PARA COME NEUER, PENSA COME SOCRATE: ECCO MAZZOLENI, IL BAMBINO D’ORO DEL GRIFONE MONTEVERDE

PARA COME NEUER, PENSA COME SOCRATE: ECCO MAZZOLENI, IL BAMBINO D’ORO DEL GRIFONE MONTEVERDE

Ha esordito in Eccellenza a quindici anni, nove mesi e dieci giorni, respingendo un calcio di rigore a Fonte Nuova.

Se non è un record, poco ci manca, e comunque alla statistica lui non sembra dargli neppure troppo peso, ma piuttosto ripensa ai tempi in cui il calcio lo giocava in parrocchia a San Giovanni.

Sono trascorsi solo tre anni.

Sì, perchè prima per Riccardo Mazzoleni, giovane e talentuoso portiere del Grifone Monteverde, il calcio era questo.

Una passione trasmessa in prima istanza dal nonno.

Non certo una disciplina agonistica, nè tantomeno un indirizzo possibile per la vita.

Prima si divertiva con il karate e sognava di frequentare un giorno il Conservatorio.

Ora la musica è cambiata.

Adesso molti club professionistici si stanno informando su di lui e ben presto si troverà nelle condizioni di compiere le sue prime scelte da “grande”.

Riccardo sfoglia la margherita, ma non dimentica da dove è partito.

E’ venuto a trovarci ed è stata una lieta sorpresa.

Con lui abbiamo parlato di calcio, ma non solo, scoprendo un personaggio insolito per i parametri cui siamo abituati.

 

Mazzoleni, partiamo dall’inizio.

“Questo è solo il terzo anno che gioco.

Il mio primo approccio con lo sport è stato il karate e, quanto al calcio, il modo più accessibile per farlo era frequentare la parrocchia vicino casa mia a San Giovanni.

Poi mi sono trasferito a Manziana ed ho deciso di giocare seriamente”.

In quale società?

“Ho giocato per l’Almas, facendo la spola tra Giovanissimi ed Allievi.

A fine anno ho avuto un po’ di problemi con loro ed ho accettato l’invito di Christian Silvestri di partecipare ad uno stage a Catania.

Successivamente lui stesso mi ha offerto l’opportunità di firmare per il Grifone Monteverde.

Ci ho riflettuto su ed alla fine ho accettato, anche perchè mi hanno garantito che sarei stato inserito nella rosa della prima squadra”.

L’esordio a Fonte Nuova il quindici settembre scorso.

“Per quanto riguarda il campionato, sì.

A me piace però datarlo all’amichevole che giocammo con la Nazionale del Libano allenata da Giannini”.

Cosa provò quel giorno?

“Un mix di emozioni.

Ero teso, preoccupato di non poter garantire la giusta sicurezza ai miei compagni.

Non pensavo che sarei stato gettato nella mischia, ma alla fine l’arbitro fischiò l’inizio della partita e riuscii a concentrarmi unicamente sul campo.

A fine gara Giannini mi fece i complimenti e mi esortò a non montarmi mai la testa.

Tengo bene impresse le sue parole”.

Come vanno le cose con i “vecchi” del gruppo?

“Inizialmente mi aspettavo, se non addirittura un pizzico di nonnismo da parte dei grandi.

Invece devo dire che tutti mi hanno aiutato ad inserirmi.

Voglio ringraziare in modo particolare Bianchini e Iannotti che con me sono stati splendidi.

Iannotti ormai è diventato un saggio, ha messo la testa a posto.

Mi dicono che prima fosse uno dei più grandi “casinari” della categoria (ride)“.

Inizialmente aveva tra i suoi compagni anche Assogna, uno dei portieri più esperti della regione.

“Daniele è un ottimo portiere.

Credo abbia avuto difficoltà ad accettare la scelta del club di puntare su un under come me ed alla fine ha preferito andar via”.

In quel periodo ne avete dovuti affrontare molti di cambiamenti…

“All’inizio si era creata una situazione di eccessiva fiducia da parte della squadra.

Io credo che il fulcro della squadra sia la squadra in sé e non chi ne fa parte.

Quando alcuni tra i giocatori più importanti, i pilastri, sono andati via, ho notato grande voglia di rimettersi in gioco da parte di tutti e questo è stato determinante”.

L’addio di Cuomo e l’arrivo di Ferretti.

Quali le differenze sostanziali tra i due?

“A mio giudizio, Cuomo si fidava più che altro del nome del giocatore.

Per dire, Iannotti poteva permettersi anche un colpo di tacco in più, perchè era Iannotti.

Con Ferretti vedo invece la tendenza a giocare con maggiore semplicità, per non sprecare mai la palla.

Il lavoro del mister è più improntato su nozioni basiche del gioco, ma rispetto a Cuomo ha una maggiore inclinazione verso il gioco offensivo.

Inoltre, Ferretti è molto deciso sia in campo che nello spogliatoio.

Dà molto spazio al dialogo, ma non lascia che i giocatori più esperti prendano il sopravvento sulla sua figura.

Lui ha avuto il merito di definire immediatamente i ruoli all’interno del gruppo””.

Si confronta con lui?

“Succede spesso.

Non sono il tipo che ama chiudersi in se stesso.

Mi piace parlare con il mister e con il mio preparatore.

Lo facevo prima con Franco Quintini e lo faccio ora con Benedetto Campagnolo.

Alla fine di una partita il mio primo impulso è capire dove ho sbagliato e dove potevo fare comunque meglio”.

Tra le qualità che maggiormente emergono, voi sembrate privi di mezze misure.

I pareggi sembrano banditi in casa Grifone Monteverde.

“Come dice il grande Mirco Ruggiero, una squadra che non può vincere, non può neppure perdere.

Noi abbiamo perso partite che non meritavamo di perdere ed in alcuni casi ne abbiamo vinte altre dove forse non meritavamo la vittoria.

Questo per dire che nel calcio occorre anche una buona dose di fortuna.

Con Rieti e Monterosi, a mio avviso, meritavamo non solo il pareggio ma anche la vittoria.

Purtroppo è andata così.

Purtroppo questa è una caratteristica su cui dobbiamo migliorare.

Quando affronti squadre di un certo calibro e non sfrutti le occasioni, prima o poi vieni punito”.

Viterbese Castrense e Rieti: chi la spunta tra le due?

“Per me la Viterbese Castrense è oggettivamente più forte.

E’ compatta, completa sotto ogni punto di vista.

Ha dato via uno come Toscano, una macchina da gol, ed è riucita a sostituirlo più che degnamente.

Il Rieti è una sorta di carrarmato da centrocampo in su, ma nella fase difensiva scricchiola…”.

Tra due giorni si gioca anche la finale di Coppa Italia.

“Penso che sarà una partita senza storia.

Secondo me, i gialloblu faranno bene a non sottovalutare gli avversari, ma non penso che avranno troppi problemi ad aggiudicarsi il trofeo”.

Il Grifone naviga in acque tranquille.

“E di questo sono particolarmente dispiaciuto, perchè la nostra posizione attuale non rispecchia fedelmente la qualità complessiva della squadra.

Io credo che siamo sullo stesso livello della Nuova Sorianese, per intenderci.

Adesso dobbiamo puntare a risalire più possibile la china e provare a vincere gli scontri diretti”.

Tra breve affronterete le prime tre.

“Contro la Sorianese la partita sarà importante per misurare la nostra crescita.

Alla sfida con il Rieti tengo in maniera particolare perchè avrò la possibilità di giocare in uno stadio che da piccolo vedevo spesso in tv, quando vi era protagonista l’Under 21.

Il match con la Viterbese Castrense invece mi fa tornare in mente l’amarezza provata nel non essere stato schierato titolare nella gara di andata in casa loro”.

Ancora arrabbiato per la scelta di Cuomo?

“No, rimasi solo dispiaciuto.

E’ giusto che un allenatore faccia le sue scelte.

A me danno fastidio quelli che le contestano”.

Tra breve avrà modo di affrontare la squadra di Solimina al Villa dei Massimi.

“Sarà una bella partita sicuramente.

Noi ci esprimiamo meglio in casa piuttosto che in trasferta.

Forse ci sentiamo più sicuri.

Se riuscissimo ad interpretare allo stesso modo sia le gare interne che quelle esterne saremmo una corazzata.

Resta il rammarico per non aver trovato la giusta continuità nel corso della stagione, perchè ora staremmo parlando di una classifica diversa”.

Veniamo a lei.

Cosa si aspetta dal futuro?

“La speranza è quella di lasciare questa categoria al termine della stagione.

Diciamo che ora come ora mi trovo nella fase in cui si gettano dei semi.

Speriamo di raccogliere dei frutti in primavera…”.

Nel corso degli ultimi mesi numerosi club professionistici hanno bussato alla porta del Grifone Monteverde.

Se le venisse prospettata la possibilità di scegliere tra la Primavera di un Club di A o B ed il ruolo di terzo in uno di Lega Pro, lei quale soluzione preferirebbe?

“Credo che preferirei senz’altro giocare in Primavera.

Accettando un ruolo come quello di terzo si corre il rischio di sparire ed alla mia età si ha fame di mettersi in mostra”.

L’interesse di società come Lanciano, Frosinone e Latina è noto.

Non ha paura di lasciare casa a fine anno?

“Non particolarmente.

La mia vita è sempre stata piena di sconvolgimenti e quindi sarei pronto per fare nuove esperienze”.

So che lei è un grande tifoso romanista.

Mi racconta l’amichevole giocata a Formello?

“La società mi ha chiamato, mentre tornavo in pullman con la Rappresentativa Allivi da un’amichevole in Molise.

Inizialmente pensai fosse uno scherzo, poi scoprii che era tutto vero.

Fu emozionante, volevo capire come sarei riuscito a comportarmi al cospetto di giocatori professionisti”

Quali sensazioni ha provato?

“All’inizio ero agitato, giocare davanti a cinquemila persone non è che capiti tutti i giorni”.

Quel giorno lei ha compiuto alcune splendide parate.

Qual è stata quella più difficile?

“Credo quella su Candreva, è stata puro istinto.

Mi ha fatto piacere ricevere i suoi complimenti, così come sentire gli applausi del pubblico della Lazio, quando il mister mi ha sostituito.

Una soddisfazione doppia per uno come me che è romanista nelle viscere e che quel giorno indossava anche un paio di slip giallorossi (ride)…”.

Quale differenza le è balzata all’occhio con maggiore evidenza nel giocare contro calciatori di Serie A?

“Soprattutto la loro prestanza fisica e la loro qualità nel far girare la palla.

Una qualità che ci chiede sempre mister Ferretti.

Nel nostro campionato non è usuale vedere squadre che si muovono in maniera compatta ed armonica”.

Tornando alla partita di Formello, alla sua uscita la Lazio non era ancora riuscita a portarsi in vantaggio.

“Diciamo che nel primo tempo ero un po’ preoccupato per la Lazio, perchè non sembrava esserci tutta questa differenza di valori in campo.

Sembravamo due squadre di Serie B.

Scherzi a parte, si vede che non attraversavano un periodo felice, però alla fine i reali valori vennero fuori”.

La domenica successiva perdeste con il Futbolclub…

“Forse accusammo il colpo, ma onestamente quella partita la giocherei altre mille volte”.

In campionato qual è stata la tua parata più bella?

“Forse quella contro il Fonte Nuova è stata la più difficile.

Se intendiamo invece quella più spettacolare, direi quella su Artistico contro il Rieti”.

La sua maggior dote?

“Credo siano la velocità, l’istinto e la capacità di mantenere alta l’attenzione sul gioco”.

Ed i difetti su cui lavorare?

“Devo migliorare il gioco con i piedi.

All’inizio ero molto insicuro, ora le cose vanno meglio e questo è importante.

Forse dovrei anche essere meno spericolato in certe situazioni…”.

Cosa passa nella testa di un portiere quando si vede arrivare un attaccante in campo aperto?

“Non pensi a nulla di particolare.

Pensi solo al modo migliore per prendere la palla”.

Niente paura?

“Se ne hai, non puoi fare il portiere.

Il mio è un ruolo dove tutte le parti del corpo vengono a contatto con gli avversari”.

Definisca il ruolo del portiere nella sua concezione.

“Credo sia fatto di attimi, come tutto il calcio, del resto.

E’ un po’ come in un’orchestra: se stona una componente, stona tutto l’insieme.

Per un portiere compiere una bella parata equivale a fare il proprio dovere.

Quando sbagli invece è finita e nessuno può ovviare al tuo errore”.

Ci sono sempre grandi discussioni circa la regola sugli under in questa categoria?

Lei come la vede?

“Secondo me, in una squadra deve esserci il giusto equilibrio tra giovani ed esperti.

La squadra perfetta non è composta solo dagli uni o dagli altri.

Io penso che se un calciatore giovane viene accantonato o messo in disparte, non potrà mai acquisire l’esperienza giusta per giocare.

Nel calcio serve una fase di rodaggio.

Se lo si tiene fuori, un under non sarà mai pronto.

Credo che, in alcuni casi, i giocatori più esperti dovrebbero avere la testa ed anche il cuore di lasciare un po’ di spazio ai giovani”.

Nonostante i sedici anni da poco compiuti, lei sembra una persona particolarmente equilibrata.

“Probabilmente questa è la mia maggior virtù.

Il difetto è invece quello di sdrammatizzare sempre, anche quando le circostanze richiederebbero un approccio diverso”.

Quali obiettivi si pone a breve termine?

“Voglio terminare la stagione in modo ottimale, prendendo meno gol possibili.

Nella mia breve carriera ho sempre lottato per la salvezza, ora spero di concludere questo campionato in maniera più serena.

Se devo dirla tutta, io preferisco vincere le partite 1-0 piuttosto che 6-1″.

Ha un modello di riferimento?

“Penso al portiere del Bayern, Neuer.

Lui è diventato così forte da potersi permettere tutto.

Da una presa normale tira fuori qualcosa di diverso.

Oltretutto, ha una visione di gioco incredibile”.

Mi sembra di capire che lei preferisca gli interpreti spettacolari a quelli bravi ma scolastici…

“Penso che un portiere debba essere bello da vedere e questo asseconda la tendenza di ciò che nel tempo è diventato il calcio, ossia un evento mediatico prima ancora che agonistico.

Questo è positivo perchè ha accresciuto il business, ma anche negativo perchè alcuni valori rischiamo di perderceli per strada.

Tornando al mio ruolo, dico anche che la spettacolarità va bene, ma non bisogna comunque mai esagerare…”.

Niente parata dello scorpione, dunque.

“No, nella maniera più assoluta”.

Qual è il tiro più difficile per un portiere?

“Forse le punizioni laterali, quelle basse e tagliate verso il secondo palo.

Rischi sempre di fare una figuraccia.

Io preferisco aggredire il pallone in quei casi”.

Parlando di papere, a lei è capitato di farne?

“Giocavo nell’Almas.

Mi fecero un cross di quelli lenti ed io uscii con troppa sicurezza e non la presi.

Il pallone finì in rete, volevo sotterrarmi”.

Che rapporto ha con gli arbitri?

“Normale.

Per me l’arbitro ha sempre ragione, è inutile protestare quando ha preso una decisione.

Anzi, mi arrabbio con i miei compagni quando lo fanno.

Mi sembra un atteggiamento immaturo nel complesso”.

E’ stato mai espulso?

“Mai.

Adesso magari lo faranno a Soriano (ride)”.

Invadiamo la sua privacy.

Alla sua età i ragazzi rischiano di perdere di vista il campo per dedicarsi agli affari amorosi.

A lei come va?

“Ora non ho una ragazza.

D’altronde, in questo momento un’ipotetica ragazza la vedrei solo a scuola, visto che passo le mie giornate lì, sul campo o in macchina per andare al campo”.

So però che le donne hanno comunque un ruolo privilegiato nella sua vita.

“Mia madre Ornella e nonna Emiliana sono figure centrali nella mia vita.

Le devo ringraziare moltissimo perchè sono anche le mie autiste, visto che non ho ancora la patente.

A loro aggiungo la mia sorellina Irene”.

So anche che la domenica viene ad incoraggiarla un tifoso speciale…

“Sì, Matteo.

Ci conosciamo da sempre e non si perde mai una partita.

Rinuncia alle coperte per vedermi prendere gol la domenica!”

So anche che frequenta il Primo Liceo Classico.

Materia preferita?

“Senza dubbio, storia.

In maniera particolare amo quella medioevale, spero di laurearmi specializzandomi in quella materia un giorno”.

Personaggio preferito?

Ne ho più di uno, ma non fanno parte della storia medioevale.

Mi piace citare Pericle e Cesare”.

Uno era fautore della democrazia, l’altro era un oligarca.

Non c’è della contraddizione?

“Solo in parte.

Partivano dallo stesso concetto per realizzare finalità diverse.

Pericle usava il logos (pensiero) per promuovere la democrazia, mentre Cesare lo utilizzava per promuovere se stesso.

Erano entrambi affascinanti però”.

Mi dicono che ha un ottimo rendimento scolastico.

“Sì, a scuola non ho problemi, anche se mi pesa non riuscire ad andare oltre la sufficienza in biologia”.

Musica, storia, filosofia…

Che altro c’è?

“Il cinema.

Tra i miei sogni c’era anche quello di frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica.

Poi amo leggere, Tolkien soprattutto.

Lui è stato uno dei più grandi geni nella storia dell’umanità per quanto mi riguarda.

Ora ho poco tempo per leggere e la cosa mi infastidisce parecchio”.

Non solo il calcio, dunque.

“Il calcio è sempre la seconda porta per me e lo sarebbe anche se io ora fossi tra i professionisti.

Il calcio è la mia vita, ma io credo che un uomo, per essere realmente formato, debba possedere un bagaglio culturale e delle qualità morali.

L’arroganza e la presunzione, ad esempio, mi mandano in bestia.

Dobbiamo mantenere l’umiltà ed imparare da chi ne sa più di noi.

Come diceva Socrate: “So di non sapere”.

Questa potrebbe essere la mia massima preferita”.