MARTELLACCI 2: STORIA DI UNA TRASFORMAZIONE DA MEDIANO A BOMBER DI RAZZA

MARTELLACCI 2: STORIA DI UNA TRASFORMAZIONE DA MEDIANO A BOMBER DI RAZZA

Leggi le cronache, guardi le statistiche e quasi ti viene da sorridere, ripensando al passato.

Negli anni il calcio che più amiamo ci ha abituati alle più svariate contraddizioni.

Esistono però anche le pagine belle, quelle che si prestano ad uno stupore delicato.

Ti fanno ripensare a momenti lontani, quasi persi nel tempo, in cui magari sciorinavi una formazione partendo da quei tre o quattro punti di riferimento.

Nel Guidonia d’inizio millennio, quello che ingaggiò un duello furioso con la Cisco Collatino tanto per intendersi, i punti di riferimento erano Di Giosia tra i pali, Quadraccia davanti a lui e Moscardelli in avanti.

Ed in mezzo?

In mezzo c’era lui, al tempo giovane virgulto di belle speranze cui Paolo Mazza affidava la mediana insieme ai vari Castelluccio, De Sisti e Torri.

In mezzo c’era lui, Danilo Martellacci, oggi trentatreenne, per nulla panciuto e sazio, attaccante del Borgo Podgora.

No, non avete capito male.

Abbiamo detto attaccante, perchè da qualche stagione Martellacci (nella foto in compagnia di Marco Guidi, dg dell’Empolitana Giovenzano) ha ormai abbandonato le origini e si è riconfigurato in un ruolo che solo pochi anni fa sembrava distante anni luce dalle sue caratteristiche.

Con la rete che ha interrotto il tentativo di scalata al record di vittorie consecutive da parte della Lupa Castelli Romani, il giocatore di origini genzanesi ha raggiunto quota 14 nella classifica dei bomber.

Per capirci, solo lo straripante Pippi ed il sempre positivo Scacchetti sono riusciti a fare meglio fin qui.

 

Martellacci, mi pare doveroso cominciare dai complimenti.

“Grazie.

In tutta sincerità un pochino soffrivo tra me e me della scarsa considerazione che la stampa mi rivolgeva nonostante siano tre stagioni che vado in doppia cifra.

Di solito, si parla sempre dei soliti noti.

Mi fa piacere che qualcuno si sia finalmente accorto di me…”.

Lei era un centrocampista ed ora è diventato un attaccante di razza.

Ci racconti com’è avvenuta questa trasformazione.

“In passato ho sempre giocato sulla mediana.

Ero un interditore, uno che fa legna e si sacrifica per gli altri.

Qualche gol l’ho sempre fatto, però.

Da quando sono arrivato a Borgo Podgora mi hanno spostato sempre più in avanti.

Adesso mi capita anche di giocare da attaccante centrale, spalle alla porta”.

Quindi può leggere al meglio i movimenti dei suoi compagni.

“Sì, e certe volte mi capita anche di arrabbiarmi, se non fanno la giocata giusta.

Diciamo che prima dovevo fare solo un determinato lavoro, mentre ora mi capita anche di sdoppiarmi (ride)…”.

Lei ha attraversato  di fatto un paio di generazioni di calcio laziale.

Quali cambiamenti percepisce da una fase all’altra?

“Non so se sono cresciuto io o se la realtà è che, quando sei più giovane, tutto ti sembra più grande e gli avversari più forti.

Credo però che il livello si sia abbassato nel tempo”.

Immagino stia parlando del numero degli under in campo…

“Quattro sono troppi.

Per schierarli vengono messi fuori ruolo.

Quanti centrocampisti centrali abbiamo visto giocare da terzini per necessità di regolamento?

Un giovane, se è valido, gioca comunque.

Un nome?

Noi abbiamo un ’94, Sossai, molto forte e pronto per la categoria superiore.

Lui giocherebbe a prescindere”.

La squadra più forte in cui lei ha giocato?

“A livello caratteriale dico il Latina.

Se invece me lo chiede a livello tecnico, penso certamente all’Aprilia dell’anno in cui sfiorò la vittoria del campionato di Serie D, perdendo poi all’ultima giornata in quella famosa partita al Ricci con il Monterotondo”.

Ed il Guidonia?

“Lì mi sono divertito tantissimo.

Gli anni di Guidonia sono stati splendidi e li porto sempre nel cuore.

Con alcuni dei ragazzi siamo rimasti in contatto e ci vediamo regolarmente.

Mi riferisco ai vari Zanchi, Castelluccio, Colonnelli, Lolli e Di Raimo, per esempio.

Ah, ne approfitto anche per mandare un saluto al direttore Marco Guidi.

Gli faccio i complimenti per il successo in coppa”.

Approfitto della sua considerazione per divagare: che segnale è per il calcio nostrano la vittoria dell’Empolitana Giovenzano sulla Viterbese Castrense?

“Credo significhi che si possono allestire grandi squadre anche con un budget limitato.

Nel calcio dilettante si può lavorare bene anche componendo un giusto mix di giovani e gente esperta”.

Torniamo a lei.

Qual è stato il giocatore più forte con cui lei abbia giocato?

“Non ho dubbi: Cristian Parisi.

In campo gli ho visto fare cose che in seguito non ho più visto fare a nessuno.

E’ un giocatore incredibile e poteva certamente ambire ad una carriera molto diversa.

Adesso ha fatto una scelta dettata da motivi personali e si sta togliendo grandi soddisfazioni a Focene”.

Ed il giocatore che avrebbe voluto avere in squadra?

“Colantoni.

Ieri guardavo lui e Gamboni e poi pensavo come deve essere bella la vita per Pippi con due del genere che ti sfornano assist a ripetizione”.

Dica la verità, le è dispiaciuto un po’, da collega, interrompere con il suo rigore la striscia di vittorie della Lupa?

“Un po’ dispiace, però possono ancora fare quello dei punti totali, visto il campionato stellare che stanno facendo.

Ieri siamo stati anche un po’ fortunati, perchè ai punti loro avrebbero meritato la vittoria.

Poi però aggiungo che all’andata noi non meritavamo assolutamente di perdere e quelli sono i punti che più mancano al Borgo Podgora”.

Ora il divario tra la capolista ed il Colleferro è sceso a sette punti.

“Non penso sia un problema per loro.

Ieri ho visto una squadra affamata, vogliosa.

Le squadre forti le riconosci dal fatto che, una volta passate in vantaggio, non si fermano ma continuano a spingere, come hanno fatto loro.

Il Colleferro si è rinforzato e sta facendo molto bene, ma all’andata non mi fece una grande impressione.

Per me la Lupa non avrà problemi a vincere questo campionato”.

Come si trova a Borgo Podgora?

“Sto vivendo una seconda giovinezza, non potrei essere più felice di così.

La società ti fa sentire in famiglia ed in più stanno cercando di realizzare qualcosa d’importante per il futuro”.

Secondo lei, il club è attrezzato per tentare a breve il grande salto?

“Penso di sì, perchè vedo tutte le componenti al posto giusto, dal magazziniere allo staff medico.

Ora come ora, il Borgo Podgora è la squadra più importante del comprensorio dopo il Latina e l’Aprilia”.

Da Paloni a Stravato quale molla è scattata in voi?

“Mister Paloni non se la sentiva più di continuare ed ha rassegnato le sue dimissioni subito dopo la gara con la Lupa che, paradossalmente, è stata tra le migliori della nostra stagione.

Io credo che, affidando la panchina a Stravato, la società abbia fatto la scelta giusta.

L’allenatore ci sta dando molto sotto il profilo umano.

Di lui colpiscono molto l’umiltà e la semplicità”.

E se l’anno prossimo il tecnico le chiedesse di tornare nuovamente a centrocampo?

“Non direi mai di no.

Se c’è una cosa che ha sempre contraddistinto la mia carriera è stata quella di accettare senza discutere le decisioni di un allenatore, quindi lo farei serenamente”.

La sua riposta mi è piaciuta a tal punto che le dono per un istante una bacchetta magica e le dico che ha la possibilità di risolvere immediatamente uno dei tanti problemi che affliggono il nostro calcio.

Su quale si indirizza?

“Bella domanda (ride)

Forse mi dedicherei al fatto che troppo spesso le società non rispettano fino alla fine gli impegni assunti con i calciatori.

In un campionato vince solo una ed è fin troppo facile essere puntuali quando le cose vanno bene.

Se non vanno per il verso giusto, però, ecco che arrivano i problemi e spesso la crisi economica diventa solo un alibi per chi vuole speculare col pallone.

La verità è che i giocatori non sono tutelati.

A questo problema cercherei una soluzione”.