Eretum Monterotondo, capitan Alessandri è profeta in patria: “Difendere i colori della mia città? Una questione di sentimento…”

Eretum Monterotondo, capitan Alessandri è profeta in patria: “Difendere i colori della mia città? Una questione di sentimento…”

Portiere, filosofo, intessitore di azzeccate trame linguistiche.

Trattenere l’essenza di Carlo Alessandri in un predicato verbale che lo rappresenti nella sua interezza è impresa ardua.

Non meno facile è condensare nella forma costituzionalmente algida di un’intervista scritta le parole, le pause e le riflessioni di un ragazzo che rappresenta un’eccezionalità se messo a paragone con le mille frasi di circostanza che da sempre impregnano il vocabolario calcistico.

Due domeniche fa, il capitano dell’Eretum Monterotondo si è reso protagonista di una prestazione sontuosa nel giorno più atteso, quello del derby con i cugini del Real Monterotondo Scalo.

Un rigore parato ed almeno altri tre interventi provvidenziali hanno spedito di diritto l’estremo difensore gialloblu nella rosa dei candidati al successo nel nostro sondaggio settimanale ed i nostri lettori lo hanno decretato vincitore della contesa.

Di questo e molto altro ancora abbiamo parlato con questo meraviglioso protagonista del nostro calcio.

 

Carlo, in occasione del derby sei stato letteralmente insuperabile.

“Il calcio di rigore che sono riuscito a parare ha rappresentato la ciliegina sulla torta di una grande prestazione da parte di tutta la squadra.

Aggiudicarsi la stracittadina dopo una vittoria pesante come quella di sette giorni prima a Forano è stata una grandissima soddisfazione”.

Cosa si prova nell’attimo che segue una parata come quella di due domeniche fa?

“Non so esattamente come descrivere un momento del genere.

Le emozioni mi si sono letteralmente azzerate, tanto erano arrivate al loro culmine”.

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E’ vero che hai giocato il derby in condizioni precarie e sei stato in dubbio fino all’immediata vigilia?

“Sì, avevo la febbre alta, ma non potevo mancare.

Dopo aver respinto il penalty, ho anche rimesso dietro la porta.

Diciamo che a tenermi in piedi è stato il sacro fuoco dell’adrenalina di giocare una partita simile di fronte ad una platea storica come quella presente quel giorno al Cecconi”.

Da anni sei considerato tra i portieri più affidabili della nostra regione.

Nel tuo percorso di crescita in cosa ti senti particolarmente migliorato rispetto agli inizi?

“Per prima cosa lasciami ringraziare le persone che mi hanno votato sul vostro sito ed anche la vostra redazione per la stima comprovata.

Il nostro rendimento è frutto anche dei vostri elogi.

Ti confesso che per me è dura rispondere alla tua domanda, talmente è chiara dentro di me l’idea che questo percorso è ancora in atto.

Sotto certi aspetti, è come se nella mia carriera agonistica fossi andato incontro alla profezia che mi fece tanti anni fa Alessio Sarti, un grandissimo portiere che difese i pali di Lucchese, Cesena e Novara e che smise quando era ancora nel pieno delle sue energie per motivi personali.

Carlo, mi disse quando io mi trovavo a cimentarmi con portieri più strutturati di me, non devi scoraggiarti.

Tu diverrai pienamente portiere intorno ai ventisei, ventisette anni.

A distanza di anni, è probabile che io l’abbia preso in parola (sorride)…

Scherzi a parte, penso di essere migliorato nel senso che adesso avverto piena fiducia in me da parte della squadra.

Non sono un bambino e so come vanno le cose.

E’ possibile che più di un mio compagno all’inizio di questa stagione abbia detto: “Quello ha il posto assicurato perchè ha parenti nei quadri della società”.

La gioia più grande risiede proprio nell’averli convinti che possono fidarsi di me e delle mie qualità.

La loro fiducia mi arriva pienamente e mi fa felice”.

Restiamo in tema di rigori: ieri il portiere dell’UniPomezia, Matteo Santi, ne ha respinti addirittura due nella stessa partita.

“Gli faccio i complimenti.

A me non è mai accaduto, anche se in passato, quando difendevo i pali dell’Astrea, la sorte volle che ne parassi tre di fila in altrettante domeniche.

Ad un rigore respinto però preferisco la poesia di un’uscita aerea in mischia all’ultimo minuto”.

Perchè?

“La mia opinione è che ai nostri livelli non serva una grande abilità nel parare un rigore.

Per me significa semplicemente scegliere il 50% fortunato della torta.

Tra i professionisti ci sono studi appositi sulla casistica e sulle attitudini dei possibili rigoristi avversari.

Qui è solo un testa o croce…”.

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Dopo però la gioia è la medesima.

“Non c’è dubbio, ti senti un dio”.

Il 2016 della Monterotondo calcistica è stato ricco di cadute e di resurrezioni.

Penso alla retrocessione del maggio scorso ed alla successiva fusione con l’Eretum.

E’ errato associarvi alla metafora dell’Araba Fenice?

“Anzi, è un’allegoria corretta.

Di situazioni la Monterotondo calcistica ne ha vissute tante e questo per noi tutti è l’anno zero.

In società sono convogliate anime diverse, da quelle più datate a quelle di più fresca militanza.

L’entusiasmo davvero non manca, ora l’auspicio è che si riesca ad entrare in una nuova era.

Noi tutti sappiamo che abbiamo di fronte un cammino lunghissimo, ma non ne siamo spaventati.

Nel recente passato c’è stato chi ha approfittato della buonafede di chi aveva a cuore questi colori.

Mi riferisco a dirigenti, allenatori ed in piccola parte anche a calciatori.

La società ha concesso troppa fiducia a persone che non la meritavano e che si sono approfittate di un ambiente straordinario.

Ci sono stati eccessi che in futuro non debbono più ripetersi.

La priorità?

Rinverdire i fasti di un settore giovanile che in passato rappresentava la forza trainante di questo club.

Ora esistono due società molto serie in città e questa è probabilmente la garanzia migliore per tutti noi”.

La parte conclusiva dell’anno solare ha segnato una netta crescita da parte vostra.

Merito dei recenti innesti provenienti dal mercato o c’è dell’altro?

“E’ probabile che si sia trovata la quadratura a livello tattico, anche se è presto per sbilanciarsi.

Il fiore che sembra sbocciato è germogliato attraverso una terra in apparenza poco fertile…”.

Spiegati meglio.

“La settimana prima del match contro la Valle del Tevere abbiamo avuto un confronto molto aspro all’interno dello spogliatoio.

Ci siamo scambiati parole dure, ma con toni fraterni.

Questo ci ha aiutato molto e ci ha permesso di capire che eravamo tutti stretti intorno ad un obiettivo.

Il confronto tra di noi è stato recepito con grande intelligenza anche dal mister e da tutto lo staff tecnico.

Tutto ciò ha portato ad un riassetto tattico di cui si sono visti immediatamente i risultati”.

La scorsa settimana, Ludovico Le Rose ha manifestato l’idea che, per qualità complessive, voi potreste chiudere tra le priome del campionato.

“In ogni famiglia c’è chi le briglie le tiene e chi le lascia andare.

La sua affermazione è anche plausibile sotto certi aspetti, però non dimentico da dove siamo partiti e quindi rispondo citando Water Benjamin ed il suo Angelus Novus che con un occhio guardava non senza ambizione al futuro, ma con l’altro tornava al passato ed ai catastrofici errori commessi.

Per ora rimaniamo fedeli all’obiettivo di una tranquilla salvezza.

Quando l’avremo raggiunta, potremo valutare altri traguardi”.

Ora c’è la sosta e poi ripartirete affrontando il Montecelio.

Ti dice qualcosa questo nome?

“Ieri sono usciti da una manifestazione per la quale avevano ingaggiato degli specialisti ed alla quale tenevano molto.

Mi aspetto una squadra ferita e vogliosa di rialzare la testa.

Anche noi però abbiamo una punta di rivalsa per il play-out della scorsa stagione…”.

Se invece ti dico Monterotondo, cosa ti viene in mente?

Penso alle passeggiate per il centro insieme agli amici di sempre, come Matteo Federici e Gianluca De Dominicis.

Spesso finisce allo stesso modo, con noi tre che guardiamo verso l’alto, fissiamo incantati la torre di Palazzo Orsini e ripetiamo un verso tratto da “Nannina”, una canzone della nostra terra”.

federici alessandri de domicis monterotondo

Ti va di intonarla?

“Nannina Nannina, io voglio scopri’,

che è che non te piace de stu postu,

quanno che t’allontani tu, piuttostu.

Nannina, Nannina, tu l’hai da capi’,

che tu po’ gira’ pure mezzu monnu,

ma lu più bello è sempre Montretunnu”.

Cosa ti viene in mente quando la canticchi?

“Penso al sentimento che proviamo per la nostra città.

La sentiamo nostra e vederla crescere anche solo attraverso i riflettori che possono provenire da un campionato regionale ti rende compartecipe di una dimensione che ami”.

Il tuo personale auspicio per il 2017.

“La speranza è arrivare al termine del prossimo anno con la stessa sensazione di stima e di fiducia che adesso provano i miei compagni di squadra nei miei riguardi.

Ora hanno recepito che hanno di fronte una persona schietta e che per la squadra è sempre pronta a dare tutta se stessa.

Questa sensazione mi appaga e mi carica al contempo.

Spero che tutto questo ci conduca ad ottenere un bellissimo risultato finale”.