Babusci, storia del centrocampista che fece impazzire Frascati e Cassino: “Voglio solo esser degno di mio padre”

Babusci, storia del centrocampista che fece impazzire Frascati e Cassino: “Voglio solo esser degno di mio padre”

di Andrea Dirix – dirix.andrea@libero.it

 

 

Al di là della categoria.

Quando prende la parola uno come Massimiliano Babusci, bisogna semplicemente sedersi ed ascoltare.

I ricordi del passato si mescolano con naturalezza al tempo reale, assecondando le anse e le balze di un inarrestabile flusso di coscienza.

Massimiliano è stato senza dubbio uno dei più forti e completi centrocampisti che abbiano onorato il nostro calcio tra la metà degli anni novanta ed il ventennio successivo.

Dopo i primi calci in quel di Grottaferrata la lunga trafila nel settore giovanile della Roma per poi inaugurare una lunga e gloriosa carriera tra i dilettanti che lo ha portato da Formia a Tarquinia, da Civitavecchia a Cassino.

Pagine memorabili ne ha scritte in abbondanza.

Gli appassionati ricordano con particolare affetto la splendida epopea di quella Lupa Frascati targata-Patalano che nella primavera del 2003 tagliò per prima il traguardo nel Girone B di Eccellenza nostrano, mettendo in fila corazzate come l’Isola Liri ed il Sezze Setina.

Storie e aneddoti in quantità industriale, volti di compagni che scorrono rapidi come in una galleria.

Gente come Terribili, Apuzzo, Chiavini, Incitti, Bartoccioni, Pugliatti, tanto per citarne alcuni.

Gente dal riconosciuto spessore tecnico ed umano, uomini che hanno segnato un’epoca memorabile del nostro calcio.

Babusci ci pensa sorridendo e non dimentica neppure di omettere quelle esperienze archiviate con un pizzico di delusione.

E dato che, a volte, la vita ci suggerisce di chiudere il cerchio, dalla scorsa estate ha accettato di tornare alle origini.

Dopo la non fortunata conclusione della sua prima esperienza da allenatore a Cassino, ha accettato la chiamata di quel Real Piedimonte San Germano con cui trionfò sotto gli ordini di Corrado Urbano al termine della stagione 1996/97 e che attualmente milita in Seconda Categoria.

Poco importa per lui.

Quando è arrivata la chiamata del direttore sportivo Paolo Di Vizio, non ci ha pensato due volte ed ha risposto presente.

Una scelta azzeccata a leggere gli straordinari numeri stagionali della sua squadra, ormai ad un passo dal festeggiare l’approdo nella categoria superiore.

Di bivi imboccati o mancati, di decisioni, corrette o affrettate, ma sempre prese con il cuore, di questo abbiamo parlato con un uomo che resta tra i grandi protagonisti del nostro calcio.

Perchè il giocatore passa, ma l’uomo resta.

E lo fa al di là della categoria.

 

Massimiliano, ogni storia ha un suo inizio.

La tua da dove parte?

“Quella calcistica comincia a Grottaferrata.

Le mie origini sono abruzzesi, ma la mia famiglia si era trasferita lì e lì ho iniziato a tirare i primi calci.

Ad un certo punto piacqui ad un osservatore della Roma ed a Trigoria svolsi tutta la trafila nel settore giovanile fino alla Primavera”.

In seguito hai cominciato a macinare chilometri nel Lazio, ma non solo.

Tu però sei stato un centrocampista come pochi se ne sono ammirati nel corso di quegli anni.

Non ti è rimasto il rimpianto di non aver avuto opportunità più prestigiose?

“Il calcio, si sa, è pieno di sfaccettature e spesso non sono neppure gradevoli.

Meritavo qualcosa in più?

In passato ci sono state situazioni, momenti che potevano portarmi a vivere avventure in contesti diversi, magari potevo essere più fortunato…

Chissà, forse per il tipo di calciatore che ero potrei rispondere di sì, però resto dell’opinione che ciascuno è artefice del proprio destino e dunque va bene così”.

Questo non ti ha comunque impedito di legare il tuo nome a momenti memorabili del nostro calcio.

“La sorte ha voluto che vincessi spesso e ad ogni vittoria corrispondono ricordi piacevoli.

Se devo operare una scelta, ripenso con maggior piacere alle vittorie con le maglie di Lupa Frascati, Todi e poi l’ultima a Cassino, pochi anni fa in Promozione”.

chiavini
Alessandro Chiavini

Cominciamo da quella Lupa di Patalano che faceva impazzire il Mamilio.

“Una squadra fantastica, composta da grandi giocatori e gente vera.

Penso a Terribili, Chiavini, Pugliatti, Apuzzo, Incitti, grandi amici, grandi compagni di squadra.

Fu una stagione entusiasmante, culminata con un successo meritato”.

terribili
Marco Terribili

L’anno dopo arrivaste ad un passo dal concedere il bis.

“Spareggiammo con il Pobbibonsi e perdemmo per 3-2.

Fu una mazzata per noi e per il paese che sognava di riassaporare la Serie C a trent’anni di distanza.

Un vero peccato…”.

Parliamo di Cassino.

Più gioie o più amarezze?

“Cassino rappresenta molto per me.

Ci giocai una prima volta in Serie D ed arrivammo secondi alle spalle della Puteolana.

Poi sono tornato qui a fine carriera ed ho provato la gioia di vincere un incredibile Campionato di Promozione in cui eravamo parecchio attardati in classifica ma poi fummo protagonisti di una grandissima rimonta nel girone di ritorno.

Un’emozione condivisa con dei tifosi straordinari”.

I tifosi azzurri hanno sempre nutrito un grande rispetto nei tuoi confronti, anche se la tua avventura da tecnico lo scorso anno non si è chiusa felicemente.

“Avevo appena concluso la mia carriera agonistica e cominciai facendo il secondo di Sandro Grossi.

All’indomani della conclusione del rapporto tra il mister e la società, il presidente Rossi scelse di affidare a me la conduzione della squadra ed io accettai con entusiasmo, consapevole che potesse essere una decisione azzardata e che potessi bruciarmi, ma io a Cassino ormai vivo da anni.

babusci cassino

Una chiamata del genere non potevo davvero rifiutarla.

E’ vero, purtroppo non è andata come speravamo, ma la gente mi è sempre stata vicina e mi ha incoraggiato.

Sono e sarò sempre legato a quei colori, e non posso esimermi dal ringraziare comunque il presidente e la società tutta per come si è sempre comportata nei miei confronti”.

Con il senno di poi, accetteresti nuovamente l’offerta o magari opteresti per qualche anno di rodaggio in più?

“La gavetta è importante nella vita, ma io accetterei di nuovo e senza pensarci su due volte.

Qui parliamo di una piazza storica del nostro calcio e di una società che ti mette a disposizione tutto per svolgere al meglio il tuo lavoro”.

Quali errori senti di aver commesso?

“Di errori se ne fanno mille.

Chi può dire di non aver mai sbagliato?

Sinceramente però posso dire di aver sempre agito con massima serenità.

Le scelte, giuste o sbagliate che si rivelino, devono essere fatte e nel calcio è inutile vivere di rimpianti.

E’ stata una grande gioia che poi si è trasformata in una forte delusione ma, sia chiaro, non porto rancore nei confronti di nessuno”.

La stagione in corso sembra quella giusta per il sospirato ritorno in Serie D.

“Ho visto la squadra diverse volte ed ha tutte le carte in regola  per vincere il campionato.

Cassino merita altre categorie.

Signori, questa maglia ha un peso ed una storia che va rispettata.

Prendete i suoi tifosi.

Loro la squadra l’hanno sempre seguita anche negli anni più bui.

Qui sta la diversità con altri posti.

Altrove sui campi trovi magari solo qualche persona del luogo, appassionati ed addetti ai lavori.

A Cassino parliamo di tifosi veri, reali”.

cassino tifosi

Che effetto fa giocare in uno stadio come il Salveti quando è pieno?

Intimidisce?

“Ma il bello del calcio sta tutto lì.

Io credo che si giochi a calcio proprio per vivere queste emozioni, per disputare partite di fronte a tanta gente.

Giocare di fronte a dieci persone, con tutto il dovuto rispetto, cosa mai può trasmetterti?”.

Di allenatori ne hai avuti tantissimi.

Ne esiste uno in particolare al quale ti ispiri o ti senti maggiormente vicino per visione calcistica?

“In cuor mio il nome ce l’ho, però non vorrei far torto agli altri ed allora dico che da tutti ho appreso qualcosa che adesso cerco di mettere in pratica”.

A tuo giudizio, di quale qualità un tecnico non può proprio essere sprovvisto?

“Io credo che un allenatore non debba essere un sergente di ferro, ma debba comunque mantenere le giuste distanze dai suoi giocatori.

Altra caratteristica basilare è poi quella di saper lavorare sulla testa dei calciatori”.

massimiliano babusci

Il Real Piedimonte San Germano: una scelta che sa tanto di ritorno alle origini…

“Qui vinsi un campionato con Corrado Urbano e qui sono tornato a vent’anni esatti di distanza per fare l’allenatore.

Il destino, a volte, ci mette lo zampino (sorride)…”.

A differenza di allora, parliamo solo di Seconda Categoria però…

“Questo non ha mai rappresentato un problema, anzi devo ringraziare la società per aver scelto me.

Un grazie particolare, se posso, lo spendo per il nostro direttore sportivo Paolo Di Vizio.

Oltre ad essere una colonna di questa società, è una persona splendida.

Un amico”.

Attualmente siete primi con quattordici punti di vantaggio sulla più vicina inseguitrice.

Ormai manca solo la matematica per dare il via alle feste.

“Bisogna onorare il campionato ed aver rispetto degli avversari e dunque rispondo che no, non è ancora fatta, anche se siamo vicini all’obiettivo e non nego che qualche programmino in vista della prossima stagione lo stiamo già stilando.

Quando avremo vinto, sarò contento per la società e per la gente del paese che partecipa in maniera appassionata alle sorti di questa squadra e che sogna di rivivere un giorno i fasti di quel passato di cui ho fatto parte anch’io”.

A proposito di sogni, qual è quello di Massimiliano Babusci?

“Ero molto legato a mio papà Umberto che purtroppo è volato in cielo qualche anno fa.

Lui di insegnamenti me ne ha trasmessi tanti ed io ho sempre provato a metterli in pratica.

Il mio sogno, ed insieme la mia speranza, è quella di vivere ed agire in modo che lui possa essere felice di suo figlio anche da lassù…”.