“Ventisette Dieci Quindici, Ventisette Dieci Sedici”: un anno senza Flavio

“Ventisette Dieci Quindici, Ventisette Dieci Sedici”: un anno senza Flavio

Ventisette Dieci Quindici e poi Ventisette Dieci Sedici.

Ciao, Flavio.

Come stai?

E’ già passato un anno.

Lo so, lo so.

Dove sei tu non ci sono barriere, nè vincoli, ma qui da noi il tempo sembra essersi fermato.

Come quando dovevi battere un calcio di rigore e tutto intorno c’era quello strano silenzio.

Ti ricordi?

Eh, certo che te lo ricordi.

L’arbitro che fischia, indica la porta, la gente che fissa te ed il pallone e poi tu calci.

E poi corri e strilli e gioisci.

Ventisette Dieci Quindici e poi Ventisette Dieci Sedici.

Flavio, lo sai che domenica c’è il derby?

Che sciocco, ma è ovvio che lo sai.

Sarai anche presente, perchè tu non puoi proprio mancare.

– “Gagliardini”

– “Nove, Flavio, grazie”.

Sarai lì, senza farti notare, seduto su una panca a cambiarti in mezzo a tutti quei ragazzi.

Hai caviglie forti, ma fissali comunque con cura i parastinchi.

Ventisette Dieci Quindici e poi Ventisette Dieci Sedici.

L’erba del Fattori, Flavio.

Te la ricordi?

Non il profumo, parlami del sapore che ha.

Te lo ricordi?

Certo che te lo ricordi, che ingenuo che sono.

Domenica magari farai come quella volta che ne hai strappato un ciuffo entrando in campo e ne hai conservato solo un filo tra le labbra, masticandolo per tutta la partita.

Ventisette Dieci Quindici e poi Ventisette Dieci Sedici.

Domenica ci sarà anche Fabrizio.

Mi sa tanto che è sollevato dal non dover marcare te.

Stai ridendo, vero?

A proposito di difensori, ma ti ricordi quante botte, pugni dietro la schiena e gomitate ti davano in partita?

Dai, non dirmi che ti manca pure questo.

Sì, lo so che ti facevi rispettare, ma poi dovevi sempre dare un nome ad ogni livido e graffio.

Come quella volta lì ad Aprilia che mi dicesti: “Oh, Andre’, sto campionato non ce lo leva più nessuno.

Scrivilo”.

Ed io sorrisi e lo scrissi, perchè naturalmente avevi ragione tu.

Ventisette Dieci Quindici e poi Ventisette Dieci Sedici.

Lo stai seguendo il campionato, vero?

Lassù volevano già dirti chi lo avrebbe vinto, ma tu ti sei tappato le orecchie.

Lo so, ti capisco.

C’è più gusto poi la domenica a scoprire come se la sono cavata i vecchi amici per poi magari prenderli in giro da lassù.

Ventisette Dieci Quindici ed ancora Ventisette Dieci Sedici.

Lo so, Flavio, andiamo sempre così di fretta, alla ricerca di cosa poi io davvero non lo so.

Tu però fermati ancora un attimo.

Le traiettorie del tempo non possiamo correggerle e quella malinconia ce la portiamo sempre qui.

Nel cuore e sul taccuino.

Cerchiamo di onorarti in ogni istante.

Paolo, Cristian e gli amici di sempre si sono dati un gran da fare.

Lo so che lo sai.

Tu ormai sai tutto, però non dirmi che così è facile come fare un gol a porta vuota.

Non prendermi in giro con quel sorriso tutto tuo.

Ventisette Dieci Quindici, Ventisette Dieci Sedici.

Oggi c’è qualcosa nell’aria.

Te ne sei accorto, vero Flavio?

E’ uno di quei giorni che, chissà perchè, a Civitavecchia spinge la gente ad andare al porto.

Mi sorridi e non rispondi, Flavio.

Lo so, tu ormai sei nel Sempre e nell’Ovunque, però non dirmi che quelle passeggiate tra i moli te le sei dimenticate.

Ventisette Dieci Quindici, Ventisette Dieci Sedici.

Le lancette di questo orologio mi fanno male: spariscono e poi riappaiono all’improvviso solo per trafiggermi l’anima.

Adesso devi proprio andare, Flavio.

No, non ti sto mandando via, non fraintendermi.

Provo a dare un senso a tutto questo, ma è da un anno che non riesco.

Non ci riesce nessuno di noi, però ti vogliamo bene come ieri.

Come se nulla fosse accaduto.

Come se potessimo ancora godere ogni giorno del tuo sorriso e della tua forza d’animo.

Adesso vai, Flavio.

Ma tanto resti.

Tu lo sai e ci sorridi.

A tutti noi.