A cura di Matteo Lanzi
Il portiere, si sa, è un ruolo diverso, che si distingue dagli altri dieci compagni che corrono per il rettangolo verde. La preparazione tecnica e mentale dei “numeri uno” è delicata, proprio perché finalizzata a
preparare un atleta il quale in campo sarà solo e chiamato, si spera, a sbagliare il meno possibile. In casa “Red Tigers” l’allenamento dei portieri è affidato da tre anni a Giulio Miotto, che si occupa di allenare i ragazzi del settore giovanile e gli atleti della prima squadra. Mi8, come è soprannominato, è un professionista dal rinomato valore, abilitato da tempo come preparatore dei portieri dalla FIGC. È partito come allenatore della fascia Under 14–Under 17, per arrivare poi lo scorso anno all’Under 19 e da questa stagione anche alla prima squadra. Manca solo la scuola calcio per fare l’en-plein, ma forse è un sogno non troppo lontano…
In questi mesi di Pandemia come è proseguita la preparazione dei “numeri uno”?
“Fortunatamente è cambiato poco o nulla: allenando quattro atleti a volta è stato facile proseguire con la preparazione visto che non ci sono particolari problemi di distanziamento. Il fattore negativo è sicuramente l’assenza del pensiero della partita, il quale emotivamente ti dà uno slancio in più durante la settimana. I ragazzi comunque hanno risposto bene: ho riscontrato pochissime assenze, segnale chiaro della voglia di giocare che c’è in ognuno di loro. Ad alcuni sono molto legato, avendoli praticamente cresciuti io calcisticamente durante questi anni”.
Che esercizi si possono consigliare per chi magari in queste settimane non ha avuto la possibilità di venire ad allenarsi al campo?
“Sono pochi gli esercizi per i portieri che includono il contatto diretto e questo è un grande aiuto. Certo, ci sono delle attività che ora non si possono svolgere, come per esempio i cross dalle fasce con tre o quattro persone a riempire l’area, ma per il resto è tutto accessibile e sicuro. A chi sta a casa consiglio di fare parecchio esercizio fisico: flessioni, addominali, squat e, soprattutto, tanta corda”.
Cosa cambia tra allenare un portiere di settore giovanile e uno di prima squadra?
“La differenza principale è che un portiere di settore giovanile è plasmabile: si può lavorare sui difetti cercando di eliminarli, oppure si può modificare un aspetto, un’impostazione di gioco, cercando di renderla più utile ai fini pratici della prestazione. Con un portiere di 30 anni, per esempio, questo discorso non si può fare: non si possono eliminare i difetti ma al massimo si possono migliorare. Per fare ciò è fondamentale tenerli sempre in allenamento, cercando di farli restare su una linea d’intensità sempre spinta verso il massimo. Nonostante questo, ripeto, a degli uomini già formati non è possibile modificare a tuo piacimento la loro attitudine, il loro comportamento in porta, per quanto si possano limare certi aspetti”.
Qual è la fascia più difficile da allenare nel settore giovanile?
“Sicuramente quella dell’Under 14: sono ragazzi che vengono dalla scuola calcio, abituati a tipi di allenamento più blandi e ludici. Perciò io ogni anno, da gennaio in poi, faccio salire con noi i ragazzi dell’ultimo anno di Esordienti, per prepararli a quello che sarà l’allenamento dell’anno successivo, molto più intenso di quelli a cui sono abituati”.
Come ti trovi a Giardinetti?
“Sono a mio agio: conoscevo Antonio Ranieri e Maurizio Manieri già dal 1996, avendo vinto insieme a loro un campionato di Prima Categoria. Ti racconto un aneddoto sul primo incontro con Antonio come possibile membro dello staff tecnico del Giardinetti: gli dissi che probabilmente non mi conosceva come allenatore ma che però, chi capisce di calcio, già dopo pochi minuti sa chi ha di fronte, specificandogli che si stava mettendo in casa il Mourinho degli allenatori dei portieri del Lazio. La società è organizzatissima: sia la Presidenza che la dirigenza sono sempre presenti e non ci fanno mancare nulla. È tra le prime società del calcio laziale”.
Qual è la tua speranza per il prossimo anno?
“Oltre ovviamente a rivedere tutti i miei ragazzi in campo spero di riuscire, grazie al nostro lavoro, a far spiccare il salto ad alcuni loro verso qualche società di Serie D o, perché no, anche nel professionismo…”