Valle del Tevere, Federici ed il gol-play off: “Per cinque secondi non ho capito più nulla. Il Budoni? Dobbiamo essere sfrontati…”

Valle del Tevere, Federici ed il gol-play off: “Per cinque secondi non ho capito più nulla. Il Budoni? Dobbiamo essere sfrontati…”

Il calcio, si sa, toglie ma sa anche restituire con gli interessi.

Dodici mesi fa, Matteo Federici visse una delle più sanguinose sofferenze della sua carriera calcistica con la retrocessione de quel Monterotondo di cui era bandiera, simbolo e capitano.

Oggi lo ritroviamo felice e sorridente per l’indiscutibile contributo reso alla causa di una Valle del Tevere che si accinge a rappresentare i colori del Lazio nella fase nazionale dei play-off ed assai più consapevole del ragazzo che per anni ha girato in lungo e in largo l’Italia rincorrendo il suo sogno.

Da questi presupposti comincia una lunga chiacchierata con l’attaccante che ieri ha fatto impazzire di gioia il popolo di Forano.

 

Matteo, facciamo un passo indietro.

Ricordi dove ti trovavi dodici mesi fa?

“E chi se lo scorda?

Stavo lottando per la salvezza con il Monterotondo…”.

Cosa ti rimane di quel giorno?

“E’ stata una delle sofferenze più grandi che abbia vissuto da giocatore.

E’ stato tremendo retrocedere da capitano della squadra della mia città.

Per me, eretino d.o.c., è stato un colpo durissimo…”.

Di lì a breve arrivò la chiamata della Valle del Tevere.

“Furono mister Scaricamazza ed il direttore sportivo Bianchi a cercarmi.

Mi illustrarono un progetto che mi piacque fin dal primo istante ed accettai con entusiasmo.

La forza di questo ambiente sta nella voglia e nell’entusiasmo.

Ad una base già solida che nell’anno precedente aveva vinto in Promozione si sono aggiunti elementi di spessore e giovani di assoluto livello e secondi forse solo a quelli dello SFF Atletico.

Grazie a questo mix abbiamo costruito una stagione importante”.

Spesso si è parlato della duplice anima della squadra.

Nel vostro gruppo è presente anche una piccola ma vitale componente extracomunitaria.

“Per quindici anni ho giocato in varie regioni d’Italia ed ovviamente sono venuto a contatto con tanti calciatori di altre nazionalità.

Quest’anno però sono rimasto sorpreso da come questi ragazzi siano riusciti ad integrarsi velocemente.

Merito della loro intelligenza e merito del club che li ha messi nelle condizioni di esprimersi al meglio”.

La Valle del Tevere, da matricola, ha disputato una grandissima stagione: semifinalista di coppa (con tanto di eliminazione ai calci di rigore) ed una piazza d’onore strappata dopo un duello avvincente a Civitavecchia e Ladispoli.

E’ stato davvero impossibile mettere lo SFF Atletico nel mirino?

“Porto un enorme rispetto nei confronti dello SFF Atletico.

La squadra di Scudieri dispone di una rosa straordinaria, composta da venticinque giocatori fortissimi ed intercambiabili.

Inoltre, come già detto in precedenza, hanno giovani di cui sentiremo parlare.

Prendete quel Rocchi.

Ha solo ventuno anni, ma è un giocatore fantastico.

Ieri a fine match sono entrato nel loro spogliatoio per fargli i complimenti.

Loro hanno vinto con assoluto merito il campionato, nessuno può disconoscerlo”.

Avete avuto un rendimento costante, come testimoniano i due punti di media per partita raccolti nel corso della stagione.

L’unico neo è stata quella flessione dopo il giro di boa…

“Dopo la sconfitta per 3-0 a Fregene in occasione dell’ultima giornata d’andata, abbiamo un po’ sbandato e per alcune settimane abbiamo perso qualche punto di troppo.

La svolta è stata la gara di Ladispoli.

Quel giorno abbiamo capito che potevamo ancora farcela a rientare in gioco e così è stato”.

Tra te e Danieli un’intesa straordinaria.

Dando un’occhiata al rispettivo apporto realizzativo e provando a fare un paragone impegnativo, potremmo dire che avete ricordato quanto fatto da Batistuta e Montella nella stagione dell’ultimo scudetto romanista: uno decisivo durante il girone d’andata, l’altro determinante nei restanti quattro mesi del torneo.

“Giusto ieri c’era chi parlava di questo al campo (sorride).

Io mi limito a dire che difficilmente mi sono trovato tanto bene con un partner d’attacco.

Siamo punte simili, ma diverse nell’interpretazione del ruolo, e per questo ci completiamo alla grande.

Una coppia d’attacco che chiude la stagione a 34 reti complessive ed equamente suddivise non ha fatto male, credo…”.

Siete molto diversi anche sotto il profilo caratteriale.

“Vero, però ci completiamo alla grande.

Io sono un tipo estroverso, mentre lui è un ragazzo molto taciturno, anche se nei novanta minuti si fa sentire eccome (ride)…

Scherzi a parte, Peppe è un ragazzo d’oro, di un’umiltà rara”.

Torniamo alla gara di ieri.

Ad un certo punto, il Civitavecchia aveva operato il sorpasso…

“Noi non siamo stati a conoscenza del loro risultato fino all’inizio del secondo tempo.

Di partite come quella di ieri ne ho giocate diverse, sia per centrare obiettivi importanti che per salvarmi, e ti dico che la paura principale te la trasmette il tempo che inesorabilmente passa.

Ieri non stavamo giocando male, però ci mancava lo spunto decisivo.

Inoltre, ad un certo punto sul risultato di 1-1 Zonfrilli è stato letteralmente decisivo su Tabarini”.

Per vostra fortuna, a dieci minuti dalla fine il guizzo-play off è arrivato e a te è toccata questa gioia.

Rivedi mentalmente il gol come fosse un film.

“Fagioli ha lavorato questo pallone sulla corsia e lo ha messo al centro.

Con me in area c’erano Danieli e Nardi, ma ho capito immediatamente che loro non ci sarebbero potuti arrivare.

Quel pallone era mio, insomma è toccato a me…”.

Cosa scatta nella testa quando metti dentro un pallone così “pesante”?

“In casi come questo per cinque secondi un attaccante è come se fosse morto.

Non capisci più nulla, vuoi far tutto e non vuoi far nulla.

E’ difficile descrivere un’emozione del genere…”.

Tu sei stato per quasi tre stagioni in Sardegna nel corso della tua carriera agonistica, perciò ti chiedo di indossare i panni del nostro “Agente all’Avana”.

Che avversario sarà il Budoni?

“Un avversario tosto, difficile.

Parliamo di un club che ha una tradizione in Serie D e che ha una struttura già rodata per la categoria superiore.

Coloro che sottovalutano il Campionato di Eccellenza sardo commettono un errore grossolano, perchè da quelle parti transitano numerosi calciatori stranieri, specie argentini, di ottimo livello.

Io ho giocato ad Alghero e Calangianus e so di cosa parlo”.

Come veniamo fuori da una sfida tanto complessa, Matteo?

“Con sfrontatezza.

Può sembrare un paradosso, ma aver ottenuto grandi risultati al nostro primo anno in questa categoria deve trasmetterci un supplemento di carica.

Pensa alla Spal, a dove si trovava solo quattro stagioni fa e a dov’è adesso…”.

Ma è vero che nel corso di quella famosa estate stavi per firmare lì a Ferrara?

“Lo confermo.

Avvenne durante l’estate in cui Guarracino doveva diventare direttore sportivo del club.

Mi contattò per andare, ma ero già in parola con il Monterotondo”.

Gira voce che i tuoi compagni ti abbiano affibbiato un soprannome particolare.

“The Snake, il serpente.

Nulla di pericoloso, per carità, è semplicemente riferito all’attitudine che ho di trovarmi spesso vicino al pallone nei momenti importanti di una partita (sorride)…”.

Sbagliamo se consideriamo questa una delle migliori stagioni della tua carriera?

“Lo è stata certamente.

Al di là dei gol, mi sento cresciuto anche nel rapporto con il gruppo.

Sono più maturo e consapevole dei miei mezzi”.

Qualità che hanno indotto anche tanti dei nostri lettori a votare te per il nostro contest settimanale.

“So che è solo un gioco, però è sempre un bel riconoscimento e ne sono felice.

Mi fa piacere risultare simpatico alle persone”.

E’ prematuro domandarti se anche nella prossima stagione resterai a Forano?

“Tra me ed il presidente Enzo De Santis si è instaurato un bel rapporto, fatto di stima e sincerità.

Adesso siamo tutti concentrati su questa prossima sfida, più in là avremo certamente modo di parlarne”.

 

 

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