MISTER PAOLO CIAMBELLA E L’ADDIO AL MONTESPACCATO JUNIORES ELITE: “NON TUTTO E’ STATO LIMPIDO MA VORREI TORNARE IN GIOCO”

MISTER PAOLO CIAMBELLA E L’ADDIO AL MONTESPACCATO JUNIORES ELITE: “NON TUTTO E’ STATO LIMPIDO MA VORREI TORNARE IN GIOCO”

A cura di Giovanni Crocé

Mister Paolo Ciambella, a fine febbraio ha dato le dimissioni dopo una grande annata precedente eppure la forza delle sue imprese sportive non le ha permesso di restare in sella né di trovare una panchina da marzo ad oggi, sorpreso?

Non posso dire di essere totalmente sorpreso perché sono oltre 15 anni che alleno a Roma e nel calcio giovanile nostrano in particolare. Quindi non scopro né l’acqua calda né l’acqua fredda. E’ così che spesso va nel calcio. Questo è un mondo dove non sempre e non per forza le gratificazioni arrivano per diretta conseguenza di ciò che fai sul campo. E’ difficile dire cosa sia andato storto dopo la fantastica annata di due stagioni fa dove come tutti ricordate sono stato a un passo dalla finale regionale con la Juniores Elite composta dai ragazzi del ’95-96. So per certo però che non mi riferisco solo alle problematiche col Montespaccato, a essere onesti credo si possa sostenere guardando i fatti e il campo che sportivamente è già da prima, ancora prima degli anni all’Astrea (Juniores Nazionale) che ho fatto bene, benino o benissimo. Evidentemente non è bastato.

Ma cosa la ha spinta a dare lei le dimissioni al di là dei risultati sportivi di questo ultimo Montespaccato under 19?

La squadra che allenavo non era il vero problema, avevo un buon rapporto coi ragazzi, sgombero subito il campo dai dubbi. Ho sofferto anzi un rapporto non sempre chiaro con il nuovo D.s. Lo Pinto, mentre con Gambacurta è un dato di fatto che ho avuto modo di interfacciarmi meglio e soprattutto venivo ascoltato. Nulla contro Lo Pinto, che doveva come spesso accade gestire equilibri complessi tra Prima squadra e la mia Juniores Elite, ma non mi sembra che, al momento del mio addio, abbia rispettato la promessa fatta a me già prima del suo insediamento, ovvero curare, potenziare, aiutare la Juniores Elite e farne come diceva personalmente me a lui, “Il fiore all’occhiello della società”. Nella pratica però è palese che è accaduto l’opposto visto come poi è andato il campionato, siamo stati un po’ lasciati a noi stessi e io avevo già rassegnato spontaneamente le mie dimissioni alla società prima di Natale ma lui stesso le ha respinte e allora ho provato a resistere ma ho visto che nulla nei due mesi successivi era cambiato. E ora sono “a spasso” perché non è stato trovata intesa né con prime squadre né con settori giovanili, nonostante io sia stato cercato ma non per progetti che reputavo degna continuazione di quanto fatto a Montespaccato, che nonostante tutto reputo una società e una parentesi importante della mia carriera da allenatore.

In concreto, quali sono gli episodi che non la soddisfacevano nel quotidiano della sua ultima stagione in panchina e che la hanno spinto a salutare due mesi prima della fine della stagione?

Molto semplice, capita a tanti allenatori che devono sottostare ad una società che ha una buona prima squadra da portare avanti, ma come detto, mi erano state fatte premesse diverse. Tanto è vero che Lo Pinto appena arrivato mandò via quasi tutti i vecchi allenatori tranne me pochi altri, segno che mi stimava, non posso negarlo, venne addirittura a vedere gare e allenamenti del finale di due stagioni fa, prima di insediarsi in società ufficialmente. Poi però ricevevo giocatori al sabato per gare di campionato col contagocce, in ruoli magari già coperti o comunque che se non erano buoni per fare i titolari in prima squadra in Promozione, spesso non erano pronti per giocare neanche nelle gare Juniores Elite e si deprimevano, non erano utili alla causa stando in panchina da tutte e due le parti. Oppure quando, per tentare di dare seguito al lavoro tecnico e sportivo, avevo chiesto in inverno alcuni giocatori a Lo Pinto per rafforzare la squadra, ne ho ottenuti pochi e non quelli che avevo chiesto. Per chi davvero volevo, spesso mi veniva detto dalla dirigenza che c’erano problemi burocratici, ad esempio che non arrivava la liberatoria, o altre cose simili. E non era proprio ciò che mi aveva detto l’estate scorsa, mi sono sentito preso in giro e non me lo sarei mai aspettato, altrimenti non avrei accettato di proseguire. Pazienza, è andata così.

E adesso ancora nessun accordo?

No, come detto, e visto che di gente nel calcio ne conosco, so che spesso per le panchine più imortanti a inizio luglio sono già state assegnate. So benissimo che serve altro oltre la meritocrazia e i risultati per ottenere continuità e incarichi tecnici sempre migliori, ripeto, non è un lamento e non è una polemica. Magari con questa intervista sarà possibile smuovere qualche coscienza che pensa che magari mister Ciambella sia a posto senza panchina o che abbia già trovato in virtù della fama comunque positiva, umanamente e calcisticamente, che credo e spero di essermi costruito. Magari in altre parti di Roma rispetto alle formazioni che mi hanno cercato finora tra prima categoria, giovanissimi, allievi e Juniores Elite e Nazionale che per rispetto non cito, ma chi sa sa che non sono state poche ma non mi sono trovato d’accordo. Non ho valigette da offrire ed è un limite comune a tanti colleghi validi anche in Eccellenza, in D o nei settori giovanili. Il calcio e lo sport dilettante e non sono lo specchio della vite e del ceto sociale italiano di oggi e probabilmente di ieri e dell’altro ieri, ma la speranza è sempre l’ultima a morire, nonostante io lavori, e tanto, e adori la mia famiglia e le mie figlie, ma il calcio lo amo e vorrei tornare a poter dire la mia allenando.

Il suo desiderio vero, ora, quale sarebbe?

Ho allenato e bene dai giovani alla Juniores, ma quando si prova a varcare le colonne d’Ercole della prima squadra anche solo tra i dilettanti, anche solo per gestire dalla panchina una selezione di prima categoria e di Promozione, da noi e in particolar modo nel Lazio e nella Capitale, entrano sempre in ballo soldi e parentele e non ho queste due cose come punto forte, non ho soldi da offrire ma capacità. Conta conoscere e farsi conoscere e stimare, e qua ci sono, credo, per il resto no. Ma resto in attesa, entusiasta e disponibile. Quindi adesso, ma intendo da tempo, anche provare ad allenare adulti, una prima categoria o una prima squadra, sarebbe la mia vera sfida, o per non restare fermo, una selezione di settore giovanile importante da poter curare nel tempo, che per ora non è esistita per me purtroppo neanche lontanamente