Cotroneo tra passato e futuro: “Ho 400 presenze tra i professionisti, ma non mi chiamano ad allenare neppure in Eccellenza…”

Cotroneo tra passato e futuro: “Ho 400 presenze tra i professionisti, ma non mi chiamano ad allenare neppure in Eccellenza…”

Questione di carattere.

Perchè poi, si sa, la vita sta in come la interpreti.

Carlo Cotroneo si volta indietro e fissa nella mente le immagini di un calcio che, per certi versi, quasi non riconosce più.

E dire che alle spalle ha qualcosa come quattrocento presenze tra Serie B e Serie C ed altre duecento nella massima categoria dilettantistica.

Tutto questo però sembra non contare nulla agli occhi di chi dovrebbe stilare una valutazione corretta.

Lui ci soffre, si vede lontano un miglio, anche se il malessere lo cela dietro quell’atteggiamento quasi serafico che non lo ha mai abbandonato.

Se raschi la superficie, riesci a cavar fuori una passione che non viene meno, ma che anzi cova e si alimenta nei ricordi e nelle speranze.

“Ho cominciato nei due maggiori settori giovanili: Roma e Lazio, poi però una vicenda strana legata ad un doppio tesseramento con Lazio e Lodigiani mi fece squalificare – rammenta Cotroneo – Ripresi a giocare nella Pro Calcio Italia, chiamato dal direttore Gipo Guarracino, e vincemmo il titolo Juniores con Salvatore Franzellitti alla nostra guida.

In seguito fui venduto alla Lodigiani”.

Da lì in poi il passo per giocare in prima squadra fu davvero breve.

“Esordii nell’allora Serie C2 a diciassette anni e non uscii più fino al termine della stagione.

Dopo undici partite firmai il mio primo contratto da professionista e con ottocentomila lire dell’epoca mi sentivo un gran signore, anche se successivamente ebbi modo di guadagnare di più – continua Cotroneo – Negli anni successivi ho giocato a Catanzaro, Lugo di Romagna, Novara, Frosinone, Pontedera e Sanremo, prima di scendere tra i dilettanti e vestire le maglie di Albalonga, Cisco Roma e Tivoli”.

Una carriera che qui nel Lazio in pochi possono vantare, ma che gli ha dato modo di confrontarsi con numerosi protagonisti del calcio degli anni novanta e duemila.

Gente che un tempo battagliava in campo come lui e che adesso magari siede su alcune tra le panchine più prestigiose del nostro calcio.

“La sorte mi ha permesso di giocare contro un sacco di gente che poi sarebbe diventata famosa: Montella, Spalletti, Allegri, Gautieri.

Di alcuni già si vedeva che sarebbero diventati tecnici.

Di altri chi se lo sarebbe immaginato?

A Catanzaro ero in squadra con Massimo Palanca.

Quello che segnava da calcio d’angolo, avete presente?

Beh, un giorno giocavamo a Licata, campo in terra, perchè all’epoca pure nel professionismo se ne poteva trovare qualcuno, specie al Sud – sorride Cotroneo – L’allenatore mi fece scaldare e dopo un po’ mi disse che dovevo entrare.

Io rimasi come imbambolato e Palanca dal campo mi disse: “Forza, è solo una partita di pallone”.

Il mio esordio in B andò così.

Ero un centrocampista, uno che si faceva benvolere dai propri tifosi perchè in campo davo sempre tutto me stesso ed uscivo con la maglia zuppa di sudore.

A volte, però, mi schieravano anche da libero”.

Ed anche in quel ruolo le cose non è che andassero poi così male.

“Una stagione che rischiava di essere fallimentare divenne alla fine memorabile – rammenta Cotroneo – Alla fine del girone d’andata sembravamo spacciati, poi ci salvammo con due giornate d’anticipo.

Io segnai tredici gol.

Potevo far meglio in carriera?

Mah, chissà?

L’unica cosa che so è che la vita di ognuno di noi è fatta di snodi: l’anno dopo Zaccheroni, che a Lugo aveva allenato negli anni precedenti e che mi aveva fatto visionare più volte, voleva portarmi a Venezia.

Andai a Milano per firmare con Zamparini, ma arrivò il direttore sportivo, Angelo Sormani, che forse per ripicca disse al presidente che non tollerava di essere scavalcato.

Così non se ne fece più nulla”.

Tra i dilettanti scese quando l’età cominciava a farsi sentire, ma fece comunque in tempo ad essere tra i professionisti di quella che resta l’ultima impresa calcistica della Tivoli.

“Il primo anno chiudemmo al secondo posto, il secondo vincemmo il campionato di Serie D con Giancarlo Morrone – prosegue Cotroneo – Dal Gaucho ho imparato molto, specie nella gestione del gruppo.

Magari Giancarlo non era un allenatore di campo nel senso classico del termine, però sapeva tirar fuori l’uomo oltre che il calciatore.

Lui era un personaggio: quando mancavano cinque minuti alla fine di una partita, rientrava sempre negli spogliatoi perchè aveva paura di affaticare il suo cuore malandato e mi diceva: “Carlo, adesso guidali tu”.

La prima volta che lo fece non sapevo come comportarmi, poi ci ho preso la mano”.

E soprattutto gusto, visto che in seguito, smessi i panni del calciatore, quello sarebbe stato il suo ruolo.

“Cominciai facendo il secondo ad Andrea Chiappini a Viterbo, poi una breve e sfortunata parentesi a Torrenova ed una stagione a Cecchina in cui sfiorammo il secondo posto, finendo alle spalle dell’Aprilia – commenta il tecnico – L’anno successivo firmai per l’Albalonga ma le cose non andarono bene per vari motivi.

La società decise di esonerarmi, nonostante fino alla riunione della sera precedente mi avessero confermato la fiducia.

Con il presidente Camerini c’è stato un chiarimento anni dopo, con qualcun altro no.

Acqua passata comunque”.

Se neppure il successivo passaggio ad Artena (esonerato dopo un paio di partite) si rivelò particolarmente proficuo, i ricordi migliori delle ultime stagioni derivano dalle categorie minori e da un calcio che forse riesce a rivelare quei principi di umanità che lo riportano ai tempi che furono.

“De Vecchis doveva andare a lavorare in Albania e mi contattò per chiedermi se fossi disposto ad allenare a Torri in Sabina – s’illumina Cotroneo – Inizialmente ero dubbioso, poi scoprii un ambiente puro.

Formammo un bel gruppo, alcuni di quei ragazzi mi chiamano ancora nonostante la retrocessione.

Sono queste le soddisfazioni più grandi per un allenatore: quando i giocatori capiscono che vuoi metterli nelle condizioni di tirare fuori il meglio di ciò che possono fare.

Anche quella di Ostiantica, dove sono rimasto due anni, è stata una grande esperienza, fino a quando qualcuno non ha cominciato a pretendere di entrare nello spogliatoio per dire la sua.

Situazioni che, una volta, nel calcio non si sarebbero mai verificate.

Successivamente Calce voleva portarmi a Trastevere, ma non se ne fece nulla”.

Quello probabilmente è stato il periodo peggiore.

“Mia moglie era contenta, perchè passavamo più tempo insieme – sorride amaro Cotroneo – Io però ogni tanto scappavo anche solo per vedere un tempo di una partita.

Il calcio è la mia vita, non posso farci nulla.

Alla fine sono tornato a Torri in Sabina, stavolta in Seconda Categoria.

Abbiamo stravinto il campionato e, sotto certi aspetti, è stato come rinascere”.

Positiva è stata anche la successiva esperienza a Cerveteri.

“La società mi ha chiamato a stagione in corso, avvisandomi subito che non aveva ulteriori soldi da spendere – dice Cotroneo – Io chiesi solo di fissare una seduta di allenamento settimanale in più, dando magari un piccolo rimborso benzina a quei pochi che venivano da fuori.

La stagione l’abbiamo conclusa con dodici vittorie e quattro pareggi.

E se avessimo avuto una punta di ruolo senza dover adattare altri ragazzi, saremmo arrivati ai play-off”.

Soddisfazioni, come quella di aver completato il corso a Coverciano.

“Da giocatore pensavo che l’apporto di un tecnico in termini di percentuale fosse minimo, adesso ho cambiato radicalmente idea – puntualizza Cotroneo – Ora dico che conta il 100% sui destini di una squadra.

Se è bravo e riesce a portare tutti i suoi giocatori ad esprimersi al meglio, i risultati non tarderanno a vedersi.

In caso contrario si pagherà dazio”.

Ora resta da capire chi ha gli strumenti per valutare il lavoro di un allenatore nel nostro calcio.

“Non tutti possono essere dei Sagramola, ma il merito e le capacità dovrebbero essere premiate ed in questo anche la stampa ha le sue responsabilità – mastica amaro il tecnico – Tutto si basa sul risultato finale di una partita, ma dovrebbero essere altri gli elementi da prendere in considerazione per determinare se una squadra abbia giocato più o meno bene una partita”.

Adesso sfoglia lo rosa in attesa di un’opportunità importante.

“So che è dura, ma spero che mi diano la possibilità di mettermi alla prova in Serie D – chiosa il tecnico – Se poi non dovessi dimostrare di avere le giuste capacità per quel tipo di categoria, alzerò le mani, però credo di essermi meritato un’opportunità di quel genere.

Magari potrei anche prendere in considerazione la chiamata di una società di Eccellenza, ma solo per un progetto ambizioso.

Non prendetemi per presuntuoso, ma qualche cosa nel calcio l’ho imparata e spero di poter metterla in pratica…”.