Domani pomeriggio presso l’Arnaldo Fuso di Ciampino verrà messa in palio la ventisettesima edizione della Coppa Italia di Eccellenza della nostra regione.
A giocarsela saranno l’Astrea, alla prima finale di categoria, e l’UniPomezia, Campione in carica e vogliosa di centrare un’impresa che permetterebbe al club di Valter Valle di scrivere il proprio nome nella leggenda del football laziale.
La prima società ad aggiudicarsela nell’ormai lontano 1992 fu il Fiumicino Isola Sacra che colse lo scalpo del Tanas Primavalle.
Di lì in poi si sono incrociate ed intrecciate tantissime storie scritte dai protagonisti del nostro calcio.

Come quella di Domenico Fiorillo, ad esempio.
Il formidabile esterno di origini campane, prima di appendere gli scarpini al chiodo, ha fatto in tempo a vincere due volte il trofeo con le maglie di Nettuno e Vigor Cisterna, togliendosi la soddisfazione di andare in rete in entrambe le finali contro Ladispoli e Lupa Frascati.
O magari quella di Simone Scerrati, che quattro stagioni fa entrò di prepotenza nella leggenda del nostro calcio regionale, siglando una tripletta nella finale che fece impazzire “Davide” Empolitana Giovenzano al cospetto della quotatissima Viterbese Castrense.
Ma la Coppa Italia di Eccellenza del Lazio passa anche per i tabù.
Fino ad oggi nessuno è mai riuscito a centrare il bis.

La prima a provarci fu l’Anziolavinio di patron Franco Rizzaro che nella stagione 1995/96 aveva superato in finale il Terracina e che dodici mesi più tardi fu costretto ad inchinarsi alla Fortitudo Nepi di Fazzini.
Qualche anno dopo fu la volta del Formia che nell’inverno del 2007 sconfisse al Flaminio il Civitacastellana grazie alla rete del “Principe” Dante Volante, ma l’anno dopo capitolò contro il Palestrina di Ippoliti, squadra partecipante al Campionato di Promozione, nell’ultima stagione in cui il trofeo unificò le due maggiori categorie dilettantistiche regionali.
Gli stessi arancioverdi fecero successivamente i conti con la tradizione, venendo sconfitti nel 2011 a Casal del Marmo dal Città di Marino.

A proposito dei prenestini, sono gli unici insieme al Colleferro ad averne disputate tre.
La prima la persero contro la Vjs Velletri.
Anche i rossoneri persero la prima e la terza, rispettivamente contro Santa Marinella e Cassino, vincendo invece la finale di mezzo contro l’Atletico Boville Ernica.
La tradizione vuole che, prima o poi, la Coppa Italia dia a tutti l’opportunità di riscattarsi.
Basta pensare al Ferentino, battuto a sorpresa nel 1998 da un’Aprilia che giocava allora nel torneo cadetto e due anni dopo vincitore del trofeo contro il Civitacastellana, oppure al Nettuno, sconfitto dal Villanova nel 2001 ed un anno dopo trionfatore ai danni del Ladispoli.

Un percorso seguito dallo stesso club rossoblu che dodici mesi più tardi ebbe ampiamente la sua rivincita, battendo il Sezze Setina ai calci di rigore e qualche mese dopo alzando addirittura al cielo anche la Coppa Italia nazionale.
Dovette invece attendere ben undici anni per avere la sua vendetta il Santa Marinella, cui nel 1995 furono esiziali i tiri dal dischetto contro la Vigor Acquapendente e che nel 2006 batté ai tempi supplementari il Colleferro.
Più lunga è stata l’attesa dell’Albalonga.
Il club del Presidente Bruno Camerini venne sconfitto dalla Castrense nella finalissima del 1999, ma poi nella gloriosa stagione 2014/15 (quella del double con Gagliarducci in panchina, ndr) superò ai rigori una generosissima Vis Artena.

Esistono tuttavia anche le eccezioni che confermano la regola: il Civitacastellana due ne ha disputate ed altrettante ne ha perse e tra gli allenatori vantano lo stesso sfortunato primato Pasquale Camillo, che ha intascato solo la medaglia del secondo posto sia quando era tecnico del Ceccano, battuto dal Civitavecchia, che quando guidava la Roma VIII e venne sconfitto ai rigori dal Torrenova, e Claudio Solimina che vanta il medesimo credito con la finalissima, persa sia ai tempi del Palestrina (contro il Città di Marino) che in quelli della Viterbese Castrense.
Con i due successi da allenatore di Civitavecchia e Ladispoli Ugo Fronti resta invece lo specialista in materia.

Domani dunque l’UniPomezia dovrà scardinare ben due tabù se vorrà ripetere la folle gioia vissuta dodici mesi fa con l’Itri: quello relativo ad un bis mai realizzato e quello relativo all’infelice tradizione del suo tecnico in questi casi.
Di contro, l’Astrea dovrà far fronte, pare, a qualche problemino di formazione.
A Ciampino, teatro che in passato ha ospitato numerose finali di settore giovanile ma mai di Coppa Italia, si sfideranno due squadre, cui non mancano davvero interpreti di talento ed in grado di determinare la partita con una giocata.
Dopo un triennio connotato da un netto dominio delle rappresentanti del Girone B torneranno a giocarsela due squadre appartenenti al raggruppamento centro-settentrionale.

L’ultimo caso legò i destini di Empolitana Giovenzano e Viterbese Castrense.
L’ultima volta in cui si affrontarono due formazioni d’alta classifica del medesimo girone accadde invece nel 2009, quando il Del Bianco di Anagni ospitò il confronto tra Pomezia e Fidene, vinto dalla squadra di Lanza grazie ad un colpo di testa di Laurent Amassoka.
Dirigerà un arbitro di Ciampino, Leonardo Di Mario, il quale sarà coadiuvato dal suo concittadino Gizzi e dal tiburtino Salvatori.
Ansia per le condizioni meteo: è probabile la pioggia, ma forse non nelle dimensioni monsoniche che si temevano qualche ora fa.





