Quattro vittorie, due pareggi e cinque sconfitte: questo lo score del Parioli nelle prime undici giornate e, considerando che parliamo di una matricola che dalla scorsa estate ha dovuto affrontare mille difficoltà, logistiche e non solo, e che per motivi geografici è stata inserita in quel gruppo della morte che è l’A di Eccellenza il bottino non è affatto disprezzabile.
Lo sa bene Mario Lenzini, spirito ed entusiasmo degni di un ventenne e curriculum da decano degli allenatori laziali, dall’alto dei suoi trent’anni in panchina.
“Fino a qualche settimana fa, viste le tante problematiche avute ed il rendimento della squadra, ai ragazzi avrei dato un 9 in pagella – esordisce ai nostri microfoni l’ex allenatore, tra le altre, di Civitacastellana, Ciampino e Ronciglione United – Adesso però veniamo da qualche sconfitta e allora fermiamoci ad un sei e mezzo che mi sembra più giusto.
Ultimamente abbiamo perso punti in maniera un po’ stupida, anche domenica scorsa con la W3 Maccarese eravamo sullo 0-0 fino a pochi istanti dalla fine e dopo la loro rete su calcio d’angolo ci siamo disuniti e ne abbiamo incassate altre tre in pochi minuti”.
Il Girone A di Eccellenza è apertissimo ed ogni settimana regala sorprese ed emozioni.
“Questo torneo rappresenta la vera Eccellenza, mentre il B, lo dico con tutto il rispetto per le squadre che lo compongono, sembra Promozione – sottolinea il mister – Nel nostro torneo la penultima è il Città di Cerveteri che pure ha investito somme importanti e la stessa Ottavia ha in rosa giocatori di nome e dalla grande esperienza.
Noi abbiamo fatto una scelta diversa: abbiamo puntato su giocatori che erano usciti dall’obbligo dell’età di lega e quindi erano stati lasciati liberi dalle rispettive società.
Nella mia squadra il più vecchio è del ’96, però a me va bene lo stesso.
Siamo consapevoli di poter vincere o perdere con chiunque data l’inesperienza di un gruppo che prevalentemente è composto da gente che con questa categoria non si era mai misurata prima”.
Una scelta maturata quasi per gioco qualche stagione fa in uno dei due ristoranti che Lenzini e la sua famiglia gestiscono e che tra i suoi clienti più affezionati annoverava tanti calciatori.
“Abbiamo deciso di provarci, partendo dalla Terza Categoria – ricorda il tecnico – All’epoca allenavo a Ronciglione e mi hanno chiesto di fare una squadra.
Pian pianino siamo saliti nelle categorie superiori ed allora ho deciso di avere un ruolo pienamente operativo.
Abbiamo obiettivi importanti per il futuro, stiamo definendo contratti commerciali di grande livello e vorremmo trovare stabilità in questa categoria.
Continuare a giocare in questa categoria sarebbe un onore per il Parioli, che in settimana si allena al Gentili e quando gioca in casa percorre 120 chilometri per arrivare ad Allumiere.
In futuro vogliamo però giocare le nostre gare casalinghe a Roma”.
Data la formula del campionato la permanenza in categoria sarà davvero una medaglia al petto da esibire con fierezza per le squadre che riusciranno a conquistarla.
“Alla squadra l’ho detto a più riprese – ride di gusto Lenzini – Se ci salviamo attraverso i play-out, sarà come aver vinto il campionato.
Una salvezza diretta equivarrà invece ad alzare una Champions League.
Ad inizio anno, qualcuno diceva che non avremmo conquistato neppure un punto e invece…
La squadra però adesso deve fare un salto: finora siamo stati belli, ora dobbiamo imparare ad essere cinici e diventare gente da battaglia.
Se occorre, dobbiamo pure imparare a bucarli i palloni…”.
Avvezzo da sempre a parlare senza giri di parole e con invidiabile sincerità, la chiosa di Lenzini è dedicata all’attuale livello di un campionato che conosce come le sue tasche da tre decenni.
“Rispetto a prima si è notevolmente abbassato e secondo me la colpa è delle troppe squadre laziali che giocano in Serie D rispetto ad una volta – riflette il mister del Parioli – Io e Porcelli siamo un po’ i decani, anche se io ho più panchine di lui in questa categoria.
Il calcio è cambiato, ma non in meglio.
Secondo me il cosiddetto guardiolismo ha fatto danni, perché in molti cercano di imitarlo.
Poi però guardi la Serie A ed alla fine chi vince si chiama Conte o Inzaghi.
Un fenomeno analogo lo sto notando anche tra i dilettanti.
Una volta erano battaglie anche in panchina, ma ti confrontavi con gente che si chiamava Fronti, Ceripa o Di Nitto.
Adesso onestamente nessuno riesce più ad impressionarmi.
Tempo fa, una persona mi ha detto: “Quest’anno ho trovato un portiere che gioca alla grande con i piedi”.
Io gli ho risposto: “Ed un centravanti che segna con le mani ce l’hai?”.