiega infatti da “volante” davanti alla difesa, un ruolo che Cerone confessa di gradire particolarmente e che ricopriva già ai tempi della Primavera della Fiorentina.

La breve parentesi gialloblu dello scorso anno non è gli invece rimasta particolarmente nel cuore.

Cerone lancia un vero e proprio atto d’accusa nei confronti di Piero Camilli reo, a suo dire, di non aver mantenuto fede agli impegni assunti nei suoi confronti e di essersi reso protagonista di indebite ingerenze sulla sfera tecnica.

Consapevole delle conseguenze che potrebbero provocargli le sue parole, l’ex viterbese parla con assoluta franchezza di ciò che non ha funzionato nel rapporto tra lui ed il patron.

 

Cerone, come procede la sua avventura a Savona?

Mi sto trovando bene.

Questa è una categoria che ho sempre fatto e sono felice di essere tornato a fare il professionista.

Attualmente siamo a metà classifica ed il nostro obiettivo è quello di salvarci”.

Come si trova con Arturo Di Napoli?

“Con il mister c’è un buon rapporto.

E’ stato lui a scegliermi ed a volere che facessi parte della squadra”.

E’ vero che a Savona ha cambiato ruolo?

“Sì, il mister mi schiera da centrocampista davanti alla difesa.

Un ruolo che mi affascina e che avevo già ricoperto ai tempi della Primavera della Fiorentina”.

Un Cerone versione-Pirlo dunque.

“Diciamo alla Ciccio Lodi, come scherzosamente mi chiamano i compagni (ride)…”.

Torniamo alla scorsa stagione.

Cosa le è rimasto dell’esperienza alla Viterbese?

“Il mio bilancio personale è buono.

Ho vinto un campionato, perso una finale di Coppa Italia e realizzato complessivamente quindici reti, pur finendo fuori rosa per circa un mese e mezzo.

A livello umano, invece, ho commesso un grande errore ad abbracciare il progetto del signor Camilli”.

Parla di Piero o di Vincenzo Camilli?

“Parlo di Piero.

Prima dello scorso anno, Vincenzo lo avevo visto sì e no un paio di volte.

Con Piero Camilli, invece, avevo già lavorato a Grosseto ed a Pisa e dunque già sapevo a cosa sarei andato incontro…”.

In che senso?

“Piero Camilli non sa cosa voglia dire mantenere la parola data.

Per me che sono un ragazzo semplice ma dai grandi valori umani una stretta di mano vale più di mille firme.

Per lui invece è diverso.

Lui non rispetta gli accordi, nè mantiene le promesse.

Ai suoi occhi la differenza tra i calciatori e gli animali della sua azienda è veramente sottile”.

Sono parole molto pesanti le sue.

“Lo so, ma rappresentano la pura verità.

Spero che servano ad aprire gli occhi ai colleghi che a dicembre dovessero essere contattati dalla Viterbese”.

Immagino che le promesse non mantenute riguardino l’aspetto economico.

Può essere più preciso?

“A differenza di Camilli, io mi ritengo un signore e non voglio parlare di questo.

Dico solo che chi sa di calcio e conosce il suo modo di fare sa perfettamente di cosa parliamo.

Ripeto: per me una stretta di mano vale moltissimo, per lui non ha significato”.

Dopo la fine dello scorso campionato ha più avuto modo di sentire Piero Camilli?

“Come no?

Ho provato a chiamarlo più volte, ma si fa negare.

Ho parlato anche con suo figlio, ma lui mi risponde che devo contattare suo padre.

Un rimbalzo continuo.

L’ultimo contatto con lui l’ho avuto dieci giorni fa a Grosseto, dove giocavamo”.

Com’è andata?

“Io ero squalificato, ma ho comunque seguito la squadra in ritiro.

Una volta in tribuna ho cercato di avere un confronto con il signor Camilli, il quale però ha risposto facendomi allontanare dagli steward dello stadio”.

Lei pensa di adire le vie legali?

“Non credo.

Come dicevo prima, il mio obiettivo è quello di mettere in guardia le persone che in futuro lavoreranno alle dipendenze di queste persone.

Non sono stato l’unico ad essere trattato in un certo modo.

Per conferma potete chiedere anche a mister Solimina e ad altri ragazzi della rosa della scorsa stagione.

Oltretutto ci sono le ingerenze tecniche”.

Si spieghi meglio.

“Su quattro o cinque undicesimi della formazione sono abituati a dire la loro.

Ci potete mettere la mano sul fuoco.

Hanno le loro preferenze, la meritocrazia non esiste”.

Le era mai accaduta una situazione simile in passato?

“Ai tempi di Barletta, il presidente era innamorato di un attaccante, peraltro molto forte, e voleva che giocasse sempre.

Si trattava però di un giocatore solo, non di quasi mezza squadra.

L’episodio peggiore è avvenuto la sera prima della finale di Coppa Italia.

Camilli inviò in albergo delle persone a comunicare a mister Solimina che lui avrebbe gradito che fossero schierati alcuni giocatori e non altri.

Alla Viterbese comanda solo una persona.

Tutti gli altri, dal suo vice al magazziniere devono obbedire e basta.

Dopo le esperienze di Pisa e Grosseto speravo non facesse mai parte del calcio dilettante laziale.

Purtroppo adesso lo conoscete anche voi”.

Anche in occasione delle sue precedenti frequentazioni toscane ebbe problemi con il presidente Camilli?

“Sì, lui si comporta allo stesso modo sia in Serie A che in Prima Categoria.

Lo ribadisco, la cosa meno gratificante è che lui è abituato a trattare i suoi giocatori come le bestie della sua azienda”.

E’ rimasto in contatto con alcuni dei suoi ex compagni?

“Sento regolarmente capitan Federici, i fratelli Marini e Toscano.

Con loro è rimasto un rapporto importante”.

Anche loro vantano dei pregressi con la Viterbese?

“Sulle strette di mano degli altri non parlo, perchè sono un signore.

Ognuno si comporta come meglio crede”.

Ora lei è tornato nelle categorie che tecnicamente più le competono.

Quali differenze ravvisa?

“Non è una questione di differenze.

Diciamo che per uno con le mie caratteristiche è più semplice giocare in Serie B o in C, piuttosto che in Eccellenza, che comunque rimane un campionato affascinante”.

Lo segue sempre?

“Grazie al vostro lavoro sono sempre molto aggiornato ed ho anche le mie favorite”.

Quali sono?

“Nel Girone A non mi sorprende affatto il campionato del Fonte Nuova, conoscendo i ragazzi che compongono la squadra.

Mi dispiace solo che il torneo lo vincerà una sola tra loro ed il Ladispoli di mister Solimina.

Nel Girone B, invece, trovo che il Colleferro sia una spanna sopra tutte le altre, anche se l’Albalonga con l’avvento di Gagliarducci può dargli fastidio.

Confido però nel direttore Angelucci, in Marini, Morelli e Neri che sono ragazzi perbene”.

So che tra qualche mese vivrà un momento speciale della sua vita.

“Sì, il 4 luglio mi sposo con Alessia.

Anzi, ne approfitto per salutarla, altrimenti sono guai…(ride).