Panini guida l’Albalonga: “Non siamo obbligati a vincere, ma ci proveremo. Giocare nel Lazio è più difficile che al Sud..”

Panini guida l’Albalonga: “Non siamo obbligati a vincere, ma ci proveremo. Giocare nel Lazio è più difficile che al Sud..”

Di Alessandro Bastianelli.

Due sconfitte esterne hanno sporcato, ma non macchiato il girone di ritorno dell’Albalonga, ormai stabilmente ingaggiata nella bagarre per i play off.

Imbattuti da Gennaio a Marzo, i castellani hanno ceduto il passo a Trestina e L’Aquila nell’ultimo mese, adesso si preparano ad affrontare una primavera calda, che potrebbe scottare o baciare.

Monterosi, Ostiamare, Rieti e Arzachena: le prime quattro della classe da affrontare in un mese, con in mezzo la semifinale di ritorno di Coppa Italia Dilettanti.

Un mese per capire o per restare incompiuti, dopo una stagione vissuta ben al di sopra delle righe e degli obiettivi stagionali.

Trasformare sogni e speranze in realtà, scrivere una pagina, splendidamente provinciale, di storia, continuare a dare fastidio a chi era partito per vincere il girone; sarà possibile?

Lo abbiamo chiesto a un castellano Doc, quel Manuel Panini che – dopo le tante esperienze nel professionismo – guida da due anni un gruppo ben amalgamato fra giovani ed esperti.

Buongiorno Manuel.

Avete offerto un rendimento quasi perfetto da Gennaio a Marzo, adesso un paio di sconfitte vi hanno un po’ frenato.

Avete tirato il fiato per il rush finale?

«Stiamo attraversando un periodo di stanchezza, più mentale che fisica.

Quando passi una stagione a rincorrere gli altri, e sai di non poterti permettere di sbagliare mai, consumi molte energie mentali, che adesso stiamo cercando di recuperare.

D’altronde non siamo stati costruiti per vincere, ma siamo un gruppo di calciatori che vive di competizione. Perdere non ci piace, questo è certo, però mi prendo comunque le buone prestazioni che abbiamo offerto contro l’Aquila, ad esempio.

Stiamo comunque recuperando per il rush finale».

Siete comunque protagonisti di un grande campionato, oltretutto dopo due partenze importanti come Angeletti e Delgado. Com’è possibile fare meglio senza questi due giocatori?

«Sono state due perdite importanti, ma questo è un gruppo che ha dimostrato di essere comunque forte. Mario (Gurma, ndr), che ha sostituito Delgado, è molto funzionale al nostro gioco e ci sta dando una mano.

Purtroppo, come lo scorso anno, paghiamo qualche passaggio a vuoto periodico. Anche quest’anno a Novembre eravamo primi e ci siamo ritrovati a Dicembre dietro alle squadre di testa.

Dobbiamo migliorare negli scontri diretti, che per ora sono stati la nostra pecca. Ne abbiamo parlato fra di noi, la realtà ci dice che nei confronti con le prime della classe ancora non siamo pronti».

Gli esami di appello sono vicini.

L’Albalonga dovrà affrontare ancora Monterosi, Rieti, Ostiamare e Arzachena.

Da voi passerà chi si sta giocando il campionato: vi sentite più gli arbitri della contesa, o un’effettiva candidata ai play off?

«Degli altri ci interessa poco, noi guardiamo a noi stessi.

Abbiamo la consapevolezza di non avere i mezzi per lottare per la vittoria del campionato, è proprio la situazione che ci rende gli arbitri della contesa, però sono più cose che dite voi giornalisti che noi (sorride ndr).

Sicuramente noi pensiamo a vincere ogni partita e basta, senza pensare al nostro ruolo. Ci proveremo, questo è certo».

E la Coppa? Come si gioca la gara di ritorno, in programma a fine Aprile, e che aspettative avete?

«Siamo in ballo, vogliamo ballare e vincere la Coppa, non ci nascondiamo.

Abbiamo un punto di forza ed uno a sfavore: ripartiamo dalla grande prestazione della gara di andata, dove però abbiamo conseguito uno 0 – 0.

Un pareggio con reti sarebbe stato più utile in ottica del ritorno, ma pareggiare lì fermando il Bisceglie è motivo di orgoglio.

Credo che la vittoria di mercoledì con il Trastevere abbia fatto scattare qualcosa nella loro testa. Il Bisceglie è una squadra costruita per vincere, ora hanno anche entusiasmo ma pure più partite da giocare.

La concentrazione farà la differenza, occorrerà vedere se loro saranno più concentrati sul campionato o sulla Coppa…».

Come si affronta il Monterosi questa domenica?

«Con concentrazione e mentalità.

La concentrazione non deve mancare con le piccole, figuriamoci contro una corazzata come il Monterosi.

E’ una partita da prendere con le molle, non incontriamo soltanto una squadra organizzata, ma anche dotata di qualità ed esperienza: nessuno ha gente come Pippi e Matuzalem in squadra.

Speriamo di invertire il trend con le ‘grandi’».

Apriamo un po’ la valigia dei ricordi e il sacchetto delle idee.

Nel Lazio ci hai giocato poco, hai sempre preferito il Sud, dove hai fatto il professionista con le maglie di Juve Stabia, Aversa, Cavese e Paganese, fra le altre.

Ti chiedo le affinità e le divergenze fra il nostro ambiente e quelli che hai vissuto.

«Sono due ambienti totalmente diversi, imparagonabili.

Al Sud il calcio si vive in maniera totale: c’è attaccamento non solo alla maglia, ma anche al territorio.

I tifosi sono radicati, ci tengono più di ogni altra cosa, e questo comporta un carico di pressioni notevole, anche da parte della stampa.

Ricordo che a Cave c’era un affetto incredibile nei confronti della squadra: ti fermavano per strada, ti caricavano, ti motivavi anche solo a passeggiare in città.

A Cave, a Pagani, mi sono sentito un giocatore di calcio al 101%.

Qui nel Lazio è totalmente diverso, la Roma e la Lazio catalizzano tutto il tifo, un vero e proprio seguito non c’è e a volte ti sembra di stare a giocare a calciotto con gli amici (sorride ndr).

Però voglio sottolineare una cosa».

Dicci pure.

«Qui nel Lazio è più difficile giocare a calcio ed essere competitivi.

Al Sud tu sei più inquadrato: sin dal primo giorno di ritiro vivi un’atmosfera passionale, calda, tesa, nella quale sai di avere pochi margini di errore.

Ricordo che a Castellammare di Stabia ci allenavamo nello stadio, uscivamo con la scorta e in certi momenti della stagione alloggiavamo in hotel. Bello per carità, però la pressione era fortissima!

Qui nel Lazio c’è un aspetto imprescindibile: devi essere bravo a motivarti da solo, a cercare in te le motivazioni per vincere.

Non essendoci un ambiente, qui devi rispondere solo a te stesso: ci si deve autostimolare, concentrarsi con più frequenza, è un grosso sforzo mentale, per questo dico che è più difficile.

Nel Lazio non hai pressioni: questo ti porta ad appiattirti, a rilassarti, e per un calciatore questo atteggiamento produce conseguenze nefaste.

Ai giovani dell’Albalonga lo dico sempre: volete diventare calciatori veri? Andate a giocare fuori regione ora, andate via di casa».

Un po’ come i cervelli in fuga, in pratica.

E tu le motivazioni dove le trovi? Ormai sei tornato a casa, potresti anche rilassarti.

«No ma io ormai sono vecchio, il meglio l’ho già dato ed era naturale che mi avvicinassi a casa (ride ndr).

A parte gli scherzi, credo che le motivazioni nella vita non debbano mai mancare, che tu abbia 18 o 33 anni non importa.

Se ti senti scarico devi farti un esame di coscienza e capire cosa vuoi fare nel breve periodo.

Io poi sono cocciuto, sono un testone: non voglio perdere neanche a carte con gli amici, figuriamoci quando metto gli scarpini!

Vivo il calcio in maniera totale, non accetto chi si impegna poco o lo prende per scherzo. Magari divento anche antipatico con questo atteggiamento, non tutti la vivono così, ma la mia cocciutaggine mi permettere di continuare ad andare avanti.

Ringrazio Dio di essere così, perché mi ha permesso di fare il professionista: è lì che ho appreso una vera cultura del lavoro e dell’allenamento».