FISCHETTI, QUESTA E’ LA SUA STORIA: “NON HO UN PIANO B, VOGLIO SOLTANTO FARE IL CALCIATORE”

FISCHETTI, QUESTA E’ LA SUA STORIA: “NON HO UN PIANO B, VOGLIO SOLTANTO FARE IL CALCIATORE”

Immagina che un giorno ti diano la possibilità di sentire il profumo del calcio che conta e poi all’improvviso ti dicano: “Va bene, ragazzo, lo scherzo è finito.

Adesso prendi le tue cose e torna da dove sei venuto”.

Sotto certi aspetti, è come se, frugandoti in tasca, trovassi il biglietto d’oro e poi, sulla soglia della Fabbrica del Cioccolato, Willy Wonka ti chiudesse il cancello in faccia.

Quanti di noi getterebbero la spugna a quel punto?

Quanti di noi cercherebbero alibi e scuse, seduti al tavolino del primo bar?

Lui no, non lo ha fatto.

Lui, dove per lui s’intende Andrea Fischetti, non ha desistito.

Lui ha deciso che, se proprio non poteva più calcare l’erba dell’Artemio Franchi di Siena, si sarebbe rimesso in gioco pestando quella del Pera di San Cesareo, del Tomei di Sora, del Bruschini di Anzio e magari pure quella del Caslini di Colleferro.

C’è stato un giorno in cui Andrea ha intimamente deciso che del calcio avrebbe fatto la propria vita e non ne passa uno che non dedichi ogni singola stilla del proprio impegno alla realizzazione del suo sogno.

Questa è la storia di un sogno che non muore all’alba, ma piuttosto si alimenta, cresce e divampa negli occhi e nell’anima di un ragazzo che vuole realizzarlo a tutti i costi.

 

Andrea, ogni storia ha un inizio.

La tua da dove comincia?

“Dal Real Tuscolano.

E’ lì che ho cominciato a tirare i primi calci.

Ricordi belli, teneri, di un bambino che veniva accompagnato al campo da sua mamma.

Per fortuna, era vicino casa.

Andavamo a piedi.

Dopo sono stato una stagione alla Cisco Roma, quindi alla Nuova Tor Tre Teste dove ho avuto modo di vincere due scudetti con mister Coppitelli, a Verona con il Chievo negli Allievi Nazionali giocando sotto età, nuovamente in via Candiani e poi a Siena…”.

So che alla tua famiglia sei particolarmente legato.

“Mi piace viverla al 100%.

Tra noi c’è un rapporto molto forte, a casa c’è un bel clima.

Noi quattro amiamo prenderci in giro”.

Chi è più incline allo scherzo?

“Vittorio, mio padre.

A volte, ci punzecchiamo, poi interviene Alessandra, mia madre, e ristabilisce l’ordine”.

Il quarto componente della famiglia invece è…?

“Giorgia, mia sorella.

E’ più grande di me di otto anni, ma la differenza d’età tra di noi non si percepisce.

Sono protettivo con lei, le voglio davvero bene”.

Al nucleo storico da un po’ si è aggiunto un nuovo componente…

“Eva, la mia ragazza.

Io sono molto lunatico, mentre lei non ha difetti.

Anzi, uno ce l’ha: quello di volermi troppo bene.

Sono tre anni che l’amo.

Ringrazio Sara, una nostra amica in comune, che mi ha messo in condizione di conoscerla.

E’ stata un’ottima procuratrice (ride)…”.

E dato che il calcio si trasmette per via genetica, confermi che anche tuo padre lo praticava?

“E’ stato una seconda punta, ma al di là della Promozione non è mai andato.

Nonostante questo mi dice sempre che, se avessi avuto la metà della sua qualità nei piedi, adesso sarei titolare in Serie A.

Mettiamola così, mi fido fino ad un certo punto delle sue parole (sorride)…”.

Tuo padre è uno di quei genitori che si lasciano andare ad elogi sperticati dopo una partita ben giocata?

“No, affatto.

Domenica scorsa, ad esempio, mi ha rinfacciato un’azione in cui avevo calciato male, piuttosto che congratularsi per il bel gol che avevo fatto.

Oltretutto mi ricorda sempre un episodio di quando ero piccolo e piangevo spesso.

Un giorno, durante i Mondiali in Francia del ’98 ero lì che piagnucolavo, mentre lui guardava la televisione.

Cambiò canale e mise una partita.

Come per magia, smisi e rimasi in silenzio ad osservare lo schermo.

Forse fu un segno del destino, chissà.

Papà comunque è fatto così, certe osservazioni le fa per spronarmi.

Credo che l’unica volta in cui mi ha detto bravo sia stato al termine di una partita tra ragazzini al campo del Bettini, quando ancora giocavo nel Real Tuscolano.

Quel giorno feci tre gol alla Romulea e lo vidi molto soddisfatto”.

A proposito di gioia, domenica tu ed i tuoi compagni di squadra ne avete regalata in dosi massicce ai tifosi del Colleferro…

“Questo è il lato bello del calcio.

Anche ieri pomeriggio tanta gente è venuta al campo per ringraziarci di aver vinto il derby.

Il pubblico è tutto.

fischetti colleferroQuando fai una giocata, che sia un gol, un assist, una parata o un intervento difensivo, e senti la gente che ti batte le mani, ti senti importante ed orgoglioso.

E lo dice uno che durante le partite stacca parecchio e fa pure una certa fatica a sentire le indicazioni del mister.

Certe cose però le percepisci e ti fanno piacere”.

Figurarsi quando si realizza la rete che spacca la partita, come è accaduto a te domenica scorsa con la Vis Artena.

Se ti chiedo di descrivere l’azione, ci riesci?

“Eravamo in possesso palla con Rossi che ha lanciato in profondità, Bobo mi ha fatto una sponda delle sue con il petto ed io l’ho girata sulla sinistra a Fiore.

Poi ho chiesto a Mattia di ridarmela, ho percorso un paio di metri ed ho tirato.

E’ andata bene, è venuto fuori un bel gol…”.

Cosa ricordi degli attimi successivi?

“L’abbraccio dei compagni.

Il mio lavoro si svolge in funzione della squadra, io cerco sempre di aiutarla a vincere le partite.

Esultanza gol FischettiQuando ci riesco e percepisco il loro abbraccio, mi sento in paradiso.

E’ una sensazione che non ha eguali, così come è stato stupendo vincere il derby.

C’era tanta gente lì per noi, è stato emozionante leggere la felicità negli occhi delle persone e sentirne il boato quando abbiamo segnato o quando è finita la partita”.

A chi dedichi la prodezza di domenica scorsa?

“A mia madre.

Alcuni anni fa ha avuto dei problemi di salute che per fortuna adesso sono superati.

Il gol è tutto per lei”.

Cosa rappresenta il calcio per te?

“E’ la mia vita.

Da anni faccio costanti sacrifici per realizzare il mio sogno e li ho fatti fare anche alla mia famiglia e ad Eva.

Io sono quello che la sera va a dormire presto e che cura molto l’alimentazione e sono sempre quello che al mattino va in palestra perchè si è fatto assegnare un programma integrativo dal preparatore e lo segue attentamente.

Insomma, io vivo il calcio ventiquattro ore su ventiquattro.

Diciamo che sono completamente dedicato al mio obiettivo, che poi è quello di tornare un giorno nel professionismo”.

Non provi un filo di rammarico per non esserti goduto l’adolescenza come i tuoi coetanei?

“No, perchè da tanto tempo ho ben chiaro dentro di me quel che voglio fare.

Non ho un piano alternativo: io desidero fare il calciatore.

Quando vai via di casa presto, l’adolescenza comunque la perdi.

So che molti miei ex compagni di scuola ancora si frequentano, purtroppo con loro il rapporto si è allentato nel tempo ma i momenti belli vissuti insieme rimangono.

Non ho rimpianti: la testa mi ha detto di correre incontro al mio sogno, è andata così.

Con questo però non voglio passare per un tipo solitario: ho amici a cui tengo molto e che sanno rispettare i miei impegni ed i miei sforzi”.

Noi abbiamo conosciuto ed apprezzato il Fischetti dilettante nelle ultime stagioni, però tu hai una storia particolare alle spalle.

So che non è uno dei tuoi argomenti preferiti, ma ti va di accennarla?

“Non ne parlo volentieri, ma ci provo.

A Siena sono arrivato dopo la mia seconda esperienza nella Nuova Tor Tre Teste.

fischetti sienaTutto bello: il convitto, le gare nel Campionato Primavera, poi le convocazioni con la prima squadra di mister Sannino.

Impossibile dimenticare la prima volta in panchina in un Siena-Lazio 4-0″.

Se ripensi a quel giorno, quali particolari ti tornano in mente?

“Mi ricordo gli esercizi di riscaldamento di fronte a tutte quelle persone.

Sentivo le gambe che andavano da sole e che tremavano e l’adrenalina a mille.

Provavo un mix di gioia, di emozione e di voglia di far bene”.

Per te non è arrivato l’esordio in Serie A, ma un gettone di presenza in Coppa Italia sì, vero?

“Esatto, a Palermo.

Giocai tre minuti senza mai toccar palla, ma fu meraviglioso comunque”.

Andrea, sei arrivato ad un passo dal farcela.

Dopo cosa è accaduto?

“Il Siena stava definendo il mio prestito al Latina che si accingeva a costruire la rosa che poi l’avrebbe portato in Serie B, ma io mi feci male ad un ginocchio.

Dall’oggi al domani, mi sono ritrovato svincolato e con la prospettiva di non avere una squadra in cui giocare, così ho deciso di firmare per il San Cesareo in D”.

Un anno e mezzo alla corte di Ferazzoli con la Lega Pro sfiorata in due occasioni, poi un altro trascorso per metà a Sora e per metà ad Anzio ed infine a Colleferro in Eccellenza.

Non ti ha mai accarezzato il dubbio che scendere ulteriormente di categoria potesse costituire un rischio?

“Non la metterei su questo piano, anzi.

L’ho subito considerata una sfida.

Mi considero un ragazzo molto umile e l’Eccellenza non trovo che sia un declassamento, bensì un’opportunità.

Questo per me era un campionato del tutto nuovo e, comunque vada, avrà comunque rappresentato un’ulteriore formazione per me.

Diciamo che mi ha responsabilizzato a far meglio”.

Sii sincero: ti è mai venuto l’impulso di gettare la spugna?

“Questo no, però un periodo brutto dopo l’infortunio l’ho attraversato.

Giocavo e mi domandavo perchè le cose non mi riuscissero bene come prima.

Ora è acqua passata e ricordo con piacere anche quei momenti perchè mi hanno fortificato.

Devo comunque ringraziare la mia famiglia e la mia ragazza, se mi sono gettato alle spalle tutto questo”.

E’ così evidente come dicono la differenza tra il mondo del professionismo e quello dei dilettanti?

“A livello di organizzazione sì.

Lì hai tutto a disposizione, parlando di struttura.

Tra i dilettanti però hai modo di toccare probabilmente l’aspetto più vero e genuino del calcio.

Questo è un calcio a misura d’uomo, ecco”.

Tra le asperità tuttavia esiste l’arcinota regola sugli under.

Ora che i giovani sono in numero prevalente rispetto agli anziani c’è chi dice che nello spogliatoio comandino loro.

Insomma, è vero che si sono rovesciati i rapporti di forza?

“Non credo, io il rispetto nei confronti dei calciatori più esperti l’ho sempre portato e l’ho visto anche da parte dei compagni che ho avuto.

A San Cesareo, ad esempio, pendevamo tutti dalle labbra dei vari Galluzzo, D’Ambrosio, Foderaro e Siclari e, quando qualcuno di loro ci dava un consiglio, ascoltavamo tutti in silenzio.

La stessa cosa accade qui al Caslini”.

Come ti trovi a Colleferro?

“Benissimo, qui ho ritrovato la serenità degli anni del settore giovanile e la felicità di giocare a calcio del periodo senese.

Di questo non posso che ringraziare tutti, dal presidente al massaggiatore, passando per il direttore.

Ho conosciuto ragazzi splendidi, specie quelli con cui condivido il viaggio da Roma: prima la macchinata era con D’Ambrosio, Romondini e Marini, ora è composta da quest’ultimo, Fiore e Proietti”.

A tal proposito, mi dicono che hai costruito un rapporto speciale proprio con Romondini, anche se siete stati compagni di squadra solo per un breve periodo.

“Lo avevo già affrontato da avversario quando ero a San Cesareo e lui giocava a Maccarese.

Se un giorno riuscirò a realizzare il mio sogno, non potrò che ringraziarlo perchè a lui devo tantissimo.

romondiniTutti sanno che giocatore straordinario sia e di quale spessore sia stata la sua carriera, ma a me piace rimarcare che uomo infinito sia.

Siamo stati compagni di squadra per poco tempo, è vero, ma mi ha dato mille consigli”.

Te ne ricordi uno in particolare?

“Sì, subito dopo un gol al Pomezia mi ha abbracciato e poi mi ha detto: “Lavora sulla mentalità, Andrea, non accontentarti mai”.

Di Fabrizio ho un’immagine ben stampata dentro.

Classica partitella del giovedì con la Juniores: verso la fine le squadre si allungano per la stanchezza e perchè magari sai che il mister sta per fischiare la fine.

Romondini tira da lontano, palla di poco fuori.

Come se fosse appena iniziata, lui si volta e riprende immediatamente la posizione a centrocampo.

A trentotto anni e nonostante abbia frequentato il calcio a grandissimi livelli, Fabrizio è riuscito a calarsi perfettamente in una realtà diversa con enorme voglia e personalità.

Per me è un punto di riferimento.

Ripeto, qui si parla di una persona eccezionale, senza se e senza ma.

E non dimentico neppure Mattia (Marini, ndr), un altro che la sua bella carriera l’ha fatta ma che dal calcio avrebbe potuto ottenere senz’altro di più per le qualità che possiede”.

Sbaglio se dico che l’addio a dicembre di gente come lo stesso Romondini, Fazi, D’Ambrosio e poi di Compagnone vi ha responsabilizzati ulteriormente?

“E’ una considerazione giusta, anche se non va dimenticato che sono arrivati due ottimi giocatori come Prati e Salvagni.

Esultanza gol SalvagniNello spogliatoio ne abbiamo comunque parlato tra di noi e siamo giunti alla conclusione che era arrivato il momento di rimboccarci le maniche”.

Siete anche riusciti a migliorare il rendimento esterno dopo un avvio molto faticoso.

“La mia opinione è che inizialmente sbagliavamo approccio.

Magari arrivavamo carichi e troppo convinti di noi stessi dopo una bella vittoria casalinga.

Probabilmente in noi c’era un’eccessiva consapevolezza, oltre ad un pizzico di mancanza di esperienza e di astuzia nel chiudere partite come, ad esempio, quella di Roccasecca”.

Un limite superato, considerando i risultati degli ultimi tre mesi.

Qual è invece quello su cui può migliorare Andrea Fischetti?

“Devo continuare a lavorare sulla mentalità.

Anche se da questo punto di vista sento di aver già fatto tanti passi in avanti, non basta.

Voglio arrivare al punto di avere una testa di ferro.

Tecnicamente poi devo lavorare sul destro, visto che a volte ancora fatico a salirci le scale (ride)…”.

Durante la partita cominci sempre a destra, ma poi svari a piacimento sulla trequarti avversaria.

“Il mio ruolo è quello da sempre.

Giocare a destra mi dà la possibilità di rientrare sul mio piede e provare il tiro.

Solo una volta mister Coppitelli mi chiese di giocare terzino.

Accadde durante le fasi finali del campionato perchè eravamo in emergenza.

Non andò neppure male, ma oggi farei senz’altro più fatica ad interpretare quel ruolo (sorride)…”.

Cangiano nutre una grandissima considerazione nei tuoi confronti.

“Con il mister ho un rapporto che definire eccellente è riduttivo.

Mi aveva già cercato l’anno prima per portarmi a Palestrina e quest’anno, quando è tornata alla ribalta la possibilità di lavorare con lui, non ci ho pensato un solo istante.

cangiano colleferroNonostante abbia avuto un inizio di stagione in chiaroscuro, lui ha sempre puntato su di me, spronandomi a far meglio.

Per me è stato e continua ad essere fondamentale avvertire la sua fiducia, gli devo moltissimo e lo ringrazio per le belle parole che ha speso su di me domenica scorsa.

Per me rappresentano un incoraggiamento a fare ancora meglio”.

Siete ormai piuttosto distanti dalle posizioni che contano.

Cosa dobbiamo aspettarci dal Colleferro di qui a fine campionato?

“Vogliamo scendere in campo e dimostrare ogni domenica le nostre qualità ed i nostri principi di gioco.

Non ci dispiacerebbe scalare qualche posizione e magari chiudere al terzo posto, sarebbe una bella soddisfazione”.

Chi vedi favorito nella corsa al titolo?

“Credo che il Città di Ciampino abbia qualcosa in più delle altre.

Anche in occasione della gara d’andata tra noi e loro si vedeva che erano una squadra forte.

tornatore città di ciampinoTra poche settimane verranno qui da noi e sono curioso di vederli all’opera sul nostro campo.

I favoriti restano loro, ma quattro punti di vantaggio non sono tanti.

Questo poi è un campionato indefinibile, basti pensare che noi siamo stati in grado di eliminare in coppa il Monterosi che sta dominando l’altro girone, ma anche di perdere in campionato a Lariano.

Questo mi fa pensare che sia ancora tutto aperto”.

Durante il torneo sei rimasto particolarmente impressionato da qualche avversario?

“Dico Tornatore, peraltro i numeri parlano a suo favore.

giuseppe monaco di monaco vis artenaNel derby d’andata invece mi colpì molto Giuseppe Monaco di Monaco”.

Domenica tornerai da ex ad Anzio.

“Per me sarà una partita come le altre, non provo sensazioni di alcun genere.

Rivedrò con piacere il capitano Mario Guida e Simone Rizzaro, per il resto dico solo che dovremo fare attenzione, perchè ci troveremo di fronte una grossa squadra”.

Può esserci il pericolo di un effetto-boomerang dopo l’ebbrezza del derby?

“Ci può stare, ma con il mister stiamo lavorando parecchio sotto questo aspetto e speriamo di non risentirne”.

A fine campionato ti aspetti una chiamata dalle categorie superiori?

“Come ogni ragazzo che ama il calcio, la speranza è quella di raggiungere traguardi più alti possibili.

Il mio sogno è tornare ad essere un professionista un giorno e, come ho detto, lavoro duramente ogni giorno per avere una seconda opportunità.

Al momento, però, non ci penso.

Se arriverà qualche proposta, chiaramente la valuterò.

Adesso sono concentrato interamente sul Colleferro, di cui sono debitore.

Se sto facendo bene, lo devo soltanto a questa società, alla squadra ed all’ambiente rossonero.

In questi mesi il mio obiettivo è solo quello di ripagare al meglio queste persone che hanno creduto in me.

Tutto il resto passa in secondo piano”.