“Oltre la luce prima del buio”: Ecco l’opera prima di Giovanni Giordano, calciatore e scrittore

“Oltre la luce prima del buio”: Ecco l’opera prima di Giovanni Giordano, calciatore e scrittore

Nel corso degli anni abbiamo raccontato mille storie di protagonisti del nostro calcio e, scavando un po’, ne sono venute alla luce tante, intense ed interessanti, che ci hanno aiutato a conoscere dettagli del microcosmo cui apparteniamo che spesso, colpevolmente, tralasciamo, presi come siamo dalla descrizione degli elementi più pratici.

Quella di Giovanni Giordano, esterno sinistro che aveva cominciato la stagione a Tarquinia e che qualche settimana fa si è tesserato nuovamente con l’Audace, merita di essere raccontata.

Giovanni non ha ancora compiuto venticinque anni ed oltre a quella per il pallone nutre un’insana passione per la scrittura.

L’angosciante lockdown di dodici mesi fa lo ha spinto a mettere ordine tra i mille fogli macchiati di inchiostro che tappezzavano la sua stanza, a restituire loro un senso compiuto ed infine a racchiuderli in un’opera prima che è andata in stampa per i tipi della casa editrice dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ateneo presso il quale si è iscritto, scegliendo la facoltà di Lettere e Filosofia.

Con la pubblicazione di “Oltre la luce prima del buio” Giovanni ha realizzato uno dei suoi sogni e adesso progetta nuovi obiettivi, consapevole che, come racconta lui stessi, “esistono altri vasi da riempire”.

 

 

Quando e come è nata in te l’esigenza di scrivere?

“Era un progetto a cui pensavo da tempo, ma solo le persone a me care ne erano a conoscenza.

 Inizialmente erano solo dei fogli che raccontavano un vissuto particolare, il mio, poi durante il primo lockdown questi fogli hanno cominciato a chiamarmi ed io sono tornato da loro.

 Diciamo che cercavo uno sfogo ed ho reso questi scritti uno sfogo organizzato, creativo.

 In partenza erano solo pensieri, poesie e racconti sparsi.

 Ci ho lavorato su ed alla fine sono riuscito a metterci un punto.

 Sono davvero davvero felice, emozionato ed aggiungo un’altra cosa…”.

Prego.

“La chiusura di questo cerchio ha rappresentato la molla, il crocevia, che a settembre mi ha spinto ad iscrivermi all’università.

 Comincio tardi, lo so, ma l’ho voluto fortemente e non importa che la facoltà che ho scelto, di stampo umanistico, me l’abbiano sconsigliata in molti perché, dicono, ha pochi sbocchi.

 Mi sono chiesto: perché non farlo?

 Io sono dell’opinione che ciò che ti arricchisce non può mai farti male”.

Non pretendo spoiler narrativi, ma almeno il tema portante della tua opera concedimi di conoscerlo.

“Ho chiesto un parere alla mia insegnante di italiano del liceo e lei mi ha detto che è difficile catalogarla in un genere vero e proprio.

 Credo che scrivere rappresenti una sorta di viaggio che ognuno è in grado di fare dentro di sé.

 Per me è stato come estrapolare qualcosa che ha messo in luce una parte della mia vita.

 Ognuno di noi ha il proprio vissuto, tutti portiamo la nostra croce.

 Io offro la mia personale visione delle cose, perché penso che anche dal buio si possa ricavare una luce e dunque una speranza”.

A proposito di speranze, dopo oltre cinque mesi di stop e di dubbi l’Eccellenza sta per ripartire.

 Di parole, ne abbiamo lette ed ascoltate tante in questo periodo.

 Secondo te, sono sempre state utili?

“Il mondo dei social, si sa, è variegato e lascia la possibilità di esprimersi anche a persone che magari non hanno la giusta competenza in determinati settori.

 Nel corso degli ultimi mesi ci sono stati diversi spunti interessanti, ma anche chiacchiere legate ad una frustrazione umanamente comprensibile.

 Io sono uno che le parole le ama, ma sono anche consapevole che in certi casi sia meglio non intervenire e rimanere in silenzio”.

Che ricordo hai di quel periodo?

“Ho sofferto, come tutti.

 Mi sembrava di impazzire chiuso in casa e privato della possibilità di vivere lo sport che più amo.

 Nel garage di casa mi sono dedicato alla tecnica personale, facendo il muro come un dodicenne.

 A questo punto, credo di essere sul livello di Neymar (ride)…”.

Le ultime due stagioni sono state molto travagliate per te.

“Con il Real Monterotondo Scalo avevamo vinto la Coppa Italia di Eccellenza e, dopo aver superato il primo turno della fase nazionale, eravamo pronti a proseguire il nostro cammino con la consapevolezza che già arrivare in semifinale probabilmente ci avrebbe permesso di avere grandi speranze di ripescaggio nella categoria superiore.

 Senza peraltro dimenticare che, al momento dello stop, ci trovavamo a pochi punti dal Montespaccato capolista e con dieci partite ancora da giocare.

 Quest’anno avevo deciso di seguire a Tarquinia mister Centioni, una persona che stimo molto.

 Era stata costruita un’ottima squadra e c’erano grandi progetti.

 Purtroppo ad inizio ottobre io sono rimasto contagiato dal covid e, di riflesso, tutta la squadra è andata in isolamento ed abbiamo dovuto saltare alcune partite.

 Il senso di colpa che ho provato nei confronti dei miei compagni di squadra è stato qualcosa di terribile ed è stato lenito solo in minima parte dalla sospensione generale che è stata comunque sancita di lì a poche settimane.

 Non poter proseguire il lavoro che avevamo impostato è stato straziante”.

Tra poche settimane il massimo campionato regionale ripartirà.

 Ti convince la formula adottata?

“Non ho le competenze per dire se questa fosse o meno l’unica strada percorribile.

 Le dinamiche le conosciamo: è evidente che nel far riprendere il Campionato di Eccellenza ci sia stato un grande condizionamento da parte della Serie D, vista la stretta correlazione tra i due tornei.

 Io ho una visione bivalente sull’argomento: nella ripartenza ci saranno vantaggi e svantaggi per tutte le componenti.

 Quel che è certo è che non è questo il calcio al quale siamo abituati e la competitività ne risentirà moltissimo”.

Calcio a parte, stai già lavorando sulla tua prossima opera?

“Viaggiare dentro di me non è stato semplice.

 Ora mi sto addentrando nel mondo dell’università, perché sento di dover accumulare conoscenza ed esperienza.

 Ci sono dei vasi da riempire.

 La strada da percorrere è molto lunga, ma quando la penna comincia a scrivere, è duro fermarla (sorride)…”.