Torres, Castello, Foligno: provarci è bene, rinunciare (sarebbe stato) meglio

Torres, Castello, Foligno: provarci è bene, rinunciare (sarebbe stato) meglio

Di Alessandro Bastianelli.

Sono note ormai da tempo le situazioni economiche di Città di Castello, Torres e Foligno, compagini impegnate nel girone G insieme a cinque squadre laziali.

Tutte e tre hanno subito gli strascichi del passato negli ultimi mesi. Costrette a far di necessità virtù, Torres e Città di Castello hanno rifondato i propri organici. Non senza colpo ferire, per lo meno con dignità.

I sardi hanno subito solo una goleada, dall’Arzachena, mentre con l’Ostiamare il 7 – 0 era arrivato con molti della vecchia guardia – poi dissolta a Dicembre – in campo. Discorso simile per il Castello, che avrà pur preso oltre 15 gol nelle ultime 6 gare, ma che almeno ha tenuto qualche giocatore di categoria (Massetti, Pucci, Idromela) e sta provando a salvare faccia e categoria. Lo sa bene la Nuorese, che proprio ieri per poco non veniva rimontata da una squadra che schierava nove under, affamatissimi.

Il clima bellicoso arieggia anche in Sardegna: guidati da Pinna (quarantatre anni) e Alessandro Frau (quaranta), i rossoblu stanno vendendo cara la pelle con tutti, e nutrono qualche speranza di salvataggio nel caso si presenti un imprenditore con un piano di rientro debitorio dignitoso.

Il discorso cambia invece dalle parti di Foligno. Qui e qui la redazione di Sportinoro ha scoperchiato il vaso di Pandora, raccontando la vera situazione dei Falchetti: senza società, con il presidente Ius in carcere, senza soldi, con un mucchio di debiti, senza giocatori degni di questa categoria.

Ciò che è rimasto della dirigenza del Foligno ha allestito a Dicembre una squadra ridicola per la Serie D, composta da ex giocatori, giovani improvvisati e altri giovani, non più in età di lega, che al massimo hanno disputato una Promozione.

Inutile sottolineare quanto questa situazione non sia consona ad un palcoscenico come la D: può una squadra come il Foligno attuale rappresentare un pezzo della quarta serie in Italia? Inopinatamente no.

Può il Foligno ricostruire qualcosa con questo titolo sportivo?

Inopinatamente no, dal momento che il monte debitorio dei fulignati, salito a oltre 120.000 Euro, sarà un calvario da cui scendere è, molto probabilmente, impossibile.

Teoricamente, anche la presenza di Torres e Castello in D sarebbe impropria, ma almeno gli sforzi prodotti dai dirigenti e presidenti –  spesso incappati in eredità difficili da digerire – per tenere in piedi la baracca, sono comunque lodevoli.

A Foligno invece pagano sempre gli ultimi: calciatori disposti a tutto pur di mettersi in mostra, e tifosi ancora una volta umiliati e depredati del loro grande amore.

Tutto ciò alimenta un discorso che molti addetti ai lavori espongono da diverso tempo: per evitare situazioni simili, è necessario alzare i requisiti d’iscrizione della Serie D, soprattutto quelli economici. Ad oggi bastano poco più di 50.000 Euro, fra fideiussione ed adempimenti. Denaro sufficiente per avviare la stagione, imparagonabile però ai veri costi di un campionato di Serie D.

Se così le spese aumentano anche per i giusti e gli onesti, si potrebbe soppesare questo aumento alzando gli incentivi e i premi (come la classifica “Giovani D valore”) per le compagini più virtuose e capaci a lanciare giovani, o a gestire situazioni importanti. In un modo o nell’altro, comunque, si potrebbe trovare una strada meritocratica per premiare chi, fra mille sacrifici, si affaccia a un campionato di Serie D con passione e intenti sportivi, senza “altri fini”.

Il miglior antidoto allo scetticismo, e soprattutto a situazioni così improbabili, resta il lavoro. Che questa volta sarà tutto di pertinenza della Lega, pronta a ricevere nuova linfa dall’elezione – già investita, si può dire – di Cosimo Sibilia.

Nel fratemmpo, Torres, Città di Castello e Foligno sono lì, a provare a sopravvivere in un mare di lupi affamati. A provare a salvare almeno la faccia, la dignità, con l’orgoglio, la corsa e la grinta.

Certo, provarci è sempre un bene, ma stalvolta sarebbe stato meglio non farlo. Non solo per lo spettacolo e per la regolarità del campionato (che girone di D è quello dove almeno una gara a domenica finisce 7 – 0?), ma anche perché i tifosi e gli appassionati del calcio dilettante sono stanchi di vedere loschi e oscuri personaggi giocare con i propri sentimenti ed il proprio amore.