Guidare una società del blasone della Vjs Velletri non è una cosa semplice.
Significa iniziare a dirigere un club che ha una storia antichissima, costellata di vittorie e istantanee nostalgiche.
Vuol dire anche andare a dover soddisfare una piazza esigente, abituata ai grandi nomi e ai grandi numeri, con un forte orgoglio campanilistico ed una incredibile matrice passionale.
Lo sapeva, questo, Benedetto Scaccia, quando ha deciso di rilevare la più antica squadra di calcio a Velletri, quella dai colori rossoneri.
“Qui a Velletri non è difficile fare calcio, ma pressochè impossibile.
Ovunque si vada a bussare la porta è sempre chiusa e nessuno è disposto a dare una mano, anzi sono tutti prevenuti e tutti se possono forse mettere i bastoni tra le ruote lo fanno.
Questo perché Velletri è una realtà particolare: tornando al parallelo con la campagna, ognuno pensa al proprio orticello ed è invidioso dell’altro e questo si ritrova anche nello sport.
Si ragiona dicendo ‘il presidente sta lì, perché devo dargli una mano per far bello lui o la società?
A me non importa della squadra ed egoisticamente non voglio dare una mano’.
Questo a partire dalla persona più umile fino all’amministrazione comunale, che se la Vjs Velletri sparisce non verserebbe una lacrima“.
“La storia del calcio a Velletri sembra non interessare a nessuno.
Sembra che interessi solo al presidente e a qualche tifoso che ci segue in trasferta e in casa, sembra che sia anzi una cosa che dà fastidio e arreca problemi, se non ci fosse sarebbe meglio.
Questa la mia impressione che ho dall’interno.
La soluzione sarebbe elementare: un presidente che ci rimette la faccia, si impegna sul fronte economico, spende in termini di tempo e di risorse umane non vuole la luna ma una piccola collaborazione: si augura che quando si bussa ad un ufficio si apra la porta e gli venga detto ‘cosa le occorre per questi ragazzi, come può l’amministrazione dare una mano per rendere migliore l’attività sportiva’.
Qui si batte solamente cassa, il comune batte solo cassa e non ha interesse a sistemare campo, spogliatoi, creare un altro campo perché qui siamo stretti ed ogni giorno nasce una terza categoria e ci chiedono di stringersi.
Si toglie così spazio ai ragazzini che sono la linfa vitale della comunità, di Velletri e non solo dello sport ma anche del quotidiano“.
Dopo il tentativo di collaborazione sfumato con la Fortitudo e la nascita di altre due squadre di calcio in città, la domanda sorge spontanea: può un centro di circa 70.000 abitanti avere cinque-sei squadre di cui nessuna militante nel professionismo?
Gli esempi, eppure, non mancano: Empoli con 47.000 abitanti sta in A, Frosinone con 50.000 in B, Chievo con 2500 anime ha sfiorato la Champions qualche anno fa. E la lista potrebbe continuare all’infinito.
Possibile che Velletri con un impianto come il “G. Scavo” e una popolazione così ampia abbia la prim squadra in Promozione e riempia i campionati di prima, seconda e terza categoria?
Affermativo.
“Non è possibile fare un’unica squadra per quella sorta di invidia tra le persone.
Una sola squadra significherebbe una sola società, un solo presidente e tutti gli altri non sarebbero disposti a figurare solamente, perchè come abbiamo visto basta che si abbia un piccolo litigio in società e una persona va fuori che subito nasce una nuova scuola calcio e una nuova associazione sportiva.
Ciò ricalca la vita politica della nazione, una piccola corrente politica che si scinde dal partito principale va a formare subito un altro partito e c’è una dispersione di forze che non ci porterà mai a niente“.
Oltre l’aspetto gestionale, sul quale si potrebbe parlare per ore, c’è quello calcistico.
La Vjs Velletri dei giovani guidata dal veliterno Corrado Sambucci ha l’obiettivo salvezza e ha iniziato bene il suo cammino.
Una vittoria contro l’Unipomezia, pari con rammarico a Falasche, sconfitta immeritata contro il Lepanto e pareggio a Sermoneta: 5 punti conquistati e 5 reti fatte.
“L’avvio in campionato è stato ottimo – sottolinea il presidente Scaccia – i ragazzi hanno dato il massimo di ciò che potevano, ho visto la serietà del team della prima squadra e l’abnegazione al lavoro.
Bene l’inserimento delle 4-5 pedine che fanno da chioccia ai nostri ragazzi: evidentemente abbiamo scelto bene, sono contento di questo e fiducioso del lavoro svolto.
Ad oggi posso dire che abbiamo perso tre anni, questo progetto sarebbe potuto nascere già tre anni fa dalla retrocessione in prima categoria.
Avremmo dovuto riniziare con umiltà dalla prima categoria“.
Si scelse, con la società dell’epoca, di tentare una fusione con il Lariano che fallì dopo appena due mesi di campionato.
La stagione di Eccellenza vide il Lariano Velletri addirittura retrocesso, salvo poi beneficiare di un riperscaggio.
Ma il presidente è determinato e raggiante anche per la prova offerta dai suoi contro il Sezze.
Al di là della squadra giovane schierata dai pontini, i rossoneri hanno risposto con tanti under e Rulli a parte il giocatore più vecchio schierato da Sambucci è nato nel 1991.
Per almeno quattro anni i rossoneri sono stati eliminati subito in Coppa, stavolta è arrivata una vittoria che mancava da tanto tempo.
“La Coppa Italia è una manifestazione a cui tengo come il campionato, pure per dare opportunità a chi gioca meno di poter dimostrare e divertirsi affrontando partite ufficiali. Inoltre non bisogna sottovalutarla perché ti può portare a salire di categoria: già solo arrivando in finale al 90% c’è il ripescaggio.
Non la snobbo, ma anzi ci credo“.
Occhio anche al serbatoio della prima squadra: dalla sfortunata stagione scorsa sono passati in molti verso la prima squadra, confermando il progetto di valorizzazione dei giovani del vivaio sostenuti da pedine d’esperienza, come dichiarato apertamente anche dal direttore generale Bruni.
“Cerchiamo di sfatare il proverbio ‘non c’è due senza tre’, sicuramente abbiamo un buon gruppo su cui possiamo lavorare con gli innesti dei ragazzi che giocano anche in prima squadra: potremo fare un campionato importante“.
(Rocco Della Corte – Ufficio Stampa Vjs Velletri)