ITALIA CHIAMA USA: CONOSCIAMO MEGLIO LA COLLEGE LIFE ITALIA

ITALIA CHIAMA USA: CONOSCIAMO MEGLIO LA COLLEGE LIFE ITALIA

Da sempre il “sogno americano” ha avuto un particolare appeal da queste parti. Una realtà diversa, lontana, affascinante per chiunque la vivesse dalla parte opposta del globo. Quattro ragazzi usciti dal nostro calcio, anni fa, hanno provato a vivere questo “sogno americano”, e lo hanno apprezzato in modo tale da volerlo condividere con tanti altri giovani sportivi.

Loro sono Stefano Radio, Paolo Scoppola, Lucas De Rossi e Giorgio Antongirolami, fondatori della College Life Italia. Un’agenzia, la CLI, nata solo nel Novembre del 2013, ma che ha già iniziato ad esportare i talenti nostrani negli Stati Uniti: “Sono già sei i ragazzi partiti ad agosto 2014. Tutti si sono mostrati entusiasti dell’esperienza e si sono integrati alla grande” – esordisce Stefano Radio – “Due ragazzi, in particolare, hanno avuto risultati eccezionali: Marco Profumo è stato miglior giocatore della Conference, mentre Andrea Barbieri miglior “Freshman” (matricola ndr), entrambi con la Alderson Broaddus University, in West Virginia. Anche chi è stato più sfortunato, però, magari per qualche infortunio, ha iniziato il Master e si è detto soddisfatto dell’esperienza vissuta“.

Il progetto è interessante: la College Life Italia offre borse di studio nelle migliori Università a stelle e strisce, sfruttando una fiducia guadagnata dai quattro fondatori nella loro esperienza negli Usa: “Chi viene a giocare dall’Italia vanta una grande tradizione negli Stati Uniti” – si inserisce Paolo Scoppola – “Tutti i ragazzi che sono arrivati si sono ben integrati e sono risultati decisivi per le loro Università. La nostra iniziativa è stata apprezzata anche da autorità importanti come l’Ambasciatore Italiano negli Usa, Claudio Bisogniero, e dal Console d’Italia a Chicago Adriano Monti. Accanto al discorso sportivo, però, va accostato quello Accademico: per poter giocare nelle Rappresentative Universitarie bisogna mantenere la propria media sopra una certa soglia. Ma anche da questo punto di vista, secondo me, noi italiani abbiamo una marcia in più. Magari si fatica inizialmente con l’inglese, che da noi non viene studiato come si dovrebbe, ma una volta superato questo scoglio il nostro “Average”, la nostra media voto, risulta essere importante. Rispetto agli americani noi siamo più bravi ad arranggiarci, loro sono più viziati…”

Un tipo di esperienza, quella offerta dalla CLI che all’estero non è più novità da qualche tempo, come conferma Stefano Radio: “In Scozia c’è la First Point Usa che porta ogni anno 560 ragazzi negli States tra calcio, canottaggio, basket, pallavolo, lacrosse e tennis. Fuori dall’Europa l’esempio da citare è probabilmente quello del Brasile, che ogni anno manda oltre mille ragazzi nelle Università. Altra realtà che sta crescendo è quella tedesca, con 4/5 agenzie che sono riuscite a far partire oltre 300 ragazzi. Noi cerchiamo di affiancare, accanto alle borse di studio sportive, anche quelle accademiche, per riuscire quindi, alla fine, a far pagare al ragazzo solo vitto e alloggio”.

Un investimento, quello fatto dalle Università americane, aiutato da mezzi economici non indifferenti: “Ogni allenatore ha a disposizione 9 borse di studio complete di circa 40.000 dollari. Qui in Italia è difficile riuscire ad abbinare lo studio allo sport. Molti ragazzi si trovano costretti a scegliere. Negli Usa è diverso, e lo sport è uno dei capisaldi da preservare gelosamente. Il discorso non riguarda solo il calcio, ovviamente, ma anche altri sport: siamo riusciti a mettere in contatto con due Università anche una ragazza bravissima nel Canottaggio e un ragazzo della Basket Roma per la pallacanestro”.

Quando poi, alla fine dell’intervista, Stefano Radio si sente chiedere come sia riuscito a catturare l’attenzione di questi sportivi, sorride e risponde sicuro: “Raccontando la mia esperienza di vita: laurearsi negli States è un vantaggio anche per chi decide di tornare in Italia. Hai un bagaglio culturale diverso, una perfetta conoscenza dell’inglese, anche un’esperienza di vita che fa crescere e maturare. In questi giorni ho in programma degli appuntamenti in alcuni licei di Roma per promuovere questa iniziativa. Sono indeciso se parlare ai ragazzi presentando il progetto alla maniera degli americani oppure se parlare loro semplicemente di come mi sono trovato io. Probabilmente opterò per la seconda ipotesi”.