Tiziano Di Lillo appende gli scarpini al chiodo: il calcio laziale lo celebri come merita…

Tiziano Di Lillo appende gli scarpini al chiodo: il calcio laziale lo celebri come merita…

La notizia è di quelle che immalinconiscono ed appesantiscono il cuore di coloro che amano il nostro calcio regionale.

Tiziano Di Lillo lascia definitivamente il campo per abbracciare un nuovo percorso all’interno dello sport che per innumerevoli stagioni lo ha fatto apprezzare all’interno dei nostri confini regionali e non solo.

Ad ufficializzarlo è stato lo stesso fantasista romano attraverso un lungo post su Facebook che ha trascinato via con sé una lunga onda emotiva di ricordi e di ringraziamenti da parte di ex compagni di squadra, tifosi ed addetti ai lavori.

Per quelli che, come l’estensore di questo pezzo, hanno qualche capello bianco in più è una notizia che non può lasciare indifferenti.

Il “Toro”, questo il soprannome che da sempre ne ha accompagnato la carriera, non è stato un giocatore comune.

Dotato di una tecnica lucente, oseremmo dire quasi eccessiva per un calcio come il nostro, Di Lillo ha letteralmente attraversato un’epoca.

Mentre i grandi del passato smettevano o si accingevano a farlo, verso la fine degli anni Novanta apparve sulla scena lui e, fin da subito, portò una ventata d’aria fresca.

Tiziano appartiene a quella che da molti viene considerata l’ultima generazione d’oro del dilettantismo nostrano, quantomeno l’ultima prima del cambio delle normative e dell’avvento dei social network, strumento che talvolta svilisce il nostro sport, rendendolo quasi una fiera delle vanità.

Dopo esser cresciuto nella cantera del Savio, esplose nel Villalba Ocres Moca, guadagnandosi il posto da titolare non perchè fosse un under, ma semplicemente perchè era già il più forte di tutti.

Se ne accorse immediatamente il compianto Orlando Di Nitto che stravedeva per lui e che gli consegnò la corsia di destra, esentandolo da compiti di copertura e liberandone l’estro.

Fantasia al potere e sempre con il sorriso sulle labbra, nei primi anni di carriera abbinava la capacità di leggere la partita ad una fisicità fuori dal comune per uno che doveva inventare l’ultimo passaggio.

Questo è stato Di Lillo.

Il suo unico limite forse è stata una certa indolenza, quell’ultimo gradino da scalare per collocarlo stabilmente in quelle categorie che la sua classe avrebbe ampiamente meritato.

Ne è consapevole anche lui, ma non ne ha mai fatto un dramma.

Lui non è uno di quelli che si aggrappano ad infortuni o ai venti contrari del destino per costruirsi l’alibi perfetto.

Se non è arrivato dove tutti preconizzavano, la colpa ricade principalmente su di lui.

di lillo gualdo

Lo ha scritto anche lui con sincerità e senza omettere nulla, prendendosi la responsabilità per non esser riuscito a mettere a frutto come avrebbe potuto e dovuto le stagioni in Serie C di Gualdo Tadino dove ancora la gente lo ricorda con affetto per le sue magie in campo e per il suo carattere bonario e guascone fuori.

Esaurita la parabola umbra, è tornato nel Lazio distribuendo ovunque stille di talento.

Chiedere per informazioni ad Ostia, Ferentino e Civita Castellana.

Una delle sue migliori versioni l’abbiamo ammirata quando stravinse il B di Promozione con quella Roma VIII di Franco Pagliarini che segnò il record di punti.

Una squadra dominante ed impreziosita dal talento di gente come Cerroni, Ciocchetti e Pacella, solo per citare alcuni dei suoi vessilli.

di lillo

Lui era la variabile impazzita, l’uomo in grado di determinare una partita con una giocata, anche se il tempo gli aveva sottratto parte della brillantezza fisica degli esordi.

Quanto a tecnica pura, il solo Maurizio Alfonsi, un altro genio, classe 1980 come lui, gli è stato pari.

Estro distribuito a piene manciate, ma anche umiltà messa al servizio dei suoi compagni, sempre ed in qualsiasi avventura calcistica abbia vissuto negli ultimi anni, anche in quelle categorie dove non avrebbe mai dovuto metter piede uno della sua grandezza.

Ha chiuso a Cave, dove per tutti è un idolo, quasi una fede a cui aggrapparsi, e dove era tornato un paio d’anni fa per contribuire al rilancio dei biancazzurri.

La scorsa stagione l’ha vissuta da allenatore in seconda, fianco a fianco con il “Papero” Antonini, un’altra leggenda del nostro calcio.

Di Lillo il calcio lo ha vissuto con pienezza, finendone forse bruciato come solo i grandi possono dire, ma lo ha fatto con uno spirito che da tutti, compagni ed avversari, è stato riconosciuto ed apprezzato.

Merita un’uscita di scena degna di lui prima di dedicarsi alla sua seconda vita calcistica e forse anche noi meritiamo di applaudirlo un’ultima volta prima di vederlo rientrare un’ultima volta negli spogliatoi con gli scarpini ai piedi e quell’aria scanzonata dipinta in volto.

Scelga Tiziano la sede più opportuna dove far convergere gli amici più cari per l’ultimo show.

Noi saremo presenti e pronti a toglierci il cappello, ancora una volta, di fronte al suo talento.