GIUFFRIDA A CUORE APERTO: “QUESTO CAMPIONATO SEMBRA UNA GUERRA TRA POVERI”

GIUFFRIDA A CUORE APERTO: “QUESTO CAMPIONATO SEMBRA UNA GUERRA TRA POVERI”

Scanzonato, permaloso, compagnone.

Però anche profondo e con il tempo maturo e consapevole di ciò che è, nei suoi limiti e nei suoi pregi.

Ormai Christian Giuffrida lo conosciamo bene sotto il profilo tecnico.

Da anni è uno dei volti più popolari del nostro calcio e lo step dei trent’anni che a breve raggiungerà conferisce a questo ragazzo dai piedi educati e dai concetti mai banali una maturità che lo fa apprezzare da tutte le componenti.

Una ricchezza per noi che spesso siamo costretti ad ascoltare e ri-ascoltare quasi come automi disincantati tutto il bagaglio del trito lessico calcistico.

Con lui si può divagare e, visto che non di frequente decide di parlare, è bene cogliere la palla al balzo ed approfittare della buona vena dell’attaccante del Fregene.

Con lui possiamo permetterci di spaziare, a patto che “l’intervista non sia troppo seriosa, altrimenti poi mi prendono in giro”.

E noi cercheremo di prenderlo in parola.

 

Giuffrida, cominciamo dalla partita di ieri.

A suo giudizio, è stato il miglior Fregene della stagione, quello che ha rifilato cinque reti al Monterotondo?

“Secondo me, no.

Anche contro Nuova Sorianese e Ladispoli avevamo centrato grandi vittorie.

Il nostro problema non è tanto fare la prestazione, quanto essere continui.

Finora siamo stati troppo altalenanti e dobbiamo migliorare sotto questo profilo”.

Scorrendo i numeri, voi andate in rete con grande facilità, ma spesso avete qualche problemino di troppo nella fase difensiva…

“Questo problema si è evidenziato soprattutto nelle prime partite.

Ora siamo certamente più quadrati e subiamo meno.

All’inizio abbiamo fatto fatica, soprattutto perchè, a parte le nostre due colonne Sebastiani e Cardinali, la squadra è quasi completamente nuova ed abbiamo avuto difficoltà nell’amalgamarci subito”.

Molti addetti ai lavori sottolineano il grande equilibrio che domina questo torneo.

Lei come la vede?

“Francamente a me questa Eccellenza sembra una guerra tra poveri.

Il livello si è molto abbassato rispetto ad alcune stagioni fa, quando c’erano almeno cinque o sei squadre costruite per vincere senza mezzi termini.

Ricordo stagioni in cui nello stesso girone c’erano formazioni come l’Anziolavinio, il Pomezia, il Ciampino o il Latina.

Ora cosa rimane?

Vedo solo squadre che partono per limitare i danni e poi magari provano ad investire qualcosa in più a dicembre, se vedono che si può lottare per il titolo.

L’abbassamento del livello è comunque un problema che investe la Serie A ed a ricasco tutte le categorie inferiori”.

Da giocatore che spiegazione si è dato?

“Se ripenso alla mia prima stagione tra i dilettanti del Lazio, dico che allora l’80% dei calciatori viveva esclusivamente del rimborso e dunque poteva concentrarsi unicamente sul calcio.

Adesso la situazione è radicalmente cambiata.

Ora le squadre sono composte per buona parte da giovani e da giocatori che al mattino lavorano e nel pomeriggio si allenano.

Così cala quel livello di esperienza e di malizia che deve far parte del gioco”.

La crisi economica però c’è e si fa sentire…

“Nessuno lo nega.

Adesso non tutti si possono permettere investimenti.

Giocatori come Gamboni o Neri sono difficili da raggiungere, quindi spesso le società preferiscono tenere in organico anche i ragazzi che sono appena usciti dal periodo di lega per abbattere i costi.

Il problema è che molti di loro vedono il calcio soltanto come un hobby”.

Incombe il mercato.

Dodici mesi fa, lei fu artefice di un discusso passaggio dal Civitavecchia alla Nuova Sorianese.

Quest’anno cosa pensa di fare?

“Penso e spero di restare a Fregene.

Qui mi trovo bene con tutti, dal direttore ai compagni di squadra, passando per il mister.

Detto questo, bisogna vedere quali piani ha per il futuro la società.

A me piacerebbe molto restare qui per provare a vincere, ma nel calcio, si sa, è tutto una sorpresa”.

Realisticamente parlando, lei crede che il Fregene sia pronto per vincere questo campionato?

“Il nostro obiettivo iniziale era salvarci.

Io credo che per vincere manchi ancora qualcosina, però è un campionato talmente equilibrato che ci troviamo lì e dunque balliamo anche noi.

Diciamo che con i piedi rimaniamo ancorati alla salvezza, ma con gli occhi proviamo a guardare il cielo.

Bella come metafora, no?”.

Suggestiva.

Visto che le piace scherzare, indossi i panni di Corinaldesi e mi dica come agirebbe per rendere la squadra competitiva per il titolo.

“Non è una domanda facile (ride).

Penso che proverei ad ampliare una rosa già valida con qualche tassello di esperienza.

Qualche puntello serve sempre per affrontare la stagione.

Certo, se poi la società si presenta con Neri e Gamboni, noi li accogliamo con grande piacere”.

In squadra avete ragazzi dal grande talento.

“Abbiamo un ragazzo brasiliano, Zanette, un esterno del ’97 che non capisco cosa ci faccia in Eccellenza.

Ha grande qualità, può ambire a qualcosa d’importante”.

Noi spesso accendiamo i riflettori su Nanni.

“Ho sentito ciò che avete detto su di lui in trasmissione e la vedo come voi.

Leo c’entra poco con questa categoria, tecnicamente è fortissimo.

Se attualmente gioca a Fregene, però, deve avere qualche limite dal punto di vista tattico o caratteriale.

Se lavorerà sui suoi difetti, sono convinto che spiccherà il volo.

Un discorso che vale anche per Agostino.

Sono ragazzi eccezionali e meritano qualcosa di diverso dall’Eccellenza.

Starà a loro meritarsi un’opportunità attraverso il sacrificio e l’applicazione”.

Faccio l’avvocato del diavolo.

Sono qualità che sono mancate anche a lei per aspirare ad un’altra carriera?

“Io credo che il calcio sia meritocratico.

Non mi sento l’ultima delle pippe (testuale), nè un fenomeno mancato.

Probabilmente se ho giocato prevalentemente in Serie D ed in Eccellenza, a questo potevo ambire.

Magari con qualche scelta diversa o qualche infortunio in meno, avrei potuto disputare qualche campionato in più in Lega Pro ma, tutto sommato, sono dell’idea che la vita ti dà sempre quello che meriti”.

Quanto si sente cresciuto Giuffrida?

“Come tutti si cresce e si vedono le cose in maniera diversa.

Il motto è noto: “Con questa testa a diciotto anni chissà cosa avrei fatto!”.

La vita però non funziona così.

Tutto fa parte di un ciclo.

L’esperienza serve a non cadere negli stessi errori.

Se comportandoti in un modo ti fai male, la volta successiva quel gesto lo eviti”.

Però la vita le ha dato anche l’opportunità di conoscere alcuni tra gli atleti che hanno fatto la storia del nostro calcio.

“Verissimo.

Io posso dire di aver giocato con Stefano Antonelli, uno che ha fatto più gol che metri percorsi in campo.

Non mi ricordo una sua corsa all’indietro, ma quando gli capitava tra i piedi una mezza palla-gol era letale”.

Qualità tecniche a parte, cosa aveva di speciale Antonelli?

“Lui fa parte di quella ristretta cerchia di giocatori che da avversario odi, ma da compagno di squadra adori perchè sono in grado di dare quel 25% di forza in più alla squadra, anche quando giocano male.

Un discorso che vale anche per Piccheri”.

Ad Anzio lei ed Antonelli eravate indivisibili.

“Il Bomber mi faceva divertire da matti.

Lui al Bruschini era il re.

Vi racconto un aneddoto: come tutte le squadre, anche noi avevamo il nostro regolamento interno ed era vietato utilizzare il cellulare durante le riunioni tecniche.

Beh, il regolamento valeva per tutti, ma non per lui.

Il telefono di Antonelli poteva squillare in qualsiasi momento.

Ogni volta che accadeva era uno spasso”.

A proposito di rapporti di amicizia, qualche settimana fa le telecamere l’hanno immortalata allo Stadio Olimpico in occasione di una gara interna della Roma, seduto accanto al grande Daniele De Rossi, cui so che è legato da una bella amicizia.

“Tutte chiacchiere, è stata solo una casualità.

In realtà, lui aveva comprato il biglietto numero 8 ed io il 9, così ci siamo ritrovati vicini…(sorride)“.

Mercoledì avete il ritorno degli Ottavi con il Nettuno.

Ci tenete alla coppa?

“La Coppa Italia dà la possibilità agli allenatori di dare spazio e modo di mettersi in mostra anche a quei ragazzi che all’inizio hanno giocato meno.

Ancora non so se giocherò, ma se accadrà, darò il 100%.

Chi mi conosce sa che a me non piace mai perdere”.

A ciascuno il suo fioretto: per la vittoria del campionato con il Fregene cosa sarebbe disposto a fare?

“Diciamo che potrei andare a vedere una partita della Lazio.

Con i baffi finti, però”.